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NBA, Paul George fischiato a Indianapolis: “Non conoscete la storia della mia trade”

NBA

Il nuovo acquisto dei Clippers, sceso in campo da avversario a Indianapolis a oltre due anni di distanza dalla trade con i Thunder, è stato sommerso di fischi come se fosse la prima volta: “Un giorno racconterò la mia versione della storia e la gente capirà che non sono io quello da fischiare”

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Sono passati più di due anni, ma i Pacers non hanno ancora digerito la scelta di Paul George di andare via dall’Indiana per cercare di vincere il titolo NBA con altre squadre. E anche dopo il passaggio ai Clippers, i sentimenti nei suoi confronti non sono cambiati: fischi dall’inizio alla fine, ogni singola volta che ha toccato il pallone. Nulla di complicato da gestire, come mostra il tabellino a fine partita: 36 punti, 26 tiri dal campo, 7 triple a segno, 9 rimbalzi, 5 assist e +20 di plus/minus in una comoda vittoria in trasferta per la squadra di Los Angeles. George non ha mai segnato meno di 31 punti alla Bankers Life Fieldhouse da avversario e non è rimasto stupito dall’accoglienza ricevuta: “Non sono sorpreso, qui in Indiana è così. È un modo diverso di affrontare le cose. Un giorno però racconterò cosa è successo in quei giorni, le ragioni che hanno portato alla trade e al mio addio ai Pacers. Vi garantisco che non sono io la persona da fischiare”. Un messaggio criptico, che lascia intendere però che sotto il tappeto in realtà si nasconde ancora molta polvere. “Non darò alcuna anticipazione, mi piace essere considerato il cattivo. Sono qui due volte all’anno: le persone che invece dovrebbero contestare passano molto più tempo in quest’arena”. Insomma, oltre al fastidio dei tifosi nei suoi confronti, è ormai evidente anche quello di George verso la sua vecchia dirigenza con cui chiarire dei conti in sospeso.

I cartelli contro George e i cori offensivi per 48 minuti

A chi ha subito fatto riferimento a Kevin Pritchard – il dirigente dei Pacers – e al suo commento riguardo il fatto che la richiesta di trade di Paul George fosse stato “un pugno nello stomaco”. “Non ho nulla di negativo da dire sul suo conto, ma questa è soltanto la sua versione dei fatti. Non è mia intenzione cercare lo scontro con lui, un giorno tirerò fuori la mia parte del racconto”. Non solo fischi per PG13, ma anche cartelli e cori come “Paul George m**da”, ripetuto durante ogni suo viaggio in lunetta. Un’accoglienza che ha lasciato senza parole i suoi nuovi compagni: “Ero scioccato: ero davvero senza parole. Mi sono sentito offeso anche io – spiega coach Rivers, mostrando vicinanza al suo giocatore – ma ero chiaramente impreparato a una cosa del genere. Non conoscevo fino in fondo quanto fosse radicato l’odio nei suoi confronti. Ma visto quanto successo, è evidente che la gente ce l’abbia con lui”.