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30/30: Chris Paul; l’All-Star rinato agli Oklahoma City Thunder

focus nba
©Getty

Messo in discussione la scorsa estate dopo il passaggio a OKC, CP3 ha sorpreso tutti in questa regular season - giocando una delle migliori stagioni della sua carriera e andandosi a riprendere un posto tra i grandi della lega. La risposta più efficace a chi aveva troppo rapidamente immaginato la fine della sua carriera

Mai dare per finito e appagato un campione, soprattutto quando nella sua bacheca, oltre ai trionfi individuali, manca ancora quel titolo NBA che potrebbe definitivamente cambiarne la storia personale. Quando Chris Paul si è ritrovato a sorpresa a Oklahoma City a seguito dell’ultima grande trade del mercato estivo che ha rivoluzionato i rapporti di forza nella lega, in molti dubitavano del fatto che Chris Paul potesse accettare l’idea di giocare per una squadra così inesperta e tutta da costruire. Sostituito con Russell Westbrook dai Rockets, dopo che in molti sottolineato il suo declino fisico e tecnico; unito al rapporto sempre più complicato in spogliatoio con James Harden. Oklahoma City però non era di certo la destinazione scelta da CP3: per quello le voci di un possibile scambio ulteriore di metà stagione aleggiavano attorno al suo nome, ma il suo contratto pesante e soprattutto la sua volontà hanno cambiato la storia della regular season dei Thunder. Paul infatti non solo è sceso sul parquet assieme ai suoi compagni, ma ha iniziato a giocare a un livello difficilmente immaginabile per un giocatore di 34 anni: giunte a a quel punto della carriera infatti, le point guard di solito sono “costrette” a fare dei passi indietro, superate da un gioco in continua evoluzione tecnica e fisica. CP3 invece è diventato il leader di un gruppo che, grazie al suo esempio e alle sue prestazioni da All-Star, ha trovato sin da subito il modo per inseguire il miglior piazzamento playoff possibile. Uno scenario che lo scorso autunno sarebbe apparso irrealistico anche al più ottimista dei Thunder, che approfittando delle difficoltà di squadre più quotate si sono presi con largo anticipo uno degli otto posti disponibili per accedere alla post-season

La forza di CP3: rendere migliori i suoi compagni

I numeri raccontano bene il dominio di Paul: con lui in campo OKC raccoglie 12 punti su 100 possessi in più di Net Rating rispetto a quando CP3 si accomoda in panchina per riprendere fiato. Un rebus dalla difficile soluzione per qualunque difesa provi ad apporsi alle sue scorribande e un impatto a protezione del ferro che troppo spesso viene sottovalutato. Ogni pick&roll che lo coinvolge diventa un problema per chiunque provi a fermarlo: i Thunder in quelle occasioni producono 1.09 punti per possesso - canestri che lo portano nell’élite NBA: soltanto il 6% dei giocatori fa meglio di lui, ma nessuno di essi gioca un numero paragonabile di pick&roll. La sua capacità di attirare le attenzioni delle difese infatti è la principale ragione della crescita dei suoi compagni: Danilo Gallinari si gode i suoi assist sul perimetro, mentre Dennis Schroder e Shai Gilgeous-Alexender approfittano della loro esplosività per attaccare il canestro, sfruttando gli spazi e le sue “visioni” dal palleggio. Un mix letale, al quale va aggiunta la produzione dello stesso Paul che sta tirando con un impressionante 63% di percentuale reale dal campo, costruendosi da solo e dal palleggio ogni conclusione. Grazie a lui OKC può permettersi di reggere diversi possessi difensivi schierando tre guardie in contemporanea sul parquet, dato che CP3 non ha mai avuto grosse difficoltà a prendersi cura di avversari più alti e più grossi di lui. Il tutto senza tenere conto di una resa fisica e atletica invidiabile nonostante l’età: Paul infatti ha giocato 62 delle 63 partite di regular season. Alla faccia di chi ne aveva messo in discussione la voglia di scendere in campo in un contesto nuovo e con poche possibilità di successo.

Sempre decisivo nei finali di gara: così OKC si è presa i playoff

L’aspetto più impressionante della straordinaria stagione di Paul è la capacità con cui ha dimostrato di poter incidere nel finali combattuti di gara - uno degli aspetti del suo gioco che più spesso gli erano costati critiche in passato. Negli ultimi cinque minuti delle partite decise con meno di 5 punti di margine, il n°3 dei Thunder sta viaggiando con un impressionante 55% dal campo e un semi-perfetto 93% a cronometro fermo. Il Net Rating raccolto da OKC con lui sul parquet in quelle fasi di gara è +27 - il miglior dato dell’intera NBA; tutte cifre migliori di quelle già eccellenti raccolte mediamente in stagione. Quando il gioco si fa duro insomma, Paul riesce a fare un ulteriore passo in avanti, “a mettere in mostra i suoi superpoteri” - come ripetuto in maniera scherzosa (soltanto fino a un certo punto) nello spogliatoio dai giovani compagni di squadra che pendono dalle sue labbra. CP3 infatti sta dimostrando ancora una volta di essere un leader unico nel suo genere, dall’impatto “contagioso” sugli altri; parola di Gregg Popovich, che spesso ha dovuto inventarsi un modo per contenerlo sul parquet: “Chris ha una personalità polarizzante, è un leader naturale. Non fa prigionieri e non si fa condizionare da nulla. È andato ai Thunder per vincere, come ha sempre dimostrato di carriera: quando hai a disposizione un talento del genere, sei certo del fatto che riuscirà a influenzare anche gli altri”. Gallinari ha più volte sottolineato come sia uno dei migliori compagni con cui ha condiviso lo spogliatoio, sia dentro che fuori dal campo - definendolo anche un “amico dell’Italia” nella lettera pubblicata per The Players’ Tribune. Un campione senza tempo che, sentitosi sfidato e scaricato, ha risposto tornando dopo anni da protagonista all’All-Star Game. Questione d’orgoglio, ma soprattutto di talento. Anche nel 2020, chiunque voglia ambire al titolo di migliore point guard della NBA deve fare i conti con Chris Paul, come spesso è accaduto da oltre un decennio a questa parte.