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NBA, Magic Johnson: “Non dimenticatevi dello Showtime dei miei Lakers”

la storia
©Getty

A 40 anni di distanza da una delle partite più iconiche della storia NBA, l’Hall of Famer dei gialloviola è tornato a sottolineare l’importanza e l’impatto di quella squadra sul gioco: “Siamo tutti presi da “The Last Dance”, ma non mettiamo da parte chi è venuto prima”

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Le foto in parecchi casi sono ancora in bianco e nero, mentre i colori nella mente di Magic Johnson restano vividi e tutt’altro che sbiaditi. Quella gara-6 nelle finali NBA del 1980 in fondo ha segnato per sempre la sua carriera, oltre che lasciare un segno indelebile sulla storia della lega. Al termine di un primo anno da professionista quasi perfetto - il premio di rookie dell’anno lo vinse Larry Bird con discreto margine - Magic si ritrovò subito protagonista sul palcoscenico più importante contro i Philadelphia 76ers del suo idolo Julius Erving: “É stata la cosa che ha reso ancora più indimenticabile quella sera - spiega a 40 anni esatti di distanza dalla partita che gli ha permesso di conquistare il suo primo titolo NBA - Doctor J era il mio eroe e in quel momento era all’apice della sua carriera”. Un avversario con cui se la sarebbe dovuta vedere Kareem Abdul-Jabbar sotto canestro, se la sua caviglia però avesse risposto in maniera positiva ai trattamenti dopo l’infortunio. Prima della partenza dell’aereo per Philadelphia però arriva la notizia: l’MVP di quella stagione non sarà a disposizione dei Lakers sotto canestro. Un colpo complicato da incassare per tutti, un’opportunità per il giovane rookie che decide di salire per primo sull’aereo mentre i compagni ancora devono metabolizzare la pessima notizia. Senza Kareem diventa complicato immaginare di vincere il titolo. Saliti sul volo però ad attenderli al posto del centro dei Lakers c’è il rookie, sorridente come al solito: “Non dovete avere paura, adesso ci pensa Magic”. Una frase che al massimo riuscì a strappare qualche risata ironica, ma la leggenda vuole che quello fu il momento in cui i Lakers capirono di dover puntare sulla sua versatilità. Magic infatti andò al centro del campo a saltare per la palla a due, giocando letteralmente in tutte e cinque le posizioni sul parquet e chiudendo la gara con cifre straordinarie: 42 punti, 15 rimbalzi, 7 assist, 14/14 dalla lunetta e soprattutto un successo per 123-107 che significava primo titolo NBA in bacheca: “Ricordo così bene quel momento: eravamo diventati campioni nel modo più complicato di tutti, in trasferta e senza il miglior giocatore della lega a disposizione”.

Magic: “Avevamo Kareem, ma lo small ball nasce grazie a noi”

Un passato lontano quattro decenni che deve rimanere memoria collettiva e non finire nel dimenticatoio, sottolinea Magic che ci tiene a ricordare come quella partita del 1980 sia uno dei primi esempi (vincenti) di una pallacanestro diventata poi sinonimo di successo: “Avevamo Kareem in squadra, certo, ma non dimenticate che siamo stati noi a perfezionare il concetto di small ball. Le cose di cui tutti hanno parlato riguardo i Bulls di Jordan e gli Warriors di oggi si basano su concetti già messi in mostra sul parquet dai miei Lakers dello Showtime: siamo stati i primi a dimostrare che poteva esserci un modo diverso di vincere, un sistema grazie al quale la gente potesse appassionarsi e divertirsi”. Secondo alcuni report usciti nelle scorse settimane, Jordan si sarebbe definitivamente deciso a dare l’ok per la produzione di “The Last Dance” dopo che Golden State ha conquistato 73 vittorie in una singola regular season - battendo il record dei suoi Bulls, sfruttando un modo di giocare che in parte era la prosecuzione di quanto fatto da Chicago. Un'eredità che rischiava di passare in secondo piano. Quella squadra però aveva a suo volta dei predecessori che a detta di Magic non devono finire nel dimenticatoio: “La pallacanestro è stata da sempre un grande gioco e da decenni mette in mostra spettacolo e innovazione. Non bisogna mai dimenticare quanto fatto da chi è venuto prima di te. Ora non dimenticatevi dei Lakers dello Showtime”.