NBA, i più grandi rimpianti delle 30 squadre: i giocatori lasciati andare troppo in fretta

Charlotte Hornets: ALONZO MOURNING | La scelta di non tenere Kobe nel 1996 non dipendeva totalmente dal loro controllo, mentre l’addio di Mourning per il mancato accordo sul contratto sì. Charlotte offrì 111 milioni in 10 anni, ma il centro pensava di valere di più — e infatti dopo essere scambiato a Miami ne ottenne uno da 105 milioni in sette anni, diventando un All-Star perenne

Chicago Bulls: LAMARCUS ALDRIDGE | Dopo aver già ceduto Elton Brand nel 2001 dopo averlo scelto alla 1 nel 1999, i Bulls hanno commesso un altro errore madornale scambiando la seconda scelta del 2006, LaMarcus Aldridge, per Tyrus Thomas e Viktor Khryapa. Aldridge è poi diventato il giocatore che conosciamo ancora adesso; Thomas e Khryapa non hanno lasciato il segno

Cleveland Cavaliers: JAMAL CRAWFORD | I Cavs sono stati tra i pochi a scegliere bene nel tremendo Draft del 2000, chiamando Crawford alla 8, ma lo hanno immediatamente ceduto a Chicago (rimettendoci anche dei soldi!) per prendere Chris Mihm, centro onesto ma senza grosse speranze. Di certo non un giocatore del calibro di uno dei migliori sesti uomini della storia NBA

Dallas Mavericks: STEVE NASH | La storia è arcinota: Steve Nash aveva creato una chimica speciale con Dirk Nowitzki, ma aveva anche gravi problemi alla schiena. Il proprietario dei Dallas Mavericks decise di non pareggiare l’offerta di Phoenix e di lasciarlo andare, e Nash sotto Mike D’Antoni ha vinto per due volte l’MVP. “Il mio più grande errore” lo ha definito Cuban

Denver Nuggets: DIKEMBE MUTOMBO | Dopo cinque anni di altissimo livello soprattutto difensivo, al momento del rinnovo del contratto i Nuggets non hanno voluto impegnarsi per un contratto di 10 anni con il centrone, che dopo un po’ ha deciso di andarsene ad Atlanta. “Il mio unico rimpianto” è stata la definizione del GM Bernie Bickerstaff

Detroit Pistons: ALLAN HOUSTON | Dopo averlo preso al Draft 1993, i Pistons hanno visto Houston migliorare anno dopo anno fino a sfiorare i 20 punti a partita con il 42.7% da tre. Ma una volta entrato in free agency, fecero un’offerta talmente bassa da costringere Houston a guardarsi attorno — trovando una sponda a New York dove è diventato beniamino dei tifosi

Golden State Warriors: MITCH RICHMOND | Se Chris Webber e Tim Hardaway hanno chiesto di essere ceduti e sia Kevin Durant che Baron Davis hanno deciso di andarsene in free agency, è solo colpa degli Warriors se hanno ceduto Mitch Richmond appena prima dell’inizio della stagione 1991-92, peraltro ricevendo in cambio solo Billy Owens. “Non avremmo mai dovuto scambiarlo” ha detto Don Nelson nel 2014

Houston Rockets: RICHARD JEFFERSON | I Rockets avevano preso Richard Jefferson con la 13^ scelta assoluta del Draft 2001, ma hanno deciso di impacchettarlo con Jason Collins e Brandon Armstrong per salire alla 7 e prendere Eddie Griffin. Nel giro di due anni Jefferson era titolare nei Nets finalisti, chiudendo la sua carriera con 140 partite di playoff e un ruolo chiave nei Cavs campioni del 2016

Indiana Pacers: KAWHI LEONARD | Indiana vedeva George Hill come il pezzo mancante per il loro puzzle — e non senza motivo. Peccato che avessero sottovalutato la possibilità che Leonard, giocatore che apprezzavano, arrivasse fino alla scelta numero 15 del Draft 2011. Alla fine la presenza di Danny Granger e Paul George li portò ad acconsentire allo scambio, perdendo un due volte MVP delle Finals

L.A. Clippers: LAMAR ODOM | Dopo averlo scelto alla 4 nel 1999, il talento di Odom era immediatamente chiaro a tutti. Ma nell’infausta estate del 2003 Donald Sterling, sempre attento a ogni centesimo, decise di far andare sul mercato tutti i migliori giovani — Odom, Brand, Corey Maggette e Andre Miller. E così Lamarvelous se ne andò a Miami a zero, tornando poi in città per vincere coi Lakers

Los Angeles Lakers: MARC GASOL | A vederlo oggi lo scambio che ha visto coinvolti i due fratelli Gasol è andato bene per entrambe le squadre (i Lakers ci hanno vinto due titoli), ma al tempo sembrava una follia da parte di Memphis. Invece da quello scambio i Grizzlies hanno tirato fuori un giocatore franchigia come lo spagnolo, membro chiave del periodo migliore della loro storia

Memphis Grizzlies: KYLE LOWRY | I Grizzlies non gli hanno dato il tempo di emergere, cedendolo troppo in fretta per prendere Adonal Foyle, Mike Wilks e una scelta al Draft. C’era bisogno di fare spazio a Mike Conley, appena scelto nel 2009, e Lowry voleva un nuovo contratto nel 2010. Così lo cedettero a Houston per il solo Rafer Alston — decisamente poco per un futuro All-Star, seppur con Toronto

Miami Heat: STEVE SMITH | Una delle migliori scelte al Draft degli Heat, che però non ne hanno del tutto goduto dei benefici. Dopo un buon inizio di carriera, venne scambiato per il 32enne Kevin Willis e una scelta poi utilizzata per prendere Pat Riley dai New York Knicks (da allenatore, ovviamente). Ad Atlanta Smith è poi diventato un All-Star sfiorando i 20 punti a partita

Milwaukee Bucks: RAY ALLEN | I Bucks sapevano che Ray Allen era una stella, ma il rapporto complicato con coach George Karl li costrinse a scegliere tra i due — e a pagare fu il tiratore, ceduto a Seattle con Ronald Murray, Kevin Ollie e una prima scelta in cambio di Desmond Mason e Gary Payton nel 2003. “È stato il momento più spiacevole della nostra storia” ha detto il proprietario Herb Kohl

Minnesota Timberwolves: BRANDON ROY | I T’Wolves ancora si mangiano le mani per aver ceduto Ray Allen al Draft e Chauncey Billups in free agency, ma la regola di Bleacher Report impedisce di usare due volte lo stesso nome. La scelta ricade allora su B-Roy, che avrebbero potuto tenere con la sesta scelta al Draft del 2006 invece di cederla per Randy Foye

New Orleans Pelicans: BUDDY HIELD | Nel tentativo di dare un partner di livello a Anthony Davis, i Pelicans hanno ceduto il tiratore che a Sacramento è diventato realizzatore da oltre 20 punti a partita. DeMarcus Cousins, invece, si è rotto il tendine d’Achille e poi è stato lasciato andare nel 2018, senza tornare più ai livelli visti prima

New York Knicks: DANILO GALLINARI | La cessione di Kristaps Porzingis avrebbe potuto occupare questo posto, ma in retrospettiva i Knicks avrebbero potuto semplicemente aspettare Carmelo Anthony in free agency piuttosto che cedere un giovane talento come Danilo Gallinari nello scambio

Oklahoma City Thunder: JAMES HARDEN | Per sei milioni di dollari in quattro anni OKC non ha raggiunto l’accordo che avrebbe portato James Harden a rimanere al fianco di Kevin Durant e Russell Westbrook — e chissà come sarebbe andata la storia della NBA stessa. “Volevamo firmarlo, ma certe situazioni devono andare bene per tutte le parti coinvolte” ha detto Sam Presti

Orlando Magic: SHAQUILLE O’NEAL | Nel 2011 lui stesso ha ammesso le sue colpe “al 50%”, ma di certo il sondaggio tra i tifosi che riteneva che non valesse il contratto a lui proposto non ha aiutato (“un altro 40% è per colpa di quello e l’ultimo 10% per il tempo che ci ha messo Orlando a dire di voler pareggiare”). In ogni caso, l’addio a uno dei primi dieci giocatori della storia NBA fa male

Philadelphia 76ers: JERRY STACKHOUSE | Scelto nel 1995 con la terza scelta assoluta, dopo due anni appena è stato scambiato per Aaron McKie, Theo Ratliff e una scelta al Draft, con la convinzione che non potesse convivere con Allen Iverson. Sarà anche stato così, ma Stackhouse è poi diventato due volte All-Star e in cinque stagioni in fila ha segnato 20 punti di media

Phoenix Suns: JOE JOHNSON | Nel 2005 i Suns e Johnson erano la squadra più in ascesa della lega, arrivando alle finali di conference dove proprio un suo infortunio ha impedito alla squadra di giocarsela fino in fondo con gli Spurs. Quell’estate decisero di non pareggiare l’offerta da 70 milioni fatta da Atlanta, e pur ricevendo Boris Diaw viene da chiedersi come sarebbe andata se fosse rimasto

Portland Trail Blazers: ZACH RANDOLPH | A 25 anni viaggiava già a 23 punti e 10 rimbalzi di media, ma avendo investito su LaMarcus Aldridge e Greg Oden, per lui non c’era più spazio. Dopo un passaggio ai Knicks (da cui Portland ha ricavato solo Steve Francis e Channing Frye), Randolph è diventato un pilastro di Memphis, viaggiando a una doppia doppia perenne (Sam Bowie non preso in considerazione)

Sacramento Kings: ISAIAH THOMAS | Dopo essere stato scelto alla 60 al Draft, piano piano Thomas ha battuto tutte le point guard che si è ritrovato davanti ai Kings, ma senza riuscire a guadagnarsi un contratto degno del suo valore (veniva valutato attorno ai 5 milioni l’anno). Per questo è andato a Phoenix e poi a Boston, dove è diventato due volte All-Star

San Antonio Spurs: GORAN DRAGIC | Nel 2008 lo avevano scovato con la 45^ scelta, ma non si sono fidati del loro istinto e lo hanno scambiato due giorni dopo per Malik Hairston, una seconda scelta e soldi. Dragic li ha poi puniti nei playoff del 2010 decidendo una partita praticamente da solo, diventando poi un All-Star mentre Hairston è sparito rapidamente dai radar NBA

Toronto Raptors: MARCUS CAMBY | Tracy McGrady, Kawhi Leonard e Chris Bosh se ne sono tutti andati in free agency, Vince Carter e Damon Stoudamire hanno chiesto di essere ceduti, ma nel 1998 la situazione di Camby era differente. Dopo averlo scelto alla seconda assoluta al Draft, lo hanno mollato dopo appena un anno per prendere il 34enne Charles Oakley e Sean Marks, e se ne sono pentiti

Utah Jazz: MO WILLIAMS | I Jazz avevano visto qualcosa in lui che gli altri non avevano visto, prendendolo alla 47 nel Draft del 2003. Al momento di rifirmarlo, però, non hanno voluto investire neanche 5.5 milioni in tre anni, lasciandolo andare a Milwaukee e preferendogli Carlos Arroyo e Raul Lopez. Williams è poi diventato All-Star al fianco di LeBron James a Cleveland

Washington Wizards: CHRIS WEBBER | Li avessero tenuti tutti, avrebbero avuto un quintetto formato da Larry Hughes, Richard Hamilton, Chris Webber, Rasheed Wallace e Ben Wallace. Di questi quello di maggior pedigree è Webber, rimpianto dall’allora GM Wes Unseld (“Abbiamo perso uno forte”) che non ha voluto aspettare la sua maturazione, cedendolo a Sacramento per Mitch Richmond e Otis Thorpe