In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

NBA, James Harden: "Penso solo al presente". Ma i suoi privilegi fanno discutere

RETROSCENA

James Harden ha parlato con la stampa per la prima volta in stagione, schivando le domande sul suo futuro e dicendo di essersi “solo allenato” nei suoi recenti viaggi ad Atlanta e Las Vegas. I suoi privilegi da superstar dei Rockets, svelati di ESPN, hanno però fatto discutere

Condividi:

Con la decisione di Giannis Antetokounmpo di firmare l’estensione di contratto con Milwaukee, il centro del mercato NBA torna a essere Houston, dove la situazione legata a James Harden sembra aver raggiunto un punto di stallo. Dopo settimane di silenzio, la stella scontenta dei Rockets ha parlato con la stampa, schivando però tutte le domande sulla sua richiesta di essere ceduto: “In questo momento sono concentrato solo sul presente e sull’essere qui. La prima partita di preseason [in cui ha segnato 12 punti in 21 minuti nonostante una forma fisica “rivedibile”, ndr] è andata bene, visto che non ho avuto molte opportunità di giocare cinque contro cinque dopo la bolla”. Harden sostiene però di non essersi fermato e anzi, ha giustificato i suoi recenti viaggi ad Atlanta e Las Vegas — dove è stato visto in diversi party senza mascherina in compagnia del rapper Lil Baby — dicendo che era andato là per “allenarsi e prepararsi alla stagione NBA con i miei personal trainer”. “Posso concentrarmi solo sul presente ed essere la miglior versione di me stesso facendo in modo di essere in forma” ha continuato Harden, dicendo che la sua situazione di mercato non è stata discussa da nessuno. “Tutti quanti nello spogliatoio e il coaching staff sono concentrati solo sulla preparazione della stagione. È l’unica cosa che conta”. E al netto degli elogi per coach Stephen Silas, nessuna parola sul nuovo General Manager Rafael Stone: “Non abbiamo avuto nessuna conversazione”.

I privilegi di Harden svelati da ESPN: jet privati per i party

Se le parole del diretto interessato non hanno rivelato molto della sua richiesta di essere ceduto, un lungo articolo di ESPN ha invece fatto emergere tutti i suoi privilegi in questi otto anni passati a Houston. Di fatto, secondo quanto scritto da Tim MacMahon, la cultura di squadra dei Rockets è stata riassunta da un ex membro dello staff dei texani con “Tutto quello che vuole James”. E quel “tutto” spesso significava nottate in giro per gli Stati Uniti: ogni volta che ce n’era la possibilità, Harden faceva rimanere la squadra in città a lui gradite come Los Angeles, Phoenix o Atlanta una notte in più del necessario per poter visitare i suoi club di riferimento, e quando c’erano due o tre giorni di pausa tra le gare era noto che prendesse un jet privato per andare a Las Vegas o in un’altra città. Non è raro che una superstar del calibro di Harden abbia così tanto potere su una franchigia — di fatto aveva l’ultima parola su viaggi, allenamenti e anche decisioni sul roster, giocatori e allenatori inclusi —, ma dopo la sua richiesta di essere ceduto tutti i suoi “privilegi” stanno venendo a galla.

Le rimostranze di Chris Paul e Russell Westbrook sulle abitudini di Harden

Le serate di Harden in giro per USA sono state sempre accettate dai Rockets per via dei risultati in campo — otto partecipazioni ai playoff su otto, prestazioni individuali eccezionali in regular season che gli sono valse l'MVP nel 2018 e soprattutto tante partite giocate anche sul dolore e su infortuni che avrebbero fermato altri —, ma le altre stelle nelle ultime stagioni hanno espresso i loro problemi con Harden. Chris Paul, in particolare, non sopportava il modo in cui il Barba si estraniava dall’attacco quando non aveva il pallone, cercando di convincere Mike D’Antoni a mettere più struttura e movimento nel sistema di gioco attorno agli isolamenti del numero 13. Allo stesso modo, anche Russell Westbrook — amico d’infanzia ed ex compagno del Barba ai tempi di OKC — è rimasto sconvolto dalla cultura rilassata e lassiva dei Rockets, in cui i ritardi erano la norma e Harden faceva quello che voleva senza rispetto per i compagni, ad esempio presentandosi in grande ritardo alle sessioni video anche nella bolla di Orlando causando l’irritazione di Westbrook, notoriamente metodico e pignolo nella vita di tutti i giorni.

 

Molte delle persone intervistate da ESPN però danno la colpa non tanto ad Harden quanto all’organizzazione che gli ha permesso di fare quello che ha sempre voluto per tutto questo tempo. “Non puoi arrabbiarti con un bambino se gli lasci mangiare le caramelle tutte le sere e poi all’improvviso quando gliele togli iniziano a fare le scenate. Sei stato tu a dargli le caramelle ogni sera. I Rockets gli hanno dato l’organizzazione in mano, e ora devono viverne con le conseguenze”.