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NBA, Karl-Anthony Towns e la lotta al Covid: "Parametri vitali a rischio, ho avuto paura"

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©Getty

Il lungo di Minnesota racconta con onestà i momenti terribili della sua esperienza da positivo al coronavirus (responsabile della morte della madre e di altri 6 parenti): "Il Covid non mi ha trattato bene, sapevo che sarebbe stata una battaglia durissima". Che ora vuol combattere in prima linea per aiutare tutti gli affetti dal virus

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Karl-Anthony Towns è tornato in campo dopo quasi un mese di assenza — 13 partite saltate per l’esattezza, solo 3 vinte dai suoi Timberwolves — ma pur contribuendo subito con 18 punti e 10 rimbalzi al suo ritorno il lungo di Minnesota ha fatto notizia per il candore e l’onestà con cui ha raccontato la sua esperienza di positività al Covid-19. Che è stato — parole sue — “davvero terrificante. “Sono un soggetto ad alto rischio per una serie di condizioni ereditate [7 membri della sua famiglia hanno perso la vita per via del coronavirus, compreso la madre Jacqueline Cruz-Towns, ndr] e il Covid non mi ha trattato certo bene. Ho trascorso tante notti davvero difficili, il virus che ho contratto era molto aggressivo, ma a mia sorella continuavo  a ripetere: lo combatterò fino a sconfiggerlo”. Così ha fatto, ma non senza momenti complicati: “C’erano notti in cui non mi sentivo per nulla bene e i miei parametri vitali non erano affatto incoraggianti. Insieme ai dottori abbiamo dovuto prendere decisioni delicate sulla mia salute ma la mia famiglia mi ha spinto a non mollare, a continuare a combattere: quando il Covid sembrava aver la meglio su di me — sia sul mio corpo che sul mio spirito — ho pensato a mia madre e alla mia famiglia”.

Trattamenti di prima classe: “Mi sono sentito in colpa”

“Si sentono tante storie di gente positiva che sta male per 4-5 giorni ma che poi recupera quasi magicamente da un giorno all’altro e si sente di nuovo bene. Questo non è stato il mio caso”, ha raccontato Towns, sottolineando ancora una sorta di predisposizione genetica che lo ha reso particolarmente debole di fronte al virus. “Niente ha giocato a mio favore: sapevo che sarebbe stata una battaglia durissima”. Una battaglia affrontata nel migliore dei modi anche grazie alla disponibilità economica garantitagli dal suo ruolo di superstar sportiva, una condizione che però ha lasciato nel giocatore dei Timberwolves un certo senso di colpa: “Credo che molte più persone debbano avere accesso ai trattamenti di cui ho potuto godere io, in tutta America e nel mondo intero. Per via delle mie risorse economiche, ho ricevuto un trattamento medico di prim’ordine ma questo non ha fatto altro che farmi sentire in colpa: oggi voglio impegnarmi per far sì che il maggior numero di pazienti possa usufruire dei miei stessi vantaggi”. Pronto a schierarsi in prima linea, Towns aggiunge: “L’emergenza Covid non è finita, e non finirà presto: il virus non ha diminuito la sua forza e anzi, è diventato più intelligente. Occorre trovare una soluzione: bisogna inventarsi un piano per batterlo”. Una partita ben più importante di qualsiasi sfida NBA.

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