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NBA, Westbrook chiede rispetto: "Nessuno come me, chi mi dà per scontato ha un problema"

NBA
©Getty

Giunto alla 15^ tripla doppia nelle ultime 18 gare (la 29^ stagionale) la superstar degli Wizards è stanco di sentirsi ripetere che le sue cifre non aiutano la squadra a vincere. "Quando erano Magic o Oscar a chiudere in tripla doppia erano utilissime, quando lo faccio io invece no"

Russell Westbrook si è presentato ai suoi nuovi tifosi di Washington con 4 triple doppie consecutive, all’esordio stagionale (21 con 15 assist e 11 rimbalzi nel ko a Philadelphia) e nelle successive tre partite (tutte sconfitte). Un avvio che avrebbe finito per ricalcare l’intera stagione del prodotto di UCLA, ancora una volta strepitosa dal punto di vista statistico personale (dopo 53 gare giocate è in tripla doppia di media, con 21.8 punti, 11 rimbalzi e 10.9 assist) ma con gli Wizards che hanno collezionate più sconfitte (34) che successi (27) e che lottano per agguantare l’ultimo posto disponibile (attraverso i play-in) per il treno playoff. Per questo il ko arrivato nella notte in overtime contro San Antonio fa male, nonostante i 45 punti di uno spaziale Bradley Beal e la 29^ tripla doppia stagionale di Westbrook, la n°15 nelle ultime 18 gare disputate dal n°4 di Washington. Wizards che, dopo otto vittorie consecutive — la striscia di successi più lunga nell’ultimo ventennio della franchigia — hanno riassaporato l’aspro sapore della sconfitta, che forse ha portato con sé anche qualche malumore. Almeno a sentire un Westbrook che nella conferenza stampa post-partita ha voluto levarsi qualche sassolino dalle scarpe, suggerendo al mondo di non dare per scontato quello che è capace di fare ogni sera su un campo di pallacanestro. “Gioco al massimo ogni sera, lascio tutto quello che ho in campo, e per me questo è un punto d’orgoglio”, ha esordito dopo il ko contro gli Spurs Westbrook.

"Le triple doppie? Quando le facevano Magic o Oscar bene, se le faccio io no"

“Onestamente penso non ci sia un altro giocatore come me in tutta la NBA, e se la gente vuole prendere per scontato quello che so fare, beh, mi spiace per loro”. Anche sul discorso triple doppie, l’ex giocatore di Thunder e Rockets ha le idee chiare: “Sono abbastanza sicuro che se gli altri giocatori fossero in grado di fare le triple doppie che faccio io le farebbero. Per me questo significare avere impatto sul gioco in tanti modi diversi, con la difesa, con i rimbalzi, con i passaggi, ogni singola serata, qualsiasi cosa serva per far vincere la mia squadra. Di quello che pensa la gente non mi importa nulla, se pensano che siano solo cifre buone per il tabellino, se pensano che non aiutino a far vincere la squadra. Dico solo che quando a collezionare cifre del genere erano Magic Johnson e Oscar Robertson tutti a lodarli: quando le faccio io invece non sono cifre utili per la vittoria, perché sembrano numeri facili. Non è per nulla facile, ve lo assicuro, e sono orgoglioso di come mi preparo per ogni partita, di come mi prendo cura del mio corpo, di come provo a non saltare mai una partita, per scendere sempre in campo e dare il massimo. Ho rispetto per il gioco”, chiude Westbrook, che forse proprio questo — rispetto — chiede ai suoi critici. È stato MVP NBA quando — nel 2016-17 — ha chiuso un’intera stagione in tripla doppia di media (segnando quasi 32 punti a partita). Poi lo ha fatto per altri due stagioni in fila e quest’anno potrebbe riuscirci per la quarta volta in carriera. Solo Oscar Robertson aveva centrato un’impresa del genere — e solo un anno. Quell’Oscar Robertson che oggi, con 181 triple doppie, è ancora il n°1 della lista all-time. Ma Russell Westbrook si avvicina, è già a 175, e forse potrebbe superarlo già prima della fine della stagione. “Why not?”, perché no? “È il mio motto”, conferma Westbrook.  

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