Un mese fa l'apoteosi con la schiacciata decisiva allo scadere della vittoria contro Golden State, poi l'infortunio alla caviglia, le difficoltà e tanta panchina: il n°16 azzurro dei Jazz non scende in campo da sette partite, fermato nelle ultime ore dall'influenza (non-COVID) e a caccia di una continuità di utilizzo e di presenza sul parquet che a Utah fatica ancora a trovare
Sei partite in fila senza giocare, restando in panchina per 48 minuti in attesa di sfruttare al meglio le rare opportunità che gli vengono concesse e ora l’influenza: è il momento più complicato per Simone Fontecchio da quando ha deciso di accettare l’offerta degli Utah Jazz e di imbarcarsi nell’avventura NBA con la squadra di Salt Lake City. Dopo l’apice toccato un mese fa con la vittoria allo scadere contro Golden State, conquistata grazie alla sua schiacciata finale - ciliegina sulla torta di un match da 18 punti in 20 minuti con 3/6 dall’arco e 6/10 dal campo - Fontecchio è stato costretto a fermarsi a causa di un infortunio alla caviglia che gli ha impedito di sfruttare lo slancio dato da quella super prestazione. Dieci giorni fermo per recuperare dalla distorsione e poi soltanto qualche scampolo di partita: dal 21 dicembre a oggi, nelle ultime dieci gare, il n°16 azzurro è rimasto in campo soltanto 13 minuti complessivi - tutti arrivati nelle prime tre sfide, in cui non è riuscito a mettere a referto neanche un punto, né a incidere in alcun modo visto il ridottissimo spazio che gli è stato concesso. Adesso, dopo due settimane in panchina, anche qualche linea di febbre: un frangente che abbatterebbe chiunque, ma non un combattente come Fontecchio - consapevole che la stagione NBA è ancora lunga e che, strada facendo, di sicuro ci saranno altre opportunità da sfruttare per farsi valere.