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NBA, la storia di Tyrell Terry: il 22enne che ha detto no alla NBA

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©Getty

La decisione di ritirarsi a soli 22 anni aveva fatto scalpore, ma un lungo articolo del New York Times ha fatto luce sui problemi di ansia affrontati da Tyrell Terry, scelto alla 31 del Draft di soli tre anni fa dai Dallas Mavericks ma senza mai lasciare il segno. A raccontare la sua storia ci ha pensato lui stesso, dicendosi in pace con la vita che si è lasciato alle spalle

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Del suo "addio" alla NBA si era brevemente parlato al momento della notizia: Tyrell Terry, prima scelta al secondo giro da parte dei Dallas Mavericks al Draft 2020, aveva scelto di rinunciare a una carriera nella lega, che sembrava nel suo oroscopo già dopo l'unico anno a Stanford University. Oggi la sua storia però ritorna, con un lungo articolo sul New York Times intitolato: "Non posso continuare ancora a combattere questa battaglia". E la battaglia è quella contro una depressione che ha reso quello che una volta era un divertimento e una passione un fardello troppo pesante per Terry. Vomitava. Perdeva peso. Aveva attacchi di panico. "Invece di rendermi più forte, tutto questo ha iniziato a distruggermi. Non mi diverto più", ha ammesso il prodotto di Stanford dal suo account Instagram. Non un capriccio, tutt'altro. Terry capiva bene il privilegio di poter essere uno dei pochissimi atleti capaci di arrivare al livello più alto della sua professione - e la fortuna che tutto questo comportava, denaro incluso. Ma proprio una riflessione sul "senso" dei soldi rende meglio di tutto il pensiero del giovane giocatore di Mavs (11 partite) e Grizzlies (2), in una domanda da lui posta a sua madre: "Se facessi lo spazzino, e ti dicessi che non sono felice del mio lavoro, cosa mi consiglieresti di fare? E qual è la differenza, a parte i soldi?". Nessuna, deve aver concluso Terry, a cui i Dallas Mavs hanno prima messo a disposizione uno psicologo sportivo e poi hanno permesso di incassare anche tutta la seconda annualità del suo contratto, pur senza mai giocare per la squadra durante quella stagione. 

Oggi Terry si è iscritto nuovamente a Stanford, vuole completare gli studi: "Che sia stato per colpa mia o no, che sia stato per i miei problemi di ansia o altro, nella NBA io ho fallito. E mi sta bene così. Avevo il talento per giocarci, ma non il desiderio di farlo: quella vita non mi rendeva soddisfatto". E per cambiarla ci vuole coraggio, quello che lui ha trovato.  

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