NBA, intervista a Kenneth Faried: "Denver nel cuore, vi spiego perché Jokic è il migliore"

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Dario Costa

Kenneth Faried è lontano dalla NBA ormai da qualche anno, ma i Denver Nuggets, la squadra che l'ha scelto al Draft del 2011, rimangono nel suo cuore. Ai microfoni di Sky Sport il "Manimal", soprannome guadagnato per l'energia quasi animalesca sprigionata sul parquet, si è lanciato in considerazioni e pronostici. E Faried ha anche detto la sua sul duello tra Nikola Jokic e Joel Embiid in programma questa sera alle 23.30 su Sky Sport Uno con il commento di Flavio Tranquillo e Davide Pessina

La carriera di Kenneth Faried in NBA potrebbe essere riassunta così: “Manimal”, soprannome guadagnato per la ferocia a tratti animalesca mostrata sul parquet, ha giocato nella lega per otto stagioni e nelle quasi 500 partite disputate, quasi tutte con la maglia dei Denver Nuggets, non si è contato un singolo rimbalzo che non abbia provato a catturare, un singolo blocco che abbia evitato di portare a favore di un compagno, una singola palla vagante su cui non si sia buttato mettendo a repentaglio la sua incolumità (e spesso anche quella degli spettatori seduti nelle prime file a bordo campo). Giocatore di taglia tutto sommato ridotta per il ruolo di lungo in una lega di scherzi della natura ma dotato di mezzi atletici e di un’energia cinetica fuori dal comune, Faried ha anche giocato con la nazionale e vinto i Mondiali del 2014. La squadra che gli è rimasta nel cuore, però, sono i Nuggets, dove ha ancora molti amici e con cui mantiene un legame speciale. E la chiacchierata ai microfoni di Sky Sport non poteva che partire proprio da Denver.

 

La prima domanda non può che riguardare una squadra che è ancora nel tuo cuore: i Denver Nuggets. Come hai reagito nel vederli vincere il primo titolo nella storia della franchigia lo scorso giugno?

Sono stato felicissimo per loro. È stata la mia prima squadra, quella che mi ha scelto al Draft e che mi ha permesso di diventare “The Manimal”, il giocatore che tutti amano veder giocare quando ne ha la possibilità. Mi sono esaltato per loro, anche perché sono ancora in contatto con alcuni dei ragazzi, a partire da Joker [Nikola Jokic N.d.R.] e Jamal Murray. Proprio l’estate precedente, prima della stagione che li ha portati al titolo, io e Jamal ci siamo allenati insieme in Arizona. Lui stava recuperando dall’infortunio e io ho continuato a incoraggiarlo, a dirgli: ce la farai, diventerai un All-Star e insieme a Joker vincerai il titolo. E l’hanno fatto davvero! Avrei voluto fare parte anch’io di quella squadra, ma è andata così e comunque sono contento per i miei amici.

A proposito dei Nuggets: sabato li vedremo impegnati nella sfida contro i Philadelphia 76ers e questo significa Nikola Jokic contro Joel Embiid. Con Jokic hai già giocato, preferiresti condividere ancora il campo con lui o ti piacerebbe provare a giocare con Embiid?

Sono tutti e due grandi giocatori. Io ho giocato con Joker e quindi so bene che tipo di giocatore sia e quanto faccia per i suoi compagni. Vorrei giocare di nuovo con lui, perché non è il tipo di compagno che prova sempre a segnare o a prendere ogni rimbalzo. A pensarci bene proverebbe a prendere ogni rimbalzo, ma di sicuro non proverebbe solo a segnare e proverebbe a coinvolgere tutti, a fare contenti tutti i compagni. Anche perché in quel modo se il risultato dovesse essere in bilico e lui ti dovesse passare la palla, avresti la fiducia in te stesso che serve per segnare. Una fiducia del tipo: hey, ecco l’MVP che è il nostro miglior giocatore e che cerca davvero di coinvolgere anche me!

Hai trascorso sette Stagioni a Denver e hai giocato in diverse versioni molto competitive e anche divertenti dei Nuggets. Per un lungo periodo sei stato anche compagno del “nostro” Danilo Gallinari. C’è un aneddoto o un ricordo speciale che ti porti dietro da quel periodo?

C’è stata quella volta che io e Gallo ci stavamo facendo una chiacchierata durante l’allenamento. E io gli dico: Gallo, non salti quasi niente e non ti muovi un granché, come fai a liberarti degli avversari o a schiacciare? A malapena salti! E lui: non mi serve fare quello che fai tu, io tiro e schiaccio quando mi serve, faccio le giocate giuste perché sono bravo. Tu continui a correre ovunque e a saltare, io invece cerco di risparmiare le energie. E sono felice per la sua carriera, so che è appena stato scambiato ma sono felice per lui. È un veterano e una presenza positiva, che è bello avere nella tua squadra. Per cui sono contento di vedere che è ancora capace di risparmiare le energie e i salti per quando servono davvero.

Il "Manimal" ha ancora voglia di saltare

 

Una delle vette della tua carriera è senza dubbio rappresentata dalla vittoria ai Mondiali del 2014 con la nazionale. Mancano giusto pochi mesi alle prossime Olimpiadi, quali sono secondo te cinque giocatori che devono assolutamente far parte della spedizione di Team USA?

LeBron [James], ovviamente. Steph Curry, con cui ho avuto modo di giocare. Lo stesso per Kyrie Irving. Kevin Durant. E Carmelo Anthony, il miglior marcatore nella storia di Team USA. Chi altri? Magari qualche giovane di talento, come Jayson Tatum, che ha già vinto un oro. Forse rivedrei Anthony Edwards. Damian Lillard sarebbe un’altra scelta azzeccata. Oh, Jimmy Butler, uno che gioca sempre duro. E tra i lunghi Bam [Adebayo] e Anthony Davis. E poi, onestamente, io. Voglio dire, nel 2014 sono stato eletto nel miglior quintetto dei Mondiali e sono ancora in grado di stoppare e pressare già a metà campo come ho sempre fatto. Ho solo 34 anni e sento di poter dare ancora molto, di poter essere ancora d’aiuto. Sono pur sempre una macchina da doppia doppia.

Chi uscirà dalle due Conference e chi vincerà le Finals 2024?

Denver a Ovest, non mi interessa chi uscirà dall’Est. Denver vincerà il titolo. Non ho altro da aggiungere. Voglio dire, non posso dire Boston o Milwaukee, che ora ha anche preso Doc Rivers in panchina, anche se entrambe stanno andando alla grande. Non posso fare questi due nomi perché poi c’è sempre Miami che ai playoff adora mandare all’aria tutti i pronostici. Sarà dura a Est. Mentre a Ovest sarà altrettanto dura, ma per me è facile fare una previsione perché la mia squadra ha vinto lo scorso anno e quindi punto ancora sui Nuggets.

Il tuo stile di gioco era davvero riconoscibile, così come la tua disponibilità a fare tutte quelle piccole cose che magari non entrano nel tabellino ma che aiutano una squadra a vincere. C’è qualche giocatore nella NBA di oggi che gioca con il tuo stesso stile?

No, perché negli anni ’20 non ce nessuno che ne faccia 20. Io segnavo 20 punti e prendevo 20 rimbalzi, magari aggiungendo qualche stoppata e un paio di palle rubate buttandomi a terra per prenderle. Chi fa cose del genere oggi? L’ultimo a essere in grado di fare quello che facevo io prima di me e con un fisico simile era Dennis Rodman. Forse potrei dire Montrezl Harrell, che mi piaceva molto e che con quello stile molto fisico tutto rimbalzi ha anche vinto il premio di sesto uomo dell’anno. È stato lui stesso a confessarmi di aver modellato il suo stile di gioco attorno al mio, anche perché Rick Pittino gli faceva vedere i miei filmati durante la sua esperienza a Louisville. E il mio stile di gioco è difficile da imitare, non è per niente facile giocare come me. Anzi è una delle cose più difficile che si può provare a fare su un campo da basket, in particolare se si è alti come me [203 centimetri, N.d.R.] e al livello di energia con cui io gioco ogni singola partita.

 

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