Boston è tornata sul tetto della NBA dopo 16 anni, vincendo il titolo, ma la proprietà della franchigia ora annuncia la volontà di lasciare, e vendere la squadra. Una decisione che ha mille risvolti interessanti da approfondire, a partire dal ruolo del proprietario di maggioranza Wyc Grousbeck, che resterebbe al timone fino al 2028. E una franchigia acquistata per 380 milioni di dollari 22 anni, oggi viene valutata oltre i 5 miliardi di dollari
Una notizia clamorosa scuote il mondo NBA: i Boston Celtics, reduci dal loro titolo NBA n°18, sono in vendita. Lo ha annunciato la Boston Basketball Partners LLC, in un comunicato diffuso dagli stessi Celtics: “Dopo mille riflessioni e un lungo confronto, la famiglia che controlla il gruppo di maggioranza ha deciso di vendere la squadra, per motivi di pianificazione interna”. Dietro al termine “famiglia” si nasconde Wyc Grousbeck, il proprietario di rappresentanza dei Celtics, “governor”, nel gergo NBA, un incarico che Grousbeck intende però mantenere fino al 2028, quando cioè la vendita sarà definitivamente portata a termine dopo una cessione iniziale che dovrebbe avvenire – si legge nel comunicato – tra il 2024 e i primi mesi del 2025. Grousbeck, insieme al suo partner Steve Pagliuca (titolare dell’8% del valore dei Celtics), avevano finalizzato l’acquisto della franchigia nel 2002 per 360 milioni di dollari: oggi le stime del valore della stessa si aggirano tra i 4.7 e i 5.12 miliardi di dollari, anche se – dopo il titolo vinto poche settimane fa – c’è anche chi dice che un eventuale prezzo di vendita potrebbe toccare i 5.5 miliardi. “Il momento giusto per vendere”, sottolineano alcuni, e sicuramente capitalizzare in un momento di successo un proprio asset può certamente essere alla base della decisione di Grousbeck. Ma attorno alla futura vendita dei Boston Celtics ci sono molti altri temi interessanti, che si intrecciano direttamente con le notizie di attualità che hanno visto i rinnovi faraonici concessi a Jayson Tatum (314 milioni di dollari per 5 anni) e Derrick White (126 milioni per 4 anni), dopo quello già fatto firmare all’MVP delle ultime finali Jaylen Brown (altri 304 milioni per 5 anni).
La spada di damocle delle tasse previste dal nuovo contratto collettivo
Sommando l’importo totale dei contratti di cui sono titolari i giocatori del quintetto base dei Celtics, fatti due calcoli si arriva a una cifra che rasenta il miliardo di dollari (939 milioni). Il nuovo contratto collettivo ha introdotto la cosidetta “second apron”, una seconda soglia di tassa di lusso per disincentivare le squadre a sforare in maniera eccessiva i limiti del salary cap. Tale soglia, per il 2025-26, dovrebbe assestarsi sui 208 milioni di dollari, cifra che i salari dei giocatori dei Celtics supererebbero e non di poco. La tassa per chi, come Boston, si ritroverebbe con un monte salari di oltre 20 milioni di dollari superiore a quella seconda soglia si impennerebbe del 40% e addirittura del 52.6% per chi – come i Celtics - tale soglia l’ha superata per più anni in fila. L’importo finale delle tasse da versare alla NBA da parte di Boston, quindi, finirebbe per essere addirittura superiore ai 208 milioni in salari già dovuti ai giocatori, facendo di questi Celtics la squadra più cara di sempre. Oltre a far cassa, quindi, molti osservatori hanno visto nella decisione di Grousbeck anche l’idea di capitalizzare adesso senza dover poi affrontare in futuro tutti i problemi finanziari connessi al monte salari e alle tasse previste.
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Una vendita differita: la soluzione che a Silver non piace
L’altro grande tema sollevato dalla decisione annunciata dalla Boston Basketball Partners LLC è quella delle tempistiche. La vendita dei Celtics, infatti, si svolgerebbe in più momenti: una fase iniziale tra il 2024 e l'inizio del 2025, e poi un completamento entro il 2028, quando (e solo allora) Grousbeck lascerebbe il suo ruolo di governatore. Non una novità, nelle transazioni recenti all'interno del mondo NBA: lo hanno fatto i Dallas Mavericks, da Mark Cuban a Miriam Adelson (con il giallo dell'annunciato controllo sulle "basketball operation" lasciato nelle mani dello stesso Cuban, soluzione poi smentita nei fatti) e soprattutto lo hanno fatto i Minnesota Timberwolves, da Glen Taylor alla coppia Alex Rodriguez-Marc Lore (cessione mai concretizzatasi, con le due parti coinvolte in una furiosa lite che ha portato a un arbitrato). Due precedenti o fallimentari o poco chiari che sono piaciuti poco al commissioner NBA Adam Silver: "Non è la soluzione ideale: una volta risolte le dispute in atto, penso che dovremo rivedere cosa è concesso e cosa no nei processi di vendita delle nostre franchigie", ha minacciato Silver. Ora anche i Boston Celtics, la franchigia più vincente nella storia della lega, sceglie un approccio del genere. E in attesa di vedere gli sviluppi - a partire da chi si farà sotto per acquistare i Celtics - Silver e il resto della NBA osservano attenti.