Quando Larry Bird fece lo spazzino per un anno

La carriera di uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi sarebbe potuta non accadere mai. Se non fosse stata per l’insistenza di un assistente allenatore che voleva fare bella figura, per un vecchio conoscente che non ce l’aveva fatta, e per un evento drammatico, oggi il nome ‘Larry Bird’ non ci direbbe niente. La storia dell’adolescenza di Larry Bird è diversa rispetto a quella degli altri grandi del gioco. La famiglia Bird veniva da un contesto poverissimo, quello di French Lick nel sud dello stato dell’Indiana. Un paesino un tempo famoso per le sue terme e per i suoi casinò all’inizio del secolo, ma che dopo la chiusura delle case da gioco era finito in una profonda crisi economica insieme al vicino paese di West Baden, dove Larry Joe Bird nacque il 7 dicembre del 1956. Dei sei figli di mamma Georgia e di papà Joe, Larry era il più riservato, con una timidezza al limite del patologico e una naturale riottosità alle persone, specialmente alle folle. Curiosamente, però, negli anni della sua adolescenza nessuno attirava le persone quanto lui: sin dall’inizio le sue partite alla Spings Valley High School richiamavano folle di persone, con più spettatori alle sue gare rispetto alla popolazione totale di French Lick. Nel suo ultimo anno di liceo ha viaggiato a 31 punti, 21 rimbalzi e 4 assist di media, e tutti prevedevano per lui una sola destinazione: l’università di Indiana a Bloomington, dove la squadra di basket tifata da tutti poteva contare su un allenatore come Bobby Knight, che non aveva ancora cominciato a tirare le sedie in campo ma era già una leggenda del college basket. Tutti volevano che Bird andasse lì, tranne una persona: Bird stesso. Lui avrebbe preferito andare a Kentucky, ma l’allenatore dell’epoca Joe B. Hall non gli offrì mai una borsa di studio, non tanto perché non gli piacesse come giocatore, ma per la sua natura schiva. Nel colloquio che avevano avuto Bird non lo aveva guardato negli occhi neanche una volta, figuriamoci parlare, e Hall disse “Non c’è modo che un giocatore di Kentucky possa cavarsela così, lo mangerebbero vivo”. In effetti Hall aveva ragione: Bird non era pronto ad avere rapporti umani al di fuori della culla di French Lick, e se ne accorsero tutti dopo poco tempo. Alla fine Larry, per non deludere nessuno come era sua natura, decise di andare a Indiana, per la felicità e l’orgoglio di tutta la città di French Lick. Pur essendo distante solamente 90 chilometri, il trasferimento dalle 3.000 anime di French Lick ai 30.000 studenti di Bloomington fu assolutamente traumatico per Bird. Larry non aveva vestiti suoi, figuriamoci dei soldi da spendere, e faticava ad aprirsi e a parlare anche col suo compagno di stanza. A questo si unì anche il fatto che il basket non andava bene: alcuni dei veterani degli Hoosiers lo avevano preso di mira con un trattamento da freshman più duro del necessario, rendendogli più difficile l’inserimento in squadra e togliendogli l’unica valvola di sfogo che aveva sempre avuto per sfuggire ai problemi della sua adolescenza problematica. Una volta cominciate le lezioni le cose andarono anche peggio, visto che per sua stessa ammissione non era di certo un genio a scuola e il fatto di dover camminare per miglia solamente per arrivare in classe era traumatico rispetto a French Lick dove tutto era a portata di mano. Già da tempo Larry si era lamentato con mamma Georgia chiedendo di tornare, ma ad acuire le sue difficoltà ci fu un altro episodio: una sera, passeggiando per il campus, Bird incrociò il suo allenatore Bobby Knight. Mentre Bird si irrigidiva aspettandosi di parlare con il suo coach per la prima volta da quando era arrivato, Knight passò dritto senza degnarlo di uno sguardo, ignorando il suo “buonasera”. Per uno abituato a conoscere tutti nel paesino non poteva funzionare: la goccia che fece traboccare il vaso arrivò quando il dipartimento cestistico si rifiutò di pagargli una lezione di bowling da 60 dollari che Bird non pensava di dover pagare. Quando gli fu detto di cavarsela da solo, tornò in stanza, fece le valigie e tornò a French Lick in autostop. E così il rapporto tra il più grande giocatore di sempre mai uscito dallo stato dell’Indiana e la squadra universitaria che in Indiana equivale a una religione finì nel giro di un mese. Al rientro a French Lick, mamma Georgia era furiosa, tanto da non parlare a suo figlio per settimane. Un nuovo tentativo di iscriversi nel più vicino Northwood Institute a West Baden durò ancora meno, due settimane, accorgendosi che la competizione nel basket era di livello troppo basso per lui e non lo stimolava. E così, senza andare a scuola e con la famiglia contro, Bird si mise a fare lo spazzino. Il comune di French Lick aveva bisogno di una persona che si occupasse di sistemare le strade, tagliare l’erba, raccogliere la spazzatura, tinteggiare le panchine, scavare canali e tutti questi lavori manuali, e Bird non solo accettò di farlo, ma lo adorava anche. Poteva stare tutto il giorno all’aria aperta, come colleghi aveva dei suoi amici, non doveva parlare con nessuno né assecondare le aspettative degli altri. Fosse stato per lui, avrebbe potuto farlo per tutta la vita - e noi ci saremmo persi uno dei più grandi giocatori di basket di tutti i tempi, che a suo dire sarebbe diventato “il migliore a tagliare l’erba che si sia mai visto”. Se tutto questo non è successo è per merito di Bill Hodges, a quel tempo appena assunto come assistente allenatore della squadra di pallacanestro della piccola università di Indiana State. Alla sua prima riunione con il capo allenatore Bob King chiese se tra i giocatori in lista per essere reclutati ci fosse anche Larry Bird, e quando gli dissero che non ne avevano più saputo niente, decise insieme a un collega di farsi due ore di auto per andare a cercarlo a French Lick. Si rivelò più difficile del previsto: diverse altre università avevano cercato Bird per convincerlo a tornare a giocare a basket e tutti erano stati depistati dal resto della cittadina, che si era stretta attorno a Larry per proteggerlo, dando indicazioni sbagliate per non farlo trovare. La più protettiva di tutti era mamma Georgia, che anche quando Hodges e il suo collega si presentarono sulla porta di casa, li cacciò via in malo modo dicendo che Larry non era in casa e non era interessato al college. I due, non convinti, cominciarono a cercarlo in giro per la città e lo trovarono mentre usciva da una lavanderia in compagnia della nonna con un cesto di panni puliti in mano. Quando i due si presentarono, Larry guardando per terra disse loro che non aveva tempo di parlare perché doveva installare una nuova pompa del carburante nella sua auto. Fu la nonna a intromettersi: “Questi signori sono venuti fino a qui per parlare con te, il minimo che tu possa fare è stare ad ascoltarli. Venite a casa mia che ci sediamo”. Essendo che quello che diceva nonna Lizzie era legge, Larry obbedì. Sul divano di casa, Hodges disse a Bird che erano alla ricerca di giocatori per la loro squadra e Larry fece il nome di Kevin Carnes, fratello maggiore di uno dei suoi migliori amici, che avrebbe potuto giocare al college ma era diventato padre e marito da poco, dovendosi trovare un lavoro invece di continuare con il basket. “Sarebbe potuto diventare veramente forte se fosse andato all’università” disse Larry, al che Hodges rispose prontamente “Sai, è quello che diranno di te un giorno se non vai a scuola”. Fu il primo momento in cui Bird alzò la testa per guardarlo negli occhi, e lì Hodges capì di averlo conquistato. Furono necessari altri incontri e altri convincimenti: il collega di Hodges aveva meno pazienza e un giorno, irritato, chiese a Bird se volesse fare lo spazzino per il resto della vita. “Non so, è un buon lavoro, a me piace” fu la risposta di Larry, e il collega disse “Stiamo perdendo del tempo, uno che preferisce guidare il camion della spazzatura invece di andare al college non è abbastanza intelligente per noi”. Hodges però tenne duro e con il tempo notò un cambiamento in Larry: al tempo non poteva saperlo, ma due mesi prima il padre Joe si era suicidato, mettendo fine ai suoi problemi con l’alcool e a una sindrome post-traumatica a seguito della guerra in Corea a cui aveva partecipato. Fu un colpo durissimo per Larry, che sentiva la necessità di andarsene: la seconda opportunità offertagli da Indiana State capitava al momento giusto. Quando accettò pose solo una condizione: quella di trasferirsi subito senza aspettare l’inizio delle lezioni del semestre successivo. Serviva un lavoretto estivo, ma non fu un problema trovarlo. Era l’estate del 1975: tre anni più tardi Bird era talmente forte che i Boston Celtics lo selezionarono al Draft pur sapendo che non lo avrebbero avuto fino all’anno successivo, perché prima Bird voleva finire il suo quadriennio al college. Nella sua ultima stagione portò i Sycamores a 33 vittorie consecutive, salvo perdere la finale del torneo NCAA contro la Michigan State University guidata da Magic Johnson nella partita di college più famosa di tutti i tempi. In panchina, a guidarlo, c’era Bill Hodges, nel frattempo diventato capo allenatore della squadra. La leggenda era cominciata, ma se non fosse stato per Hodges e per la sua insistenza, non sarebbe mai neanche esistita.

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