Forse si può scomodare Michael Jordan per parlare di Caitlin Clark

Si può paragonare una giocatrice di pallacanestro a Michael Jordan? Io dico che si può, se parliamo di Caitlin Clark. Ma chiedo due cose, se possibile: chiedo scusa e chiedo pazienza. Scusa prima di tutto a chi si sentirà offeso, avendo venerato il 23 di Chicago come mai nessun altro . E scusa anche a chiunque pensi che la pratica di legittimare il femminile paragonandolo sempre e necessariamente al maschile sia antipatica , ma la risolvo così: qui parliamo di divinità, Michael Jordan – e quindi non ci può essere comparazione più lusinghiera. E poi chiedo pazienza: perché vi chiedo di non abbandonare queste righe indignati per via di quanto letto in apertura, perché le motivazioni vanno spiegate e per farlo c’è bisogno di altre righe. E poi perché oltre che di righe c'è bisogno anche di tempo, anni, forse decenni, per tirare le somme e capire se un paragone – all’apparenza così blasfemo – possa infine forse aver senso. Ma ora veniamo a lei. A Caitlin Clark. Chi è Guardia. 22 anni. Alta 183 centimetri . Bianca. Provenienza rurale. L’Iowa, per l’esattezza, stato che una sola volta – nel 1953 – ha messo sulle proprie targhe automobilistiche uno slogan, come si usa fare negli Stati Uniti. Lo si fa per celebrare pagine di storia o per vantarsi delle bellezze del proprio paesaggio, che siano i laghi o il sole . Loro no. Loro hanno scelto “The Corn State”. Lo stato delle pannocchie. Perché quello c’è, pannocchie e pianure, monotone e ininterrotte, da cui spunta ogni tanto un palo, a cui è appeso un canestro. A uno di questi Caitlin Clark ha tirato, e tirato, e tirato ancora, mattine, pomeriggi e sere, per giorni, per mesi e per anni. Fino a diventare la miglior tiratrice di tutti America. E, con la maglia del college del suo stato, gli Iowa Hawkeyes, la miglior giocatrice di tutta America. I record al college Dei suoi record universitari si è già detto e scritto molto. Per punti e assist in carriera nessuno ha mai fatto meglio di lei nella storia del suo college e neppure della sua conference, la Big Ten. Ma non basta. Ha segnato più punti a livello collegiale di qualsiasi altro essere umano, donna o uomo che sia . Ha vinto? A livello individuale tutto, ogni premio di miglior giocatrice possibile e ogni onore. Ma non ha vinto con la sua squadra, le Iowa Hawkeyes. È arrivata due volte in finale , ma non ha mai vinto. Non ha vinto al suo ultimo anno, chiuso viaggiando oltre i 31 punti di media, con quasi 9 assist, ko contro South Carolina nonostante i suoi 30 punti e 8 rimbalzi nella gara per il titolo; e non aveva vinto neppure l’anno precedente, in finale contro LSU, ancora 30 punti ma stavolta 8 assist, non rimbalzi, ma il successo che va alle Tigers. Le Tigers di Angel Reese, premiata miglior giocatrice delle Final Four 2023. Reese vs. Clark come Magic vs. Bird. Non proprio E qua occorre tornare a quanto accennato in apertura. A quella pratica antipatica di legittimare il femminile con il maschile. Spiegando però, prima di tutto, chi è Angel Reese. Ala. 22 anni. Alta 190 centimetri . Ma soprattutto: nera. Reese e Clark, lo abbiamo visto, si affrontano al college, in due Final Four consecutive. In finale NCAA nel 2023 e poi ancora in semifinale nel 2024 . A fine anno si ritrovano al Draft, Clark prima scelta assoluta per le Indiana Fever, Reese settima per le Chicago Sky, e così fanno assieme il loro ingresso nella WNBA. Poi, per lunghi tratti della stagione, si danno battaglia per il titolo di matricola dell’anno. Come? Una storia già sentita? Per chi conosce un po’ la pallacanestro USA non è difficile. Magic vs. Bird . 26 marzo 1979. Salt Lake City, 1979. Finale NCAA tra Michigan State e Indiana State. Magic: 24 punti, 7 rimbalzi e vittoria. Bird: 19 punti e 13 rimbalzi. 12 ottobre 1979. Magic, coi Lakers, fa il suo esordio NBA a San Diego contro i Clippers: 26 punti, 8 rimbalzi, 4 assist e 4 stoppate. Bird, coi Celtics, debutta in casa contro Houston: 14 punti, 10 rimbalzi, 5 assist . Al termine di quella prima annata, che entrambi giocano subito da protagonisti, Magic si porta a casa il titolo NBA, Bird si “consola” con il trofeo di matricola dell’anno. L'occasione, per i media americani, è troppo ghiotta: Reese e Clark come Magic e Bird. E se forzare il paragone tira in ballo questioni di genere, ancor di più cavalca quelle di appartenenza razziale. Una è nera, l'altra è bianca - come uno era nero e l'altro bianco . Per i primi mesi di stagione WNBA la "narrative" - ormai spesso e volentieri più forte della realtà stessa - è questa: Reese e Clark, Clark e Reese stanno cambiando il mondo della pallacanestro femminile. La WNBA ha trovato la rivalità che cercava, e questa rivalità segnerà la consacrazione definitiva della lega. Se non che poi succedono due cose. Il 30 agosto Reese e Clark si ritrovano una di fronte all'altra - Sky vs. Fever - per la 4^ e ultima volta in stagione . Si gioca a Chicago, l'arena è esaurita , i riflettori di tutta America sono su loro due. Reese chiude con la consueta doppia doppia ma Clark esplode per 31 punti e 12 assist, trascinando le Fever alla vittoria. Poi, il 6 settembre, in pieno rush finale verso i playoff, Angel Reese si infortuna a un polso e chiude in anticipo la stagione. Così, di colpo, nelle ultlime due settimane di campionato scompare la rivalità, e anche i media americani si rendono conto che forse, tutto sommato, 'sta gran battaglia per il titolo di matricola dell'anno, tra le due, non è che davvero ci fosse. Sia chiaro, Angel Reese fa un figurone, stabilisce il record ogni tempo in WNBA per rimbalzi e per doppie doppie consecutive . Ma Caitlin Clark è Caitlin Clark, e se dovessi iniziare a elencare i record da lei stabiliti nella sua annata di esordio in WNBA abuserei di quella pazienza che già vi ho chiesto al via. Per dare un'idea: il sito della sua squadra, le Indiana Fever, per caldeggiare la sua elezione a matricola dell'anno, non ci prova neppure a elencare tutti i primati stabiliti dalla loro n°22, e invece di un interminabile elenco piazza un bel QR Code. Chi vuole lo inquadra e scopre gli oltre 19 punti segnati di media , gli assist , l'impatto sulla squadra , oltre a tutti i primati stabiliti se si contano solo le giocatrici al primo anno. Già, il primo anno. "Rookie year". Si torna gioco forza alla rivalità - Clark e Reese come Bird e Magic - e a quella corsa a due per il premio di matricola dell'anno. Che corsa a due non è. Anzi, se proprio si vuole trovare un parallelo tra le stelle di Celtics e Lakers e quelle di Fever e Sky, le votazioni per il premio di rookie dell'anno un'analogia la presentano: Bird raccolse 36 dei 39 voti disponibili per il primo posto, Magic solo 3. Clark e Reese? Il divario è ancora più netto: 66 a 1 per la giocatrice di Indiana. Il paragone con Michael Jordan Una votazione così squilibrata per il premio di rookie dell'anno, ce lo hanno insegnato Magic e Bird, non ha poi impedito ai due di rendersi davvero protagonisti di una rivalità sportiva che ha cambiato per sempre la storia della pallacanestro americana . Ma proprio in quel Dream Team - era il 1992 - accanto ai due mostri sacri ce n'era un terzo, ed è quel terzo che ha messo il turbo alla rivoluzione del basket a stelle e strisce, trascinandola verso scenari fin lì inimmaginabili. Perché Michael Jordan è stato Michael Jordan per quello che ha saputo fare in campo ma anche per quello che ha fatto succedere fuori. Ed è qui, più che altrove, che il paragone tra Caitlin Clark e MJ può davvero aver senso. È qui che le cose si fanno davvero interessanti. Di cosa parliamo quando parliamo di "Clark-onomics" Già la parola in sé ha il suo fascino: se è stata creata per un modesto caratterista di Hollywood diventato presidente, può adattarsi bene anche a una ragazza apparentemente "della porta accanto" proveniente dall'Iowa. E allora Clark-onomics come Reagan-omics, per descrivere l'impatto della giocatrice che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Con lo sbarco tra le professioniste, il fenomeno è salito alla ribalta - ripreso e analizzato da CNN e simili - ma chi ha seguito il suo ultimo anno al college già sapeva. Per la prima volta nella storia, per l'esordio stagionale da senior di Clark, l'università di Iowa ha scelto di aprire le porte del proprio stadio di football al basket, e al basket femminile. Risultato: 55.646 spettatori, e record NCAA precedente non battuto, distrutto . In Iowa è stato così per tutta l'ultima stagione, ogni singola gara interna da tutto esaurito, e a fine anno l'impatto di Clark nel corso della sua carriera universitaria sull'economia statale è stato calcolato tra un minimo di 14.4 milioni di dollari fino a un massimo di oltre 52. Nel resto d'America le cose non sono state diverse: ovunque andasse, l'università ospitante batteva i record di presenza, dal Nebraska all'Ohio. E quando è sbarcata in WNBA, le cose non sono cambiate, anzi. Il giorno in cui le Indiana Fever hanno vinto la chance di scegliere per prime al Draft 2023 , il costo degli abbonamenti stagionali della squadra è raddoppiato. Quando poi l'ex Hawkeye è effettivamente diventata la prima scelta assoltua, la sua maglia n°22 di Indiana è andata esaurita nel corso di un'ora, diventando la più venduta di sempre per una matricola. Di lei si è occupata Forbes, per raccontare come le dieci partite più costose di questa stagione WNBA abbiano tutte visto in campo Caitlin Clark. Per la prima partita di prestagione un biglietto costava tra i 110 e i 1.100 dollari, e il prezzo per andare a vedere le Fever a Indianapolis è triplicato rispetto alla stagione precedente. Stessa cosa in giro per l'America. il valore medio sul mercato secondario di una partita WNBA con Clark in campo è salito più volte oltre i 600 dollari a partita. Las Vegas prima e Washington poi hanno scelto di cambiare arena per approfittare del suo passaggio: nella Capitale sono arrivati 20.711 spettatori, record di sempre per la WNBA. Una popolarità riflessa ovviamente anche nei dati di pubblico a fine stagione: a vedere le Fever l'anno scorso ci andavano in 4.000, quest'anno la media interna è stata di quasi 17.000 . Su Instagram a inizio luglio Clark ha messo in vendita i suoi nuovi palloni personalizzati: sold out in meno di 40 minuti. E via così. Il suo stipendio, se le si vuol fare due conti in tasca, quest'anno è stato di soli 76.535 dollari e dalle Fever, nei suoi primi quattro anni, guadagnerà in tutto 338.000 dollari . Ma non piangete per lei: che nel frattempo ha firmato ricchi contratti di sponsorizzazione, con Nike e Gatorade - due nomi che suonano familiari in quel parallelo con Michael "Air/Brand" Jordan - ma anche con Panini e Buick , State Farm e Bose . E poi c'è la televisione "Must-see TV": tutti davanti agli schermi Che fosse in TV nazionale o attraverso i suoi partner in streaming, la WNBA quest'anno ha trasmesso 36 delle 40 partite di regular season delle Fever. La media degli spettatori davanti a uno schermo per una partita WNBA ha stabilito il nuovo record nella storia della lega, ma non rende neppure lontanamente l'idea. Ben 22 volte l'audience tv è stata superiore al milione e in 19 di queste 22 gare c'era in campo Caitlin Clark. Grazie a lei ESPN ha registrato le 7 gare di basket femminile più viste di sempre nella storia del network , mentre ABC ha toccato la vetta di 3.4 milioni per l'All-Star Game e nelle 12 trasmissione più seguite sul canale c'erano sempre le Fever protagoniste. Un successo annunciato. Ma non da tutti Facile, ora, dire: si sapeva. Certo, le imprese al college avevano messo in guardia molti, ma finché si parlava di pallacanestro universitaria il fenomeno era quasi restato confinato a una sorta di culto alternativo. Perché comunque c'era da affrontare la transizione al basket dei grandi, la WNBA, e se pensate che per l'arrivo di Clark si sia srotolato il tappeto rosso fin dal primo giorno vi sbagliate. E di grosso. "La aspetta un brusco risveglio. Non ha il bagaglio tecnico adatto alla WNBA". Queste parole non le ha dette l'ultimo arrivato, ma sono state pronunciate da Geno Auriemma, mamma-santissima delle panchine NCAA. Otto volte miglior allenatore d'America, 11 volte campione alla guida di UConn , 2 medaglie d'oro olimpiche sulla panchina di Team USA, già nella Hall of Fame del basket. "Reality is coming" , l'aveva messa in guardia la collega Diana Taurasi, che di medaglie d'oro olimpiche ne ha vinte 6, oltre a tre titoli NCAA ed altrettanti titoli WNBA. "Sarà una buona giocatrice? Certamente. Sbarcherà in WNBA e continuerà a fare quello che ha fatto al college? Neppure per idea. Non succederà", il parere di Sheryl Swoopes, la prima giocatrice di sempre a firmare per la WNBA, vinta 4 volte con la maglia di Houston e per 3 volte MVP della lega. Aggiungeteci che il nome di Caitlin Clark, dalla lista delle 12 giocatrici della spedizione olimpica a Parigi, è rimasto clamorosamente fuori e che qualcuno ha trovato il modo di vedere l'eliminazione al primo turno di playoff delle sue Fever come una dimostrazione che in fondo, questa Clark, deve ancora dimostrare tutto. Dimenticandosi che qualcun altro, alla prima esperienza di playoff della sua carriera, è stato subito eliminato, brutalmente . E che non ha vinto un titolo NBA prima del suo settimo anno nella lega. Sì, un certo Michael Jordan.

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