I nuovi Dallas Mavericks fanno sul serio

La data del 29 ottobre Anthony Edwards se l’era segnata sul calendario, colpa di quel 1-4 in finale di Conference che gli aveva fatto passare un’estate non troppo piacevole in cui la star dei T-Wolves non ha fatto altro che pensare a quell’occasione persa: arrivare in finale NBA per la prima volta a soli 23 anni. Il 29 ottobre i Dallas Mavericks sono tornati al Target Center per la prima volta da quel 30 maggio, quasi 5 mesi esatti dal giorno in cui sollevarono il trofeo di squadra vincitrice della Western Conference. Che Anthony Edwards li stesse aspettando lo si è capito dopo i primi 12 minuti di gioco, stimolato come poche altre volte, dove ha letteralmente fatto a brandelli la difesa dei Mavs segnando 24 punti. Ventiquattro. Massimo in carriera per punti segnarti in un quarto. Sotto di otto con il target Center ai piedi Sir Anthony, i Mavs non hanno fatto una piega. In passato la squadra si sarebbe innervosita, Doncic avrebbe cominciato a lamentarsi con gli arbitri per i mancati fischi. Irving sarebbe stato avulso dal gioco mentre tutti gli altri avrebbero smarrito la bussola per l’assenza di leadership dei due uomini guida. Quella però era la Dallas di 10 mesi fa. Perché quella attuale sul campo di Minnesota ha dimostrato di essere una squadra non solo di alto ma di altissimo livello e di ambire legittimamente a quel posto in finale NBA già suo 4 mesi fa. Oggi Dallas è una squadra completa, che non ha nemmeno cambiato poco in estate. Ha inserito Klay Thompson in quintetto al posto di Derrick Jones perdendo atletismo ma guadagnando in tiro ed esperienza. Klay non ha da dimostrare nulla, certo un po’ di senso di rivalsa per essere stato scaricato da Golden State ma oggi si gode i suoi 4 anelli di campione NBA ed è consapevole del nuovo ruolo anche se un pelo in secondo piano. A Golden State suonava il secondo violino di fianco a Steph, qui gli si chiede di fare il terzo e trasformarsi in specialista pronto a raccogliere gli scarichi di Luka e Kyrie. I quasi 17 punti di media col 42% dall’arco delle prime 4 partite raccontano di un adattamento rapido e indolore. Naji Marshall si è preso i minuti di Hardaway Jr e Josh Green con la differenza che lui la palla non la vuole più di tanto . Fondamentale per gli equilibri di un attacco che deve dividere il succo d’arancia principalmente nei bicchieri di Luka, Kyrie, Klay e mettiamoci anche Pj Washington. Marshall non è lì per tirare ma per proteggere Doncic in difesa, mettere il fisico e sacrificarsi per la squadra. A far canestro ci pensano gli altri, magari Quentin Grimes, che contro Minnesota ha messo a segno tre preziosissimi canestri dall’arco ad esempio. Il nuovo Kyrie ha imparato ad aspettare. Quando si siede Luka i Mavs diventano la sua squadra, la fiammata da 16 punti nel terzo quarto è la perfetta fotografia dell’equilibrio che c’è tra i due. Ha imparato ad apprezzare le cose che ha, ad accettare limiti ed errori, a prendersi la squadra nel momento in cui la partita lo richiede. Imprendibile. E anche in una serata in cui il protagonista è l’ex campione NBA coi Cavs, che si è infatti meritato l’intervista in diretta nazionale con TNT, Luka Doncic riesce a ritagliarsi i sui momenti magici: 11 dei suoi 24 punti arrivano nell’ultimo periodo. In gara 2 di quella finale di conference che ha reso insonni le notti estive di Anthony Edwards, Minnesota sul possesso decisivo aveva deciso di lasciare Rudy Gobert contro Luka Doncic che lo aveva fulminato col tiro partita. Una scelta che venne criticata da chiunque. Quando nella gara del 29 ottobre sul possesso decisivo coach Finch ha optato per mettere alle calcagna dello sloveno un eccellente difensore come Alexander -Walker, Luka non ha fatto una piega, ha studiato gli spazi e lasciato partire un siluro da 12 metri che ha trovato il fondo della retina, con dedica finale ad un paio di tifosi in prima fila colpevoli di averlo beccato il possesso prima. Anche se non vincerà sempre e si troverà inevitabilmente ad attraversare momenti di difficoltà, Dallas oggi è questa. Cambiata e migliorata, equilibrata e cinica e pure molto forte. In una Western Conference in cui le squadre sono così vicine, i piccoli dettagli fanno la differenza. E se una volta venivano trascurati in casa Mavs, oggi ne fanno invece la possibile contender numero uno per tornare in finale NBA, Thunder permettendo ovviamente.

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