Cosa c'è dietro le sorprese (positive e negative) di inizio stagione NBA

Neppure un mese di campionato, troppo poco per emettere giudizi? Sì, certo, troppo poco. Però le prime impressioni valgono – per quello che valgono – e allora dopo tre settimane di pallacanestro NBA quel che si può fare è parlare di sorprese perché prima del via ogni squadra ha un certo tipo di attese e di aspettative ma poi, quando si alza la palla a due, a volte il campo ci dice altro, ed emette verdetti diversi. Provvisori, sia chiaro. Ma comunque verdetti. Sorprendenti, in positivo, sono senz’altro i risultati fin qui ottenuti da Golden State Warriors e soprattutto Cleveland Cavaliers ; una sorpresa, invece, in negativo è il rendimento dei Milwaukee Bucks , sicuramente fin qui deludenti. Golden State: è di nuovo "Strenght by numbers" C’erano tante incognite attorno alla versione 2024-25 della squadra di coach Steve Kerr, la prima senza Klay Thompson. Per la prima volta dopo 12 anni gli Warriors si sono presentati al via senza i loro “Big Three”, con parecchie facce nuove - ma nessun big - arrivate dal mercato estivo , e l’idea che la finestra temporale per puntare al titolo si chiuda ogni giorno un po’ di più. Golden State, lo si ripete stesso, è stata l’ultima dinastia conosciuta, con 4 titoli in 8 anni – il primo nel 2015, l’ultimo nel 2022 – ed è stata costruita attorno a uno slogan diventato famoso: “Strenght in numbers”, ovvero la forza nei numeri. Uno slogan più attuale che mai, perché è nei numeri che oggi Kerr trova la forza di questi Warriors. Gioca con una rotazione a 13 uomini, 11 dei quali giocano dai 16 ai 29 minuti a sera : è un’idea sostenibile nel lungo periodo? Finché si vince, viene da dire, sì – e Golden State per ora vince. Ma quando arriverà qualche sconfitta in serie? Allora gli ego dei giocatori potrebbero iniziare a emergere, qualcuno potrebbe essere scontento del minutaggio, qualcun altro del ruolo . Draymond Green dice che oggi questi Warriors, a differenza di quelli dello scorso anno, possono mettere in campo tantissimi quintetti diversi, per stili di gioco, e giocare in molte maniere diverse, adattandosi a ogni necessità. E la questione dello stile di gioco è una questione che ci porta dritti ai Cleveland Cavs. I nuovi Cavs nel solco degli Warriors? La sconfitta più netta, fin qui, della stagione di Golden State è stata quella incassata sul campo dei Cavs: 136 punti subiti e un secco -19. Nel post partita sia coach Kerr che Draymond Green hanno detto una cosa interessante: “I Cavs di oggi assomigliano tanto ai primi Warriors della dinastia” . Vero? Non vero? Di certo Atkinson – che gli ultimi anni li ha spesi da assistente allenatore alla bottega di Steve Kerr a Golden State – ha fatto una delle cose che aveva promesso di fare appena assunto dai Cavs: ha messo Evan Mobley al centro del suo progetto. Che il prodotto di USC fosse già, in coppia con Jarrett Allen, il cardine della difesa di Cleveland era tanto risaputo quanto riconosciuto . Che potesse diventarlo anche offensivamente, era tutto da dimostrare. Certo, i finalizzatori restano il solito Mitchell e un rinato Garland ma lo usage rate di Mobley è cresciuto dal 20% a oltre i 23%, subito alle spalle delle coppia di guardia. Spostandolo dalle zone di competenza offensive di Allen, e mettendogli più spesso palla in mano, Atkinson sembra aver risolto quel dilemma che in molti segnalavano come red flag a inizio stagione: l’impossibilità di trovare una quadra a un quintetto con due lunghi non tiratori . I risultati, al momento, danno ragione ad Atkinson e ai Cavs: il primo è diventato l’allenatore con la striscia di vittorie più lunga di sempre al debutto su una nuova panchina; i secondi hanno stabilito un nuovo record di franchigia col miglior avvio di sempre. Milwaukee Bucks: fuori tempo e fuori moda? Che siano, o meno, gli uni i discendenti degli altri , Cleveland e Golden State – e ancora di più i Boston Celtics, campioni in carica e seriamente intenzionati a ripetersi – giocano una pallacanestro che presenta – nelle ovvie differenze da caso a caso – alcuni tratti comuni. La pallacanestro di oggi premia la versatilità, la possibilità di cambiare difensivamente a 5, le spaziature ben fatte , un uso massiccio del tiro da tre punti. E in questo primo mese scarso di stagione regolare c’è una squadra che, forse, sembra andare un po’ “in direzione ostinata e contraria” rispetto a questi dettami: i Milwaukee Bucks. Che sono ai primi posti nella lega per numero di tiri presi dalla media distanza e solo ventiduesimi su trenta per volume di tiri da tre presi dagli angoli ; che vanno tanto a cercare conclusioni in post basso, più di tutti – e per distacco - nella lega ; che giocano con spaziature spesso rivedibili – Antetokounmpo nella sua eccezionalità è giocatore non facile da incorporare in un sistema – e dove la palla non sembra muoversi tanto . C’è chi punta il dito su coach Doc Rivers, forse non il più moderno degli allenatori NBA per concetti di pallacanestro, ma dopo il titolo del 2021 i Bucks sono usciti in semifinale di conference l’anno successivo, al primo turno di playoff nel 2023 e ancora al primo turno l’anno scorso – il declino sembra essere già iniziato ben prima che Rivers si sedesse sulla panchina di Milwaukee. Sono solo tre settimane di pallacanestro, non più di una dozzina di partite in archivio su una stagione che ne dura 82. Per questo motivo quelli che avete letto qui sopra non sono giudizi, e tanto meno verdetti: sono impressioni, come detto all’inizio. Segnali. Tracce. Dipinte sulla sabbia, per il momento: possono cambiare - anzi, con ogni probabilità cambieranno – ma è proprio per quello che è interessante seguire tutti gli sviluppi di un campionato che è sempre pronto a produrre nuovi temi e nuove tendenze.

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