A nemmeno 22 anni, Niccolò Martinenghi conquista la medaglia di bronzo nei 100 rana. Con un volto da divo del cinema e il sorriso sempre stampato in faccia, è entrato nella storia grazie alla sua abnegazione granitica. "Guardavo le finali su YouTube, ho fatto fatica ad addormentarmi", le parole di Tete. "Ora guardiamo verso Parigi 2024", ha detto il tecnico Marco Pedoja
Ha un volto da divo del cinema, ha il sorriso sempre stampato in faccia, ma la qualità che più impressiona in Nicolò Martinenghi non appare all’esterno: è l’abnegazione granitica con cui ha deciso di diventare un medagliato olimpico. Baciato da madre natura, nato predestinato, Tete – così lo chiamano tutti - compirà 22 anni il primo agosto. A livello giovanile ha vinto tutto, è ancora suo l’attuale record del mondo junior dei 100 rana (59”01, Indianapolis 2017). Sembrava avere una strada spianata per dominare anche tra i grandi. E invece proprio nel momento più delicato, nel passaggio da junior a senior, quando era già corteggiato da sponsor e prefigurava la consacrazione, Martinenghi si è dovuto fermare. Un brusco stop, un temibile infortunio all’osso pubico lo ha tenuto inchiodato ai box per quasi un anno (2018). Nicolò ci ha sofferto, in un primo momento si è chiuso in sé stesso, spettatore forzato delle gare degli altri. In soccorso sono arrivati mamma Alessandra, papà Samuele e il fratello Jacopo di 2 anni più grande. Una famiglia unitissima insieme ad un allenatore, Marco Pedoja, che è stato fondamentale nel recupero, in primis psicologico, del ragazzo.
Il temuto addio al nuoto e la rinascita
Poteva essere un cortocircuito, qualcuno nell’ambiente temeva pure un addio al nuoto, e invece il varesino – vive ad Azzate – in silenzio si è fortificato. Poteva sprofondare e invece è tornato a brillare. Una volta smaltiti i chili accumulati durante i mesi senza acqua l’azzurro ha focalizzato l’obiettivo della vita: salire sul podio olimpico. Ha messo in cantiere la qualificazione per Tokyo con grande anticipo, nel dicembre 2019, con un nuovo record italiano (58.75) che di mese in mese ha ogni volta limato, adesso vale 58”28, stampato proprio in semifinale qui a Tokyo. A dirla tutta, anche dopo aver strappato il pass olimpica, ha avuto una strada in salita, la sua piscina di Brebbia è rimasta chiusa a causa della pandemia, insieme a Pedoja hanno fatto i pendolari, macinato Km per spostarsi, nuotare un giorno a Milano, poi a Legnano, o in collegiale all’estero. Concentrato e sicuro, anche a costo di sembrare sbruffone, e non lo è, persino troppo educato. Anche a costo di peccare di presunzione, come accaduto nei 100 rana agli Europei di Budapest dello scorso maggio con un banale quinto posto non alla sua altezza. Adam Peaty è il marziano che ha rivoluzionato lo stile della rana, il mondo deve ancora lottare per scendere sotto il muro dei 58 secondi (ci sono riusciti solo in due, Peaty appunto e l’olandese Kamminga medaglia d’argento oggi), il britannico ha già scollinato la barriera dei 57”, in acqua equivale a ciò che è stato Usain Bolt in pista. E sapendo di aver davanti un mostro simile, gli stimoli rischiano di azzerarsi. “No no, io devo essere solo orgoglioso di essere nato nella sua era, di poter competere con Adam, ogni volta imparo qualcosa in più gareggiando al suo fianco. Il suo strapotere non mi demoralizza, anzi mi ha sempre gasato a far meglio”, il mantra di Martinenghi.
Da Fioravanti a Martinenghi, la rana azzurra ai Giochi
La rana azzurra ci ha spalancato le porte della storia a cinque cerchi, il 17 settembre 2000 la prima medaglia d’oro olimpica di Domenico Fioravanti nei 100 rana, l’apoteosi per la piccola Italia del nuoto. Su quel podio australiano gli azzurri furono due, aggiungendoci il bronzo di Davide Rummolo allenato da un giovane Gianni Nagni che ora ricopre il ruolo di direttore generale del nuoto del Circolo Canottieri Aniene, società di appartenenza di Martinenghi. “Nicolò se la merita tutta questa soddisfazione enorme. Il suo talento è davanti agli occhi di tutti, in pochi magari conoscono la sua generosità. Io voglio sottolineo la maturità mentale con cui ha saputo gestire i tre turni di gara, sin dalle batterie”, sottolinea Nagni.
Martinenghi: "Guardavo le finali su Youtube, ho fatto fatica a dormire"
Emozioni che rimangono indelebili nel cuore e nella testa. “Io la finale olimpica fino a ieri la guardavo su Youtube, e la notte scorsa ho fatto fatica ad addormentarmi al solo pensiero di esserci”, ammette raggiante Nicolò. “Dedico questo bronzo al mio primo allenatore Franco che sta vivendo un periodo difficile. Ringrazio tantissimo anche il mio allenatore Marco Pedoja perché sapevamo entrambi da dove partivamo e qual era il nostro obiettivo”.
L'aperitivo 'Apollo 11' e la strada verso Parigi
A Varese all’ora dell’aperitivo tutti bevono l’“Apollo 11” un raffinato cocktail dal color rosa. Lo ha creato il nonno di Martinenghi, Pietro Pirola, per omaggiare lo sbarco del primo uomo sulla Luna il 20 luglio 1969. Non sapeva nonno Pietro che avrebbe avuto in casa un nipote capace di andare nell’orbita olimpica con la sua rana. E mica è finita: “Abbiamo un’altra strada da iniziare a percorrere, quella verso Parigi 2024”, chiosa il tecnico Pedoja.