Pagaiando via dal dolore: la straordinaria storia di Isaquias Queiroz

Quando nella vita scegli di pagaiare su una canoa canadese, sai già che un po’ dovrai soffrire. E se i drammi della tua gioventù sono stati davvero tanti, non sarà di certo gareggiare mantenendo una posizione di affondo, con un ginocchio appoggiato e l’altra gamba piegata in avanti, a spaventarti. Isaquias Queiroz di paure non sembra davvero averne più: in canoa ha trovato il modo di superare ogni dolore, fino a raggiungere il mito. Isaquias nasce in Brasile, a Ubaitaba, nel 1994, in una famiglia che definire numerosa è riduttivo, una famiglia in cui le possibilità non sono poche, praticamente non esistono. I figli sono nove in totale e la mamma Dona Dilma fa lavori umili per tirare avanti. La sua infanzia sembra un film: la sceneggiatura è crudele e piena di colpi di scena, quasi al limite dell’irreale. Il primo fattaccio avviene nel 1997: il piccolo Isaquias ha tre anni e una padella di acqua bollente gli finisce addosso, ustionandolo quasi mortalmente. In un mese intero di ospedale i medici non danno mai speranze alla mamma che esasperata decide di riportarlo a casa: “Mio figlio non morirà”, dice Dona Dilma che infatti lo salva, ridandogli l’affetto di una casa tanto umile quanto piena d’amore. Passano appena due anni e la sorte, di nuovo, si accanisce contro di lui. Negli anni conclusivi del 1900, finisce nel mirino di una gang. Sono trafficanti di bambini. Lo rapiscono. Anche in questo caso è Dona Dilma a riuscire a ritrovarlo e riportarlo a casa. Ma non è tutto: sì, l’infanzia di Isaquias ha un altro episodio che lascerà il segno per tutta la vita, anche in quella da atleta. Il vivace ragazzino, dieci anni appena compiuti, ama giocare, osserva da vicino gli animali, si arrampica. Un giorno, per inseguire un serpente cade da un albero e sbatte violentemente contro una pietra. Altra corsa all’ospedale dove, stavolta, gli viene rimosso un rene. Lì nasce il suo primo soprannome, Sem Rim, che in portoghese significa proprio senza un rene. Certo, un po’ di sport per favorire il recupero sembra essere una buona soluzione, ma l’unico modo per praticarlo è quello di aderire a un progetto sociale a Bahia. E qui, finalmente, l’illuminazione: l’incontro con l’oggetto che darà a Isaquias la gioia di cui la vita gli è, fino a ora, debitrice. E’ la canoa. Un amore, reciproco, immediato. Che, in quanto divertimento, inizialmente deve spartirsi il tempo con i piccoli lavoretti che il ragazzo fa per dare una mano in casa: pulizie, la vendita ambulante ai semafori. No, così non va bene. Il suo allenatore, che ne percepisce immediatamente il talento, lo convince a dedicarsi completamente al suo sport. Queiroz non può continuare a Bahia: un po’ per le distrazioni extra sportive, un po’ perché nella sua categoria non c’è concorrenza reale e dunque le gare non sono adatte a lui. L’adolescenza inizia a restituirgli qualcosa: si trasferisce a Rio, che sarà la città che farà di lui un eroe nazionale. Prima dei successi, la trafila giovanile con i titoli mondiali junior prima e senior poi. Il giovane campione però, proprio nell’Olimpiade di casa di otto anni fa, trova la sua espressione di grandezza a cinque cerchi. La prima, non la massima. A Rio, infatti, porta a casa tre medaglie. Due argenti e un bronzo tra gare individuali e in coppia. Lì si cementa l’ammirazione verso un suo rivale. Si tratta di un ragazzo tedesco, Sebastian Brendel. Classe ’88, spesso protagonista di grandi duelli con Isaquias: tanto che il brasiliano, nel 2017, quando diventa per la prima volta papà, decide di chiamare il primo figlio Sebastian, nella speranza che l’erede assorba anche i pregi dello stimato rivale. Poi arriva Tokyo e lì Isaquias corona il suo sogno d’oro, porta a casa la medaglia individuale sui 1000 metri. Premi su premi, un altro bambino Luigi e poi la chiamata dal comitato olimpico brasiliano: ormai è l’uomo più rappresentativo della spedizione e a Parigi porta la bandiera nella cerimonia inaugurale. Bandiera portata sulla Senna, bandiera portata anche sul podio: perché ai Giochi, nel solito mille metri, Queiroz ha vinto ancora una medaglia, quella d’argento. La quinta della sua carriera straordinaria. Una leggenda che a trent’anni non si arrende: l’appuntamento l’ha già fissato per Los Angeles, il suo sogno è di arricchire ancora il suo personale medagliere olimpico. Lo aspettiamo, perché la vita gli deve ancora tanto.