Tara e Hunter, atto II: la coppia d'oro di Parigi si ripete

“Loro due che magari torneranno negli Stati Uniti con due medaglie d’oro al collo. Loro due che sono capaci di far commuovere il mondo semplicemente vivendo e condividendo”. Era inizio agosto e con queste parole chiudevamo il racconto della storia d’amore di Tara Davis e Hunter Woodhall. È inizio settembre e Loro sono tornati negli Stati Uniti con due medaglie d’oro al collo. Loro hanno di nuovo fatto commuovere il mondo. È stata la volta di Hunter, dell’atleta paralimpico che da quando ha 11 mesi di vita porta due protesi alle gambe amputate. A Parigi Woodhall ha dapprima gareggiato nei 100 metri arrivando sesto in finale, ma il vero obiettivo era vincere il giro della morte. A Rio e a Tokyo, le altre due edizioni paralimpiche a cui aveva partecipato era salito sul terzo gradino del podio nei 400. Nel 2023 ai Mondiali di Parigi – sì, avete capito bene…di Parigi! – una delle due protesi si era danneggiata nel riscaldamento dieci minuti prima della call room per la finale. Avevano cercato di sistemarla in tempo, ma sui blocchi di partenza si era rotta definitivamente e Hunter aveva dovuto ritirarsi. In quell’occasione le telecamere riprendevano un inconsolabile Woodhall, abbracciato dalla moglie, a bordo pista costretto ad assistere da spettatore alla gara che avrebbe potuto vincere di fronte al mondo intero. Ma la città dell’amore aveva in serbo un finale migliore, un finale degno della loro storia. Un anno dopo, sempre a Parigi, Hunter Woodhall è diventato il nuovo campione olimpico dei 400 metri. È stato il più veloce di tutti come se il macigno del passato e tutto quello che era stato scritto in un mese dopo la vittoria della moglie non avesse peso sulle sue spalle. Era troppo bello e perfetto per essere vero eppure è successo. Tra l’altro se andate a vedere il suo palmares vi accorgerete che prima di Parigi non aveva mai vinto una medaglia d’oro a livello internazionale. Così quando è salito sul podio paralimpico e ha ascoltato l’inno nazionale degli Stati Uniti D’America sono scese di nuovo le lacrime, questa volta di gioia e di orgoglio. “È la prima volta che l’inno suona per me!” avrebbe detto una volta sceso dal gradino più alto per essere accolto dall’abbraccio di Tara. Tara che gli è sempre stata accanto nei momenti importanti dal loro primo incontro nel 2017. Il segreto del loro successo congiunto sta proprio nell’essere sempre l’una al fianco dell’altro e viceversa. Si allenano insieme, vivono insieme, raccontano le loro giornate su un canale YouTube aperto insieme, hanno una pagina Instagram insieme ‘thewoodhalls’ che nelle ore e nei giorni successivi alla vittoria di Hunter è stata riempita di affetto da parte degli appassionati di tutto il mondo. Dalle ‘collab’, ai ‘mi piace’, dai ‘commenti’ alle ‘ricondivisioni’: la coppia d’oro di Parigi è irresistibile. Avevo incontrato Tara dopo la sua vittoria al Golden Gala di Roma con cui ha chiuso la stagione, esattamente una settimana prima dell’oro olimpico vinto dal marito, e alla domanda “Quando parti per Parigi?” lei aveva risposto: “Domani – e poi guardando la camera –. Non potete perdervi le paralimpiadi, guardatele perché sono bellissime!” E questa è la combinazione segreta per cui entrambi hanno trovato il successo nel 2024: si sostengono a vicenda, ma soprattutto nessuno dei due oscura l’altra/o. Quando è stato il momento di Tara, Hunter era uno spettatore, aveva lasciato i riflettori puntati su di lei e quando è stato il momento di Hunter, Tara è rimasta a guardare e tifare con la sua medaglia d’oro al collo come talismano per il marito. Se Tara è una di quelle persone che sorride con gli occhi e travolge con il suo entusiasmo, facendo spesso quello che non ti aspetti come indossare cappello e stivali da cowboy o buttarsi di schiena nella sabbia dopo aver vinto le Olimpiadi, Hunter non è da meno. Il suo sorriso è dolce e i suoi occhi determinati e profondi come quelli di una persona che ne ha viste tante nella vita. Non da ultima la morte per cancro dello zio Wyatt a cui era molto legato. A raccontare la loro storia al mondo intero è stato Hunter stesso che appena tagliato il traguardo si è tolto il pettorale e l’ha girato mostrando la scritta: “Wyatt Woodhall. This one is for you ”. In un’intervista video pubblicata sul profilo instagram del Team Usa Hunter ha spiegato la difficoltà di crescere da bambino con una disabilità principalmente perché è difficile trovare delle persone che credano genuinamente in te. “Mio zio Wyatt è stata quella persona per me – ha svelato -, è sempre venuto alle mie gare da ragazzo, supportandomi, viaggiando con me ed emozionandosi per quello che facevo”. Il papà di Hunter è stato adottato dalla famiglia Woodhall, proprio da Wyatt che ha dato a Hunter, e di conseguenza molti anni dopo Tara, il cognome Woodhall. “Significa molto essere un Woodhall – ha assicurato Hunter – e quell’uomo ha lasciato un’eredità alla nostra famiglia che durerà per sempre”. Altre lacrime hanno rigato il volto di Hunter nel ricordare i valori che lo zio gli ha trasmetto e l’opportunità che ha dato alla sua famiglia. Lui, come sappiamo, è nato in Georgia e cresciuto nello Utah, ma suo padre e sua madre vengono dal Montana. Nel 2021, poco dopo la morte di Wyatt Woodhall, aveva spiegato come le sue radici del Montana e il ricordo dello zio gli dessero la forza e la motivazione per compiere grandi imprese: “La mia famiglia era a Parigi a tifarmi e tutti sentivamo che Wyatt era lì nel pubblico con noi – ha raccontato un commosso Hunter –, lui mi ha dato la spinta per i 100 metri finali. Lui mi ha aiutato a vincere”. Dopo la dedica allo zio Wyatt, Hunter è corso ad abbracciare la moglie Tara per riproporre la cartolina di inizio agosto solo a facce invertite. Il loro momento preferito a Parigi? Per Tara la vittoria del marito e per Hunter il successo della moglie, esattamente “quando lo stadio è impazzito per te e tutti battevano le mani all’unisono per i tuoi salti: l’esperienza sportiva più irreale che abbia mai vissuto”. Ma come si fa a non adorarli? Soprattutto per la loro genuinità, per la loro capacità di far emergere l’umanità. Sono stati bambini con difficoltà, giovani atleti con preoccupazioni, professionisti con delusioni, e poi sono diventati anche due campioni olimpici. E quando viene mostrata a entrambi la loro foto da bambini Tara ha detto alla piccola sé stessa: “Non rinunciare mai ai tuoi sogni”, e Hunter al piccolo sé stesso: “Sii orgoglioso di essere diverso”. Perché alla fine tutto si è risolto per il meglio e ora hanno a fianco la persona perfetta per esprimere la migliore versione di loro stessi. Grazie Tara e Hunter, per averci reso spettatori e narratori emozionati della vostra storia. Grazie per averci permesso di immedesimarci in voi. Grazie per averci dimostrato che anche dei semplici esseri umani con grandi sogni un giorno possono salire insieme sull’Olimpo.

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