Rugby, spettacolo all'Autumn Nations Series: il bilancio in attesa della World Cup 2023
Autumn SeriesÈ stato un mese pirotecnico per la palla ovale dove non sono mancate incredibili sorprese e prime volte, ma anche conferme e grandi delusioni. Riavvolgiamo il nastro e vediamo come sono andate le cose, con vista sulla Coppa del mondo del 2023, che sarà trasmessa su Sky Sport e in streaming su NOW
Un novembre come sempre intenso e dalle molte sfaccettature quello del rugby internazionale e delle Autumn Nations Series, tra promosse, rimandate e bocciate a meno di un anno dalla prossima Coppa del Mondo che si disputerà tra settembre ed ottobre 2023 in Francia e con, nel mezzo, il solo torneo Sei Nazioni e gli ultimi test pre-mondiale per provare a trovare le soluzioni definitive in vista della kermesse iridata.
L’emisfero sud: bene Nuova Zelanda e Sudafrica. Da rivedere Australia e Argentina
Le nazionali down under già da alcuni anni non recitano più la parte del padrone, ma rimangono comunque vicinissime e pronte alla zampata, in particolare Nuova Zelanda e Sudafrica, appena dietro Irlanda e Francia pure nel ranking World Rugby, dove l’Australia è riuscita all’ultimo a risalire due posizioni. Gli All Blacks, apparsi in ombra nelle ultime uscite portando a non poche critiche sulla figura del nuovo tecnico Ian Foster, hanno chiuso la serie autunnale da imbattuti, vincendo contro Giappone (31-38), Galles (23-55), Scozia (23-31) e subendo la rimonta finale a Twickenham da parte di un’Inghilterra che, poi, ha deciso di accontentarsi del pareggio 25-25, in uno dei match più drammatici della serie.
Gli Springboks chiudono il loro novembre con un saldo di perfetto equilibrio: due successi e due sconfitte, entrambe di stretta misura contro le due nazionali guida della classifica mondiale, Irlanda (19-16) e Francia (30-26), in un match quest’ultimo di rara intensità e fisicità agonistica, tra infortuni, cartellini e polemiche arbitrali. Su questo versante la Rainbow Nation dovrà risolvere quanto prima la grana dell’eccessiva verve sociale, per così dire, del suo director of rugby, Rassie Erasmus, squalificato proprio dopo il test con i Galletti per le sue dichiarazioni post partita.
Chiusura su una nota alta per Kolisi e compagni con i successi a Genova sull’Italia (21-63) e a Londra contro l’Inghilterra (13-27). Muscoli e potenza non mancano, ma resta da risolvere qualcosa in cabina di regia con diversi giocatori adattati e assenze di peso.
Due vittorie di misura e tre sconfitte, tra cui quella storica per 28-27 a Firenze contro l’Italia, per uno dei pazienti di lungo corso nel rugby mondiale, l’Australia di Dave Rennie. A onor del vero, va anche detto che tutti i risultati sono arrivati in maniera risicatissima. Un punto ha deciso le sorti favorevoli e avverse contro Scozia (15-16) e Francia (30-29), quest’ultima tra le partite più combattute di novembre, decisa dalla meta nel finale di gara del fuoriclasse Penaud (principale candidato con il “nostro” Capuozzo e il neozelandese Savea al titolo di giocatore delle Autumn Nations Series, e secondo la stampa d’oltralpe conteso da Tolosa per strapparlo al suo attuale club Clermont). Detto del successo azzurro al Franchi, l’altra sconfitta è arrivata a Dublino (13-10), mentre nell’ultimo test a Cardiff, esame incrociato per i due tecnici Rennie e Pivac, i Wallabies sono riusciti a sovvertire la situazione nell’ultimo quarto con un’incredibile rimonta che li ha visti trionfare 34-39 al Principality Stadium, inguaiando ulteriormente i Dragoni, capaci di conquistare un unico successo contro l’Argentina (20-13).
I Pumas restano una delle grandi incompiute perché oltre alla sconfitta al Millenium hanno rimediato un pesante 52-29 in Scozia, mentre la squadra di Michael Cheika si era presentata con un roboante 29-30 a Twickenham sull’Inghilterra.
Le Europee: l’anno perfetto della Francia, le conferme dell’Irlanda
Il XV della rosa rimane ampiamente da rivedere in ottica Rugby World Cup e, in patria, continuano gli attacchi frontali al tecnico Eddie Jones, per il quale si vocifera di un possibile approdo statunitense, ma anche di interesse di altre nazioni come la sorprendente Georgia, dopo la manifestazione transalpina del prossimo anno.
Gli albionici sono riusciti ad avere la meglio soltanto del Giappone (52-13), impattando come già detto contro la Nuova Zelanda e perdendo con Argentina e Sudafrica.
In Scozia l’autunno si è aperto tra dibattiti e polemiche accese per l’esclusione da parte di coach Gregor Townsend del mercuriale talento Finn Russell, accusato di scarsa condizione fisica – questo a livello ufficiale, ma i motivi sarebbero da ricercare altrove nel pessimo rapporto tra il tecnico e il mediano di apertura del Racing 92, che con il club di Parigi ha infatti inanellato una serie di prestazioni da top player e continua, a detta dell’ex allenatore dei calci anche dell’Italia Philippe Doussy, ad allenarsi in maniera assidua, avendo anche perso peso e con una grande determinazione originata anche dall’attesa del primogenito di famiglia.
Dopo l’assenza nella sconfitta contro l’Australia e nella vittoria poco convincente contro Fiji (28-12), l’ex allenatore dei Glasgow Warriors è stato costretto, anche causa infortuni, a rivedere le sue preferenze su Blair Kinghorn e Adam Hastings, richiamando Russell per il ko contro gli All Blacks e nella vittoria conclusiva contro l’Argentina.
Chi è messo sicuramente peggio è, tuttavia, il Galles, dove Pivac è ormai sul banco degli imputati e si vocifera di un possibile ritorno a tempo determinato fino al mondiale di Warren Gatland, uno che sarebbe disponibile per un periodo limitato e che conosce benissimo l’ambiente. Sconfitta pesante contro la Nuova Zelanda che continua a far aumentare gli anni di assenza di vittorie contro la nazione della grande nuvola bianca, vittoria striminzita e poco spettacolare sull’Argentina e sconfitta contro l’Australia quando a 20’ dalla fine i gallesi erano avanti 34-13. Nel mezzo la debacle choc contro la Georgia per 12-13, primo storico successo dei Lelos in trasferta su una nazionale di prima fascia.
Vanno decisamente meglio le cose ad Irlanda e Francia, le prime due forze con giusto merito della classifica mondiale. L’Irlanda dovrà sfruttare il picco di maturazione della rosa a disposizione di Andy Farrell prima dell’inevitabile ricambio generazionale, un po’ quanto già visto con la truppa dei vari O’Driscoll, O’Gara e O’Connell. Tre vittorie su tre nei test contro Sudafrica, Fiji (35-17) e Australia.
La Francia, dal canto suo, con lo stesso numero di vittorie ha raggiunto quota 13 successi consecutivi nell’anno solare, diventando la terza nazionale a completare l’impresa. Battute Australia, Sudafrica e Giappone (35-17) cementando ulteriormente il gruppo che pone gli uomini di Galthiè come principali favoriti sia al prossimo Sei Nazioni che alla Coppa del Mondo da Paese organizzatore. Un obiettivo costruito sulla base di una profondità di squadra sulla quale nessun’altra nazione può contare e impostato già da anni per “vendicare” quanto successo con la sconfitta in semifinale contro l’Inghilterra nell’altra edizione mondiale ospitata in casa nel 2007 e vinta dal Sudafrica.
Azzurri nella storia
E poi c’è l’Italia, promossa per una volta a pieni voti dal novembre internazionale. Sì, è arrivata in chiusura la sconfitta contro il Sudafrica al Ferraris, tenendo come in passato soltanto un tempo, ma anche la vittoria convincente e senza storia a Padova contro Samoa (49-17) e soprattutto il primo leggendario successo sull’Australia. Kieran Crowley ha impostato il lavoro con la consueta dedizione che gli si addice ed era e rimane attualmente l’uomo giusto per risollevare le sorti degli Azzurri dopo le vicissitudini recenti e gli scarsi risultati dei suoi predecessori, potendo anche contare sull’innesto di giovani di qualità provenienti dall’under 20 dei record di Massimo Brunello. Il futuro, insomma, potrebbe sorriderci.
Le altre e i riconoscimenti World Rugby
Già detto del clamoroso successo della Georgia sul Galles, arrivato una settimana dopo l’interruzione della striscia positiva di 8 partite con la sconfitta di misura contro Samoa (19-20), il risultato più significativo nel resto del mondo è il pareggio 16-16 tra Portogallo e Usa nella finale di qualificazione alla Coppa del Mondo che ha consentito, con un calcio piazzato allo scadere, ai lusitani di staccare l’ultimo pass disponibile per Francia 2023.
L’autunno di Sky Sport ha visto protagonista pure il rugby femminile, in una competizione anche in questo caso oltremodo storica. Per la prima volta in una competizione mondiale, l’Italia di Andrea Di Giandomenico si è qualificata ai quarti di finale, così come una primizia assoluta sono state le semifinali perfetta rappresentazione dell’attuale situazione mondiale, con sfide incrociate tra le prime quattro del ranking.
A sorpresa, pronostico della vigilia sovvertito con le padrone di casa della Nuova Zelanda (altra prima volta per la Coppa del Mondo al femminile disputata down under) capaci di invertire la rotta di appena qualche mese prima dell’avvio della competizione e sconfiggere in un Eden Park gremito per 34-31 l’Inghilterra super favorita. Terzo posto per la Francia in un match senza storia (36-0) contro un Canada unica squadra non professionistica tra le semifinaliste e che già aveva dato tutto nella semifinale contro le Red Roses. Lo sforzo delle Black Ferns è stato premiato nel Principato di Monaco nella consueta cerimonia degli awards di World Rugby, riconoscendo a Wayne Smith il titolo di allenatore dell’anno. E pensare che solo un anno fa sembrava essersi ritirato dall’attività e invece ora, l’ex Casale e Treviso che parla ancora benissimo l’italiano e che nella penisola viene sempre molto volentieri, potrà fregiarsi di essere tra i pochissimi a vantare un titolo mondiale conquistato alla guida di selezioni sia maschili che femminili. Con lui, premiata pure Ruby Tui come rivelazione dell’anno (titolo che al maschile, come già annunciato, è andato all’azzurro Ange Capuozzo) e Ruahei Demant come miglior giocatrice, che nel maschile ha visto invece la conferma dell’Irlanda con lo statuario Josh van der Flier, terza linea di origini olandesi terzo irish ad ottenere il riconoscimento dopo il tallonatore Keith Wood nel 2001 e l’apertura Johnny Sexton nel 2018.