LA MEMORIA. Era il 17 ottobre 1968: ai Giochi di Città del Messico, dopo la finale dei 200 maschili, gli americani Tommie Smith (oro) e John Carlos (bronzo) alzano il pugno nel guanto nero. Un gesto entrato nella Storia. GUARDA IL VIDEO
I loro nomi sono tornati sulla bocca di tutti alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino, quando si ipotizzavano proteste da parte degli atleti per la situazione del Tibet. In quei giorni Tommie Smith e John Carlos sono stati intervistati dai media di tutto il mondo per ricordare ciò che accadde esattamente quarant'anni fa, ai Giochi di Città del Messico.
E' il Sessantotto, bellezza - E' il Sessantotto, l'anno della contestazione giovanile e delle sommosse nei ghetti neri d'America, il 4 aprile hanno ucciso Martin Luther King, il 5 giugno Robert Kennedy. Il 3 ottobre, alla vigilia dei Giochi, l'esercito apre il fuoco contro gli studenti che manifestano a Città del Messico: più di venti i morti. In una città sotto assedio il 12 ottobre si aprono le XIX Olimpiadi. Il 17 si corre la finale dei 200 metri maschili. I tre medagliati sono sul podio: gli statunitensi Tommie Smith (oro con il primato mondiale di 19"83) e John Carlos (bronzo) e l'australiano Peter Norman (argento).
I due afroamericani hanno una mano guantata di nero (rispettivamente Smith la destra e Carlos la sinistra), una coccarda nera e sono senza scarpe: indossano i "pimp socks", i calzini neri che nello slang dei ghetti hanno un significato di protesta. Ognuno ha con sé una sola calzatura, che posa sul gradino del podio. Alle prime note dell'inno statunitense i due velocisti levano il pugno guantato verso l'alto e chinano il viso.
La rabbia dell'establishment - Le reazioni al clamoroso gesto di denuncia sulla condizione dei neri d'America sono immediate. "Se ne pentiranno per il resto della loro vita", esclama Payton Jordan, allenatore capo della squadra statunitense. Ma che ci fosse qualcosa nell'aria lo aveva capito anche Avery Brundage, ottantunenne presidente del Cio, che aveva preferito rinunciare a consegnare le medaglie ai propri connazionali lasciando "l'onore" Lord David Burghley, inglese oro nei 400 ostacoli ai Giochi del 1928 e presidente della Federazione internazionale di atletica leggera.
Sia Smith che Carlos si erano segnalati per la loro attività in difesa dei diritti dei neri d'America. Entrambi nel novembre del 1967 avevano partecipato a Los Angeles alla Conferenza della gioventù nera, animata dall'ex discobolo e professore di sociologia Harri Edwards, leader dell'organizzazione "Black Power". E' proprio lui a chiedere agli atleti neri di boicottare le imminenti Olimpiadi: Smith è d'accordo e lo è anche Lee Evans, formidabile quattrocentista che proprio in Messico conquisterà l'oro con un record (43"86) che durerà addirittura venti anni.
Le premesse al Villaggio Olimpico - Al villaggio di Città del Messico qualcuno protesta perché molti atleti neri indossano un distintivo con la scritta "Olympic Project for Human Rights": "E' un chiaro avvertimento ai dirigenti internazionali e americani", spiegano minacciosi Smith e Carlos. In pochi, comunque, si accorgono della protesta di Charlie Greene nel corso della premiazione dei 100 metri: alla consegna della medaglia d'argento anche lui solleva il pugno guantato di nero, ma molti, anche perché l'atleta si era più volte dichiarato contrario al "Black Power", interpretano il gesto più come rabbia per la mancata vittoria che come una protesta sociale. Dopo la finale dei 200, invece, l'atmosfera è totalmente differente. Alla conferenza stampa Smith e Carlos spiegano che i calzini neri rammentano la miseria, il guanto nero ricorda i lutti degli afroamericani e il pugno chiuso rappresenta la lotta dei neri d'America.
Ostracismo contro Smith e Carlos - La reazione delle istituzioni è durissima. Il Comitato olimpico statunitense, supportato dal Cio, decide di espellere Smith e Carlos, che non lasceranno immediatamente il villaggio solo per mancanza di posti in aereo. Ma i due ricevono anche la solidarietà di molti atleti bianchi (il leggendario discobolo Al Oerter su tutti) ed Evans, James e Freeman si presentano sul podio dei 400 con un basco nero in testa, con la scusa della pioggia. Al rientro in patria Smith e Carlos avranno vita difficile ma riusciranno ad affrancarsi. Il primo farà l'allenatore in vari college. Carlos nel 1977 avvierà a Los Angeles un progetto per incoraggiare l'istruzione dei bambini del ghetto. Nel febbraio 1982 il comitato organizzatore dei Giochi di Los Angeles lo assumerà per promuovere fra i neri della città l'immagine delle Olimpiadi.
Ma alla fine la Hall of Fame - Entrambi hanno trovato posto nella Hall of Fame dell'atletica statunitense. Nel 2005 si ritrovarono insieme a Norman, morto due anni fa, in occasione dell'inagurazione di un monumento che ricordava quella celeberrima protesta. Tutti e tre consapevoli di avere scritto una pagina di storia. Non solo sportiva.