La scherma azzurra torna in pedana dopo 1 anno senza gare. Termina la presidenza di Scarso

Scherma

Le nazionali italiane di fioretto, sciabola e spada stanno finalmente per tornare in pedana. La scherma è lo sport che ha maggiormente sofferto la pandemia, l’ultima gara internazionale è datata marzo 2020. Da domenica non sarà più presidente della Federscherma Giorgio Scarso, i ricordi e gli aneddoti dei suoi 16 da numero uno delle lame azzurre. Il futuro? Contrastare il troppo potere politico della Russia

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Le pedane della scherma stanno per riprendere vita, finalmente. Tirano un sospiro di sollievo i campioni azzurri di fioretto, sciabola e spada, che hanno patito il lungo digiuno di gare a causa del Covid-19. A differenza di tutti gli altri sport che hanno ripreso l’attività -tra campionati, Coppe o Mondiali- la scherma da quasi un anno è a secco di competizioni internazionali, esattamente dall’8 marzo 2020 quando a Budapest si concluse l’ultima giornata del Grand Prix FIE di spada e il giorno dopo l’Italia entrò in lockdown. Dopo i forzati esercizi casalinghi la ripresa è stata in salita così come per tutti gli sport considerati di contatto, i maestri sono tornati ad allenare nella sale d’armi solo a giugno ma dallo scorso marzo le grandi pedane della scherma sono rimaste in silenzio, senza assalti, senza sfide, senza medaglie. Ora si riparte, finalmente: sarà la sciabola la prima a tornare con le gare di Coppa del Mondo a Budapest (11-14 marzo), successivamente toccherà alla spada a Kazan /19-23 marzo) ed infine al fioretto a Doha (26-28 marzo). Gli azzurri scalpitano pensando al countdown olimpico che segna 146 giorni all’inizio dei Giochi di Tokyo 2020+1. Il più emozionato sembra però essere Giorgio Scarso che esattamente 16 anni fa veniva eletto per la prima volta presidente della FederScherma, carica che domenica prossima non rivestirà più, dopo le elezioni federali. Il dirigente siciliano di Modica (Ragusa) non ha voluto ricandidarsi. “Credo che quattro mandati siano un periodo di tempo più che sufficiente. Avrei potuto competere ancora alle elezioni federali anche ottenendo il consenso generale, e lo dico senza presunzione, ma ho un senso del dovere che mi contraddistingue e questa per me è la scelta più giusta”.

La scherma miniera d'oro dell'Italia sportiva

La saggezza di saper quando lasciare la poltrona, esempio raro, da parte di un dirigente che nel corso degli ultimi 3 lustri si è dimostrato abile manager, politico e diplomatico, a capo delle lame azzurre che rappresentano il vero forziere del nostro paese. La scherma è lo sport che ha portato in dote all’Italia più medaglie in assoluto. Prendiamo solo le Olimpiadi, in 29 edizioni dei Giochi dell’era moderna, dal 1896 al 2016, la scherma azzurra ha conquistato 125 medaglie olimpiche (49 ori, 43 argenti e 33 bronzi), con pure un'equa distribuzione territoriale tra Nord, Centro e Sud, perché sciabola, fioretto e spada hanno una capillare diffusione lungo tutto lo stivale e le Isole, merito della tradizione e di una scuola invidiata (e copiata). Nel pianeta scherma quello azzurro è un dominio totale perché nessun Paese al mondo ha vinto più dell’Italia, per intenderci la Francia che è seconda arriva a quota 118 medaglie.

I ricordi di Scarso: dalla tristezza del caso “non doping” di Baldini al successivo oro mondiale

Come sono stati i 16 anni della presidenza di Scarso? Esaltanti, vincenti ma pure complicati e snervanti. L’esordio fu alle Olimpiadi di Pechino 2008, a far da contraltare alla gioia immensa dei due ori (Valentina Vezzali, fioretto, Matteo Tagliariol, spada) ci fu l’amarezza enorme del pseudo-doping di Andrea Baldini che era numero uno del ranking mondiale ma venne fermato alla vigilia della partenza per Pechino (2 agosto 2008) per la positività al furosemide, un diuretico. Il livornese, all’epoca 22enne, sin da subito gridò al complotto e otto mesi dopo (aprile 2019) ottenne giustizia, venne riabilitato dalla Federazione Internazionale di Scherma con tanto di scuse perché il sabotaggio venne provato. “Quell’oro iridato di Andrea Baldini ha rappresentato uno dei momenti più esaltanti dei miei 16 anni da presidente, Giorgio Scarso ha una memoria di ferro, conosce il numero di tutte le medaglie (1768) conquistate durante i suoi quattro mandati ma quel trionfo di Baldini ancora lo emoziona: “Perché è stata una liberazione, una soddisfazione umana per Andrea e per noi che gli siamo sempre stati vicini. Io non posso dimenticare come arrivammo a Pechino alle Olimpiadi, non ci parlava quasi nessuno, eravamo considerati degli appestati, ci fu una presa di posizione molto pesante del mondo della scherma nei confronti della nazionale italiana. Potete ben capire quando, a giustizia finalmente ottenuta, qualche mese dopo Baldini tornò dove meritava, sul tetto del mondo”.

Con Aldo Montano un rapporto rafforzato da una lite

Ci vorrebbe un libro intero per snocciolare considerazioni e aneddoti degli ultimi anni di scherma azzurra, considerata dall’interno al pari di una famiglia. Una famiglia, sia chiaro, anche litigiosa, con un elenco di episodi fumantini che comprendono le sostituzioni di alcuni CT, le feroci rivalità delle donne del fioretto (Vezzali e Di Francisca su tutte), fino all’ultimo contenzioso con Arianna Errigo posta di fronte alla scelta tra sciabola e fioretto. “Un presidente deve essere comprensivo ma pure autoritario. Quando decidemmo di interrompere il rapporto di collaborazione con il CT della sciabola Bauer, che era il mentore di Montano, ci fu la dura reazione di Aldo che addirittura minacciò di cambiare nazionalità. Gli feci capire che umanamente lo capivo, il suo era un gesto di assoluta riconoscenza verso il proprio maestro, ma gli feci pure presente che gli interessi della FederScherma non andavano più in quella direzione. Da allora in poi il rapporto con Aldo Montano è diventato ancora più solido, di grande stima”, aggiunge Scarso parlando dell’oro di Atene 2004 che a 42 anni, da leggenda della sciabola, rincorre a Tokyo la sua quinta partecipazione a cinque cerchi.
 

Nei suoi ultimi giorni da numero uno della scherma italiana c’è solo un unico rammarico: “Rifarei tutto quello che ho fatto, sono sincero. Forse avrei coinvolto di più le famiglie, perché sono una componente fondamentale. I risultati non sono mai frutto del caso, bisogna investire sui giovani e sulle squadre assolute. Bisogna coniugare promozione, crescita e alto livello, sono queste le scommesse per il futuro".

L’assalto al potere politico della Russia nella scherma mondiale

Da lunedì prossimo non sarà più presidente della FederScherma ma quello del 74enne ex maestro di Modica non è un addio, anzi è più un rilancio. Scarso si propone per guidare la Confederazione europea della scherma (EFC), un raggio d’azione allargato che sottintende l’assalto al regno di Alisher Usmanov, il magnate russo uomo di fiducia del presidente Vladimir Putin, ha un impero editoriale in Patria, è stato per 11 anni (fino al 2018) l’azionista di maggioranza dell’Arsenal ma soprattutto dal 2008 è il numero uno della Federazione Internazionale. Scarso non ha mai lesinato stoccate ad Usmanov pur riconoscendone il ruolo di magnate, ha contribuito a portare enormi risorse, ma allo stesso tempo ne è diventato una sorta di padre-padrone. La sua nuova avventura ha il sogno di scardinare l’egemonia russa: “Quando dissi che il doping economico è peggio del doping chimico fui oggetto di un contenzioso. La percezione internazionale dell’operato di Usmanov fa un po’ a cazzotti con quella che dovrebbe invece essere una gestione aperta e democratica. Spetta al nuovo consiglio federale italiano (che verrà eletto domenica 28 febbraio, ndr) decidere chi sarà il candidato alla EFC ma l’Italia ha il dovere di porre alternative. Il mio intento è capire se l'Europa occidentale vuole ricoprire un ruolo più attivo nella scherma di oggi e del futuro”. Abbiamo dunque una certezza, le lame azzurre sono sempre affilate, in pedana e non.