Un rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità sottolinea che “non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo nella diffusione del coronavirus”. Quattro i casi confermati nel mondo, con cani e gatti "vittime" e non "veicoli di trasmissione del virus". Ecco perché occorre preservarli dai padroni infetti
“Non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo nella diffusione del coronavirus”, tuttavia “è importante proteggere gli animali di pazienti affetti da COVID-19, limitando la loro esposizione”, dato che gli studi sperimentali suggeriscono che anche cani e gatti siano occasionalmente suscettibili al contagio. È quanto comunica l’Istituto Superiore di Sanità, pubblicando un rapporto di Umberto Agrimi, direttore del Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria, sottolineando come, nei fin qui rari casi di infezione negli animali, questi ultimi siano stati “incolpevoli vittime” e non “veicoli” di trasmissione. Attenzione dunque a non generare allarmi ingiustificati.
4 casi confermati nel mondo
Il contagio interumano resta la via principale di trasmissione, con il virus che “si è diffuso rapidamente in tutti i continenti, trovando nella specie umana una popolazione recettiva e in grado di permettergli una efficiente trasmissione intraspecifica”, spiega Agrimi. “L'elevata circolazione del virus tra gli esseri umani sembra però non risparmiare, in alcune occasioni, gli animali che condividono con l'uomo ambiente domestico, quotidianità e affetto”, prosegue l’esperto, specificando che, al 2 aprile 2020, a fronte di 800 mila casi confermati nel mondo di coronavirus nell’uomo, sono solamente 4 i casi documentati di positività negli animali da compagnia: due cani e un gatto ad Hong Kong e un gatto in Belgio. E in tutti i casi, all’origine dell’infezione negli animali vi sarebbe la malattia dei loro proprietari, tutti affetti da coronavirus.
No ad allarme ingiustificato
L’ISS sottolinea poi l’importanza di “intensificare gli sforzi per raccogliere ulteriori segnali dell’eventuale comparsa di malattia nei nostri animali da compagnia, evitando tuttavia di generare allarmi ingiustificati”: vivendo a stretto contatto con l’uomo può accadere che contraggano l’infezione ma, “nei casi osservati, gli animali sono stati incolpevoli vittime”. “Non esiste infatti alcuna evidenza che cani o gatti giochino un ruolo nella diffusione epidemica di SARS-CoV-2 che riconosce, invece, nel contagio interumano la via di trasmissione”. La cosa, ovviamente, impone di adottare comportamenti utili a ridurre quanto più possibile l'esposizione degli animali al contagio, evitando, ad esempio, i contatti ravvicinati con il paziente (così come si richiede agli altri membri del nucleo familiare), ed effusioni, adottando le misure igieniche di base come il lavaggio delle mani prima e dopo essere stati a contatto con gli animali, con la lettiera o la scodella del cibo.