90/10, storie di calcio: José Mourinho, la genesi dello 'Special One'

‘Profondo Rosso’ è probabilmente il più famoso e indimenticabile fra i tanti capolavori di Dario Argento, talmente bravo nel creare tensione, sentimenti forti e divisivi, colpi di scena e una suspense tanto costante quanto a volte insostenibile da potersi addirittura permettere di farti vedere nella prima scena del film il volto dell'assassino, mascherandolo da ritratto appeso a una parete. Lo stesso ha fatto un altro maestro indiscusso del thriller calcistico, del trucco e della strategia della tensione come José Mourinho. E il volto dell'assassino era proprio il suo. Visto fin dalla prima apparizione. La prima grande rappresentazione pubblica sul palcoscenico europeo di Dom José aveva già raccontato tutto di lui, di quello che sarebbe diventato il tecnico più geniale, smargiasso, provocatorio e acuminato del successivo quarto di secolo. Di uno che il calcio non lo ha giocato mai a grandi livelli, ma che lo ha capito e maneggiato a suo piacimento come pochissimi altri. Sempre con la stessa ricetta che aveva utilizzato nella sua prima grande avventura, quella in cui aveva trasformato il Porto da nobile in decadenza del calcio portoghese a regina d'Europa. Prendendola al quinto posto in classifica e conquistando sei titoli fra cui i due più importanti del calcio continentale, la Coppa Uefa e la Champions League. Il tutto, in soli due anni e mezzo. La genesi dello ‘Special One’ – quando ancora non si era ancora autonominato tale – si è sviluppata presentando tutti i dettami che poi lo avrebbero reso indimenticabile a Londra, Milano, Madrid, Roma e ovunque sia andato. Prima di tutto la mentalità ferrea delle sue squadre, sempre preparate in maniera certosina per attaccare difendendosi, attraverso una capacità incomparabile di gestire il gruppo, mutuata proprio da quel Bobby Robson di cui fu prima traduttore e poi assistente. Poi l'elevazione a potenza dell'importanza strategica fornita dalla sua personalità, concetto questo imparato lavorando al fianco di Van Gaal a Barcellona: se già a quarant'anni era in grado di rivaleggiare con mostri sacri come Sir Alex Ferguson sul piano dialettico, mentale e anche calcistico, allora qualcosa di speciale doveva avercelo davvero . Infine, la capacità di attrarre sempre il favore della sorte, che per chi non conosce né il calcio né tanto meno il mondo può essere inquadrato come fortuna, ma che invece rappresenta quel tocco magico di cui sono in possesso tutti i grandi. E queste cose José Mourinho le ha sciorinate progressivamente, ma completamente, nei suoi tre anni scarsi al Porto, iniziati raddrizzando la situazione e poi schizzati via come uno shuttle che decolla alla volta dello spazio. Con quella vittoria in Coppa Uefa ottenuta facendo fuori la fortissima e favorita Lazio di Mancini in semifinale e poi vincendo, contro il Celtic, una delle finali più belle della storia recente della competizione. E infine la Champions, forse nell'edizione più folle di sempre, vinta nel 2004 in quello che è stato l'anno calcistico più pazzo di questo millennio. Visto che oltre a incoronare il Porto vide anche la Grecia diventare campione d'Europa... Di José Mourinho si è detto e si continua a dire tutto e il contrario di tutto, probabilmente anche in modo legittimo visto che parliamo di uno dei personaggi più ambivalenti, controversi e profondi di questa epoca di calcio. Ma non si può dire che non sia stato sincero fin dall'inizio! Perché, se seguite questo racconto, capirete che davvero ci aveva detto tutto subito... PUNTATA 3: L'ARSENAL DEGLI 'INVINCIBLES' PUNTATA 2: IL GOLAZO DI ZINEDINE ZIDANE PUNTATA 1: IL 1993 DI ROBERTO BAGGIO

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Stefano Borghi