Non solo De Rossi alla Roma: gli allenatori che hanno iniziato da loro ex squadre
CAMPO E PANCHINA
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Iniziare la carriera in panchina in un club dove avevano giocato, spesso lasciando un ottimo ricordo. Ex bandiera in campo, dopo la primissima esperienza da allenatore alla Spal, Daniele De Rossi guiderà la 'sua' Roma dopo l'esonero di Mourinho. È solo l'ultimo di una lista che conferma una tendenza più frequente di quanto si creda
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- Aveva chiuso la carriera al Boca Juniors e iniziato in panchina tra la Nazionale (assistente di Mancini) e la Spal in Serie B. In realtà, l'amore tra l'ex centrocampista giallorosso e la sua Roma non è mai finito: oltre 600 partite ufficiali (2° solo all'amico Francesco Totti) per De Rossi, diventato l'allenatore della sua squadra del cuore dopo l'esonero di José Mourinho
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- L'esempio, che tanti altri club hanno provato a copiare (nessuno con lo stesso successo) è quello di Guardiola, che ha rilanciato l'idea dell'ex giocatore lanciato in panchina senza nessuna esperienza maturata altrove. La vicenda di Pep è nota, dalla panchina del Barcellona B a quella della squadra senior, che rende "immortale". Da giocatore, nel Barça, era stato regista e capitano per oltre un decennio
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- Il Barça ci ha riprovato nel 2021 quando, dopo aver esonerato Koeman, riporta a casa l'idolo del Camp Nou (che a sua volta aveva chiuso la carriera all'Al-Sadd iniziando proprio lì ad allenare). Da giocatore aveva vinto tutto col suo club del cuore, ha sollevato subito qualche titolo anche in panchina
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- Quando Florentino Perez gli affidò la panchina del grande Real, lui che era stato solo allenatore delle giovanili e vice di Ancelotti per una stagione, in tanti pensarono a un enorme azzardo o, più maliziosamente, a un fedelissimo "messo in panchina" da un presidente desideroso di avere tutto sotto controllo. E invece, tra lo scetticismo generale, ha conquistato tre Champions League consecutive
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- Come Guardiola, anche Jurgen Klopp, dopo una carriera da giocatore dedicata esclusivamente al Mainz, nel 2001 appende gli scarpini al chiodo nel bel mezzo della stagione per allenare proprio la stessa squadra. Lo farà fino al 2007, prima di far decollare la sua carriera al Borussia Dortmund
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- All'Ajax si sono spesso fidati dei loro ex giocatori, affidando loro panchine o scrivanie dirigenziali. Frank de Boer in Italia non è ricordato benissimo, ma da esordiente allenatore dell'Ajax vinse per tre di volta di fila l'Eredivisie dopo aver vinto già molto come giocatore (e capitano) negli anni '90
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- Dopo le stagioni alla guida delle squadre giovanili, nel 2022 era arrivata la "promozione" sulla panchina del Psv (la sua prima esperienza da allenatore professionista). Proprio ad Eindhoven, da giocatore, aveva lasciato un grande ricordo (tre campionati, dal 1998 al 2001, chiusi con 62 gol in 67 gare), prima di passare al Manchester United
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- Dopo essersi tolto tante soddisfazioni nel Manchester City, prima di ritirarsi, il ritorno a casa nel club che lo aveva lanciato per un finale di carriera coinciso con l'inizio di quella nuova. All'Anderlecht infatti assume addirittura la carica di giocatore/allenatore: avventura iniziata malissimo, al punto da convincere il difensore a tornare in campo per il resto della stagione, lasciando i compiti tattici a quello che doveva essere il suo vice, Simon Davies
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- Quello di Kompany non è stato certo il primo caso di allenatore-giocatore. Il Chelsea, in questo senso, offre ben due esempi tra il 1996 e il 1999. Prima gli inglesi ingaggiarono Ruud Gullit, offrendogli (anche) la panchina dopo un anno da semplice giocatore. Nel 1998 il doppio ruolo venne però affidato a Gianluca Vialli, acquistato un anno prima, che si ritirò dal campo nel 1999 e rimase come allenatore anche nel 2000 portando qualche trofeo ai Blues
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- Prima di diventare l'ennesimo allenatore chiamato a riportare il Manchester United ai fasti di Ferguson, ha iniziato ad allenare in patria, nel club norvegese del Molde, lo stesso in cui aveva lanciato la sua carriera da calciatore prima di essere comprato dallo United
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- Uno dei più grandi bomber inglesi di sempre, che ha legato una lunga parte della sua carriera al Newcastle. Dopo averlo aiutato con valanghe di gol, il cuore lo porta ad accettare l'incarico da allenatore nel 2009 in una situazione disperata, nonostante non avesse avuto esperienze dopo il ritiro nel 2006. Il risultato fu la retrocessione
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- Qualche metro più indietro dominava l'ex centrocampista inglese, giocatore totale che ha segnato un'era in Inghilterra insieme a Gerrard, suo "gemello" in Nazionale. Tredici anni in campo coi Blues, club dove tornerà nel 2019 (dopo la prima stagione da allenatore nel Derby County) e si ripeterà nel 2023 traghettando la squadra fino al termine della stagione
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- Anche il Cholo ha iniziato nel 2005 in quella che è la sua squadra del cuore in Argentina, il Racing di Avellaneda. Lì chiude la carriera da giocatore e nella stagione seguente si trasferisce in panchina, restando però pochi mesi (tornerà poi, sempre per poco tempo, nel 2011). E anche all'Atletico Madrid, dove aveva giocato cinque anni prima di iniziare un'era in panchina
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- "El Loco" ha iniziato le sue due carriere da giocatore e allenatore nella stessa squadra, il Newell's Old Boys di Rosario, diventandone una leggenda, soprattutto per quanto fatto in panchina. Non a caso, gli è stato intitolato lo stadio
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- In Italia, ben prima di Guardiola, un precursore è stato Fabio Capello. Dalla scrivania alla panchina per un'intuizione di Berlusconi, che lo volle per sostituire Sacchi. Da giocatore si era ritirato nel 1980 dopo quattro stagioni al Milan. Una piccola esperienza da allenatore, per la verità, l'aveva già fatta già nel 1987 (sempre al Milan), poi l'era dal 1991 al 1996
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- Memore di quell'intuizione fortunata, Berlusconi ha riprovato più volte ad affidare le sorti del Milan in difficoltà a quelli che, da giocatori, erano stati suoi pupilli. Nel 2014 è stata la volta di Clarence Seedorf, ma a fine stagione l'esperimento è naufragato
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- Compagno di squadra di Brocchi e, soprattutto, fratello di Pippo, le cose sono andate molto meglio a Simone Inzaghi. Chiamato dopo le ottime annate alla guida delle giovanili biancocelesti per sostituire Pioli quando Lotito sembrava non trovare l'allenatore giusto, i biancocelesti realizzarono in fretta di avere già in casa il profilo ideale
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- Diverso il caso di Conte, altra bandiera bianconera con 13 anni consecutivi in campo da giocatore. Tornerà alla Juve in panchina, ma solo dopo un apprendistato lungo 7 anni dall'Arezzo al Siena. E sarà proprio Conte a inaugurare il ciclo vincente con i primi tre memorabili scudetti
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- Esperimento tentato di nuovo promuovendo l'ex Pirlo, che nel giro di pochi giorni passa dalla panchina della Under 23 (su cui non siederà nemmeno una volta) a quella della prima squadra. Porta a casa due trofei (Coppa Italia e Supercoppa) ma fallisce l'obiettivo scudetto che i bianconeri vincevano da 9 anni di fila. A fine stagione non arriva la riconferma
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- Il primo a credere veramente in lui fu Preziosi, che lo chiama per allenare il suo Genoa dopo avergli già dato fiducia: nel 2008 l'aveva messo sotto contratto in un momento in cui la sua carriera sembrava finita prematuramente per i tanti infortuni. Fiducia ripagata dal Thiago Motta giocatore, che invece da allenatore, al Genoa, non riesce a vincere la scommessa
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- Il Casteddu nel cuore, e così dopo una vita in Sardegna da giocatore, Cellino nel 2013 gli offre anche la panchina della prima squadra. Un solo anno prima di tornare nel 2017, stavolta con Giulini, ma sempre per una sola stagione
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- In passato, poi, diversi grandi campioni, per amore di un club, hanno accettato una panchina per una breve parentesi da allenatori. Basti pensare a Luisito Suarez, da faro della Grande Inter ad allenatore nerazzurro senza successo nel 1974 (e di nuovo ad interim negli Anni Novanta). O a Ciccio Graziani, chiamato per salvare la Fiorentina nelle ultime partite del 1990. Sempre i viola provarono a salvarsi con Giancarlo Antognoni nel 1993, ma l'impresa stavolta non riuscì. Meglio Bruno Conti alla guida della Roma nel 2005, prima di tornare al settore giovanile