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Borussia Dortmund, "Tage wie diese": sono giorni così... e 11 anni dopo è ancora finale

tage wie diese

Niccolò Omini

In Germania quando tutto va bene e sei felice ti risuona in testa una canzone: "Tage wie diese" che letteralmente vuol dire "Giorni così", come quelli che stanno vivendo il Borussia Dortmund e i suoi tifosi. Lasciarsi trasportare dalle emozioni, positive o negative non importa. Dopo l'eliminazione del PSG in semifinale, Reus e compagni voleranno a Londra per giocarsi un'altra finale a distanza di 11 anni dall'ultima volta

DORTMUND-REAL LIVE

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In Germania quando le cose ti vanno bene e sei felice c'è una canzone che ti risuona in testa, la conoscono tutti: "Tage wie diese", letteralmente "Giorni così", dei Toten Hosen il gruppo rock più famoso per i tedeschi. Giorni così, quando ti svegli e ti ritrovi in finale di Champions, sono l'essenza dell'universo Borussia Dortmund.

Echte Liebe dicono da quelle parti, vero amore ed è proprio quello che serve per non farsi domande ma essere capaci di lasciarsi semplicemente trascinare dalle emozioni. Positive o negative non importa. Perché tanto non lo trovi un senso a una squadra che perde in casa all'ultima giornata una Bundesliga praticamente già vinta e un anno dopo elimina il PSG in semifinale di Champions dopo il primo posto in un girone sempre con i parigini, il Milan e il Newcastle. 

Un'altra finale di Champions a 11 anni dall'ultima volta

Undici anni dopo tornano in finale, ancora Wembley e ancora Marco Reus, undici come il numero di quella leggenda che il primo di giugno a Londra giocherà la sua ultima partita con la squadra della sua città, della sua vita. Venerdì scorso aveva annunciato che a fine stagione non rinnoverà il contratto in scadenza e forse anche per questo a Parigi è andato in lacrime a festeggiare in curva con il megafono abbracciando più gente possibile.

Lo avrebbe fatto volentieri anche Edin Terzic, altro figlio di Dortmund cresciuto con la sciarpa al collo nel Gelbe Wand, il muro giallo del Westfalenstadion. Un passato che lo ha portato spesso a essere criticato: gran brava persona, ci tiene tantissimo ma a livello tattico non è granché, sembra più un tifoso che allena. Discorsi da social ma, guarda un po', la stessa cosa che Reus e altri leader dello spogliatoio avevano detto a dicembre alla società. 

Che aveva difeso Terzic ma aveva anche deciso di affiancargli in panchina due figure più tecniche ma soprattutto carismatiche per i giocatori: Nuri Sahin e Sven Bender, simboli del centrocampo del Dortmund di Klopp. Una scelta che ha cambiato il 2024 del BVB, il divario fra le prestazioni in Bundesliga e quelle in Europa è rimasto ma meno evidente, soprattutto perché si sono tolti la soddisfazione di battere il Bayern a Monaco, cosa che non gli riusciva dal 2013.

Delusione Nmecha, Fullkrug formato Europa

Da una vita invece a Dortmund non sbagliavano il mercato e la scorsa estate ha sorpreso un po' tutti vedere trenta dei cento milioni incassati dalla cessione di Bellingham investiti per Felix Nmecha, interessante centrocampista del Wolfsburg, ok, ma la sua prima stagione al BVB è stata un disastro. Anche Niclas Füllkrug non convinceva troppo: abituati a gente come Haaland, un trentenne che al massimo aveva giocato nel Werder Brema sembrava un passo indietro anche se aveva appena vinto la classifica marcatori della Bundesliga. E invece all’andata con il PSG ha segnato il gol partita e sarà il centravanti della Germania all’Europeo in casa.

Hummels verso Euro2024... e Sancho prende una rivincita

A proposito degli Europei, a marzo Nagelsmann aveva lasciato fuori dalle convocazioni Mats Hummels e sembrava che per lui un posto fra i ventisei questa estate fosse impossibile. Adesso però lasciarlo a casa sarà molto complicato, non tanto per il gol decisivo al Parco dei Principi ma perché a trentacinque anni suonati per leadership, classe e sicurezza trasmessa ai compagni è ancora il miglior difensore tedesco.

Fra l’altro, in quasi tutte le partite del Dortmund in questa Champions il premio di migliore in campo lo ha vinto lui. Come a Parigi. Dove un ragazzo inglese di ventiquattro anni si è preso una bella rivincita con il Manchester United: il giorno dopo i quattro gol subiti dai Red Devils contro il Crystal Palace Jadon Sancho ha giocato e vinto da protagonista una semifinale di Champions con il numero dieci del BVB.

A gennaio si era rifiutato di scusarsi con Ten Hag, che lo aveva lasciato fuori rosa, è tornato a casa a Dortmund e quattro mesi dopo tornerà in Inghilterra, sì, ma nella sua Londra per la finale di Champions. Mica male. Come il paradosso di un club che in giorni così ricorda a tutti che di solito i muri sono il simbolo delle divisioni, mentre loro sono stati capaci di costruirne uno enorme, tutto giallo, che unisce. E ora ci si arrampicheranno su per vedere meglio all'orizzonte l'arco di Wembley.