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Mondiali 2018 Russia, dall'infanzia da incubo al sogno del presente: 12 rivincite per 12 calciatori

Mondiali

Vardy lavorava in fabbrica. Moses perse entrambi i genitori. Firmino in Spagna venne bloccato per dei controlli sull'immigrazione e rispedito in Brasile. Modric scappò dalla guerra. Dodici storie e dodici calciatori. Marca  ne racconta il salto dall'incubo al sogno. Fino al palcoscenico più importante di tutti, quello dei Mondiali di calcio

MONDIALI, CALENDARIO E GIRONI

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Poveri, orfani, pescatori, pastori, sotto le bombe della guerra, con braccialetti elettronici alla caviglia e un lavoro in fabbrica per guadagnarsi uno stipendio vero. Poi un salto, avanti nel tempo. Tutti al Mondiale, in Russia. Contro ma insieme, di diverse squadre e nazionalità ma uniti da un passato tormentato, superato, e un sogno finalmente realizzato. Il palcoscenico più bello di tutti. I colori degli stadi, il tifo, l’atmosfera, i giocatori più forti. Niente è come un Mondiale, e ancora di più per loro. Dodici storie, dodici uomini che ce l’hanno fatta. Rincorrendo un pallone distrutto, spesso scalzi, e realizzando la loro personale utopia.

Gabriel Jesus, da “pittore” a quadro

San Paolo ieri, San Paolo oggi. I luoghi sono gli stessi, periferici, ma ad appena quattro anni di distanza la vita di Gabriel Jesus è cambiata completamente. Nel 2014 aveva un pennello in mano (la foto la postò lui stesso su Twitter), ed era un ragazzino che aiutava a dipingere le strade della città in vista del Mondiale. Colori? Verde e oro, ovvio, scalzo, e sognando un giorno di essere in campo con gli idoli di quella Coppa giocata in casa. Quattro anni dopo lui è ancora lì, per le periferie di San Paolo, ma questa volta con un enorme murale che lo raffigura. In Russia, invece, è direttamente in campo, titolare nel primo pareggio contro la Svizzera. Inseguendo un gol per continuare a realizzare il suo sogno. 

Firmino, il bomber bloccato dai controlli sull’immigrazione

Brasile-Svizzera, minuto numero 79: fuori proprio Gabriel Jesus, dentro Roberto Firmino, anche lui al debutto Mondiale, e anche lui con le difficoltà lasciate alle spalle. "Quando ero un bambino i miei genitori non volevano che giocassi a calcio - riporta Marca - volevano che studiassi e a volte mi chiudevano in casa, ma io se scavalcavo un muro sul retro e scappavo”. Dunque la svolta nella sua vita con Marcellus Portella, un dentista, che lo scova in una partita da ragazzino e decide di diventare l’agente. Il primo step in un provino con l’Olympique Marsiglia, dove però all’altezza di Madrid viene fermato per dei controlli sull’immigrazione, e rispedito a casa. Sogno finito? Mai. Firmino ripartirà dalla Figueirense, poi Hoffenheim. Dunque Liverpool e il Mondiale.

Blaszczykowski, un dramma in famiglia

Velocità mozzafiato, un passaggio in Italia nella Fiorentina e un ricordo terribile che, suo malgrado, porterà sempre con sé: a dieci anni vide il padre uccidere la madre. Un dramma. 15 anni di prigione al papà, cresciuto dalla nonna insieme al fratello maggiore Dawid. Una passione per il calcio abbandonata e ritrovata grazie allo zio Jerzy Brzeczek, ex capitano polacco, che lo incoraggia a non mollare, mai. Perché il calcio per “Kuba” diventa allora una terapia. Curarsi col pallone. Fino alla nazionale, ormai dal 2006 ma al primissimo Mondiale. Dove il gol, dovesse arrivare, avrebbe certamente una doppia dedica speciale, tutta per la mamma e la nonna. 

Alli, abbandonato dal padre dopo una settimana di vita

Nasce nell’aprile del 1996, viene abbandonato dal padre, che fugge negli States, dopo appena una settimana. Cresce allora con la madre Denise, e i relativi problemi di alcolismo che la affliggono. In mezzo le cattive compagnie, il padre - un imprenditore milionario nigeriano - che torna 8 anni dopo e lo porta con sé in Nigeria, dove il giovane Dele Alli non vuole stare e dove scappa per tornare in Inghilterra a 13. Lì l’affido a una famiglia adottiva, le giovanili dell’MK Dons e il salto nel Tottenham nel 2015, dove oggi è una stella.

Cuadrado, un bambino nascosto sotto il letto

Succedeva spesso in Colombia, racconta lui: “Entravano dei gruppi armati nelle case, mettendo a ferro e fuoco il villaggio, e io allora mi rifugiavo sempre sotto il letto”. Non fosse che un giorno, uscito dal nascondiglio, scoprì che il padre era stato ucciso. Una carriera dedicata anche a lui, e alla madre che lo ha cresciuto, guadagnandosi da vivere prima in una piantagione di banane dunque in una gelateria.

Modric, scappato dalla guerra

Sotto le bombe, una fuga fino al Mondiale, ma nel suo caso anche fino a quattro Champions League e all’affermazione tra i migliori centrocampisti in attività. Nel 1991, quando in Croazia iniziò la guerra, tutto questo era ancora molto lontano. Lui aveva cinque anni, e scappò dalla sua città di Stipe con la madre. Visse nell’hotel Kolovare con altri rifugiati e con in testa soltanto il pallone. "La guerra mi ha reso più forte - dice Modric - è stato un momento molto difficile per me e per la mia famiglia, non voglio portare tutto questo con me per sempre, ma non voglio nemmeno dimenticarlo”.

Vardy, una vita da film

No, quel film non l’hanno ancora prodotto, ma la sua vita è già comunque un capolavoro. Scartato a 16 anni dallo Sheffield Wednesday, con la passione per il calcio ma senza l’aggancio col mondo del professionismo. Jamie allora, l’eroe della clamorosa cavalcata Leicester che portò alla Premier nel 2016, continua a giocare nelle serie minori, guadagnando una miseria e vivendo in realtà con la paga da operaio in una fabbrica di sostegni ortopedici. Nel frattempo anche un’aggressione, e un braccialetto elettronico alla caviglia con l’obbligo di rincasare non più tardi delle 18. Dunque la scalata, e un lieto fine bellissimo.

Bacca, pescatore di gol

Al Milan il ricordo che ha lasciato non è certo stato positivo, ma la storia del colombiano trascende ogni risultato sportivo. Lui c’è, al Mondiale, e pure per la seconda volta dopo Brasile 2014. A 20 anni lavorava su un autobus, pochi soldi in famiglia, e tutti dovevano dare una mano. Prima ancora l’impiego come pescatore, di cui qualche foto esiste ancora oggi. L’Europa del calcio raggiunta solo a 26 anni, due Europa League vinte col Siviglia e un passato difficile lasciato alle spalle.

Beiranvand, portiere pastore

Porta involata contro il Marocco, e vittoria nel finale per il suo Iran anche grazie a un autogol. Lui, Alireza Beiranvand, da piccolo lavorava come pastore. Dunque la fuga da casa per superare il veto sul calcio imposto dal padre, le notti a dormire in strada e i lavori come pizzaiolo e lavapiatti. Tutto questo prima dell’ascesa nel professionismo e di un primo storico Mondiale.

Moses, scappato da un’altra guerra

Altro giocatore, altra guerra, quella del 2002 dove furono vittime sia la madre che il padre. Moses aveva 11 anni, e stava giocando per le strade della Nigeria quando gli raccontarono la tragica notizia. Lui allora è fuggito in Inghilterra, ripartendo da zero e in un nuovo paese. "Sicuramente, ovunque si trovino in questo momento, i miei genitori saranno orgogliosi di me” - disse in un'intervista al Guardian.

Casemiro, la povertà assoluta

Piange oggi uno dei centrocampisti più forti al mondo, vero equilibratore tattico dei successi di Zidane nel Real, quando ricorda l’infanzia in povertà. Talmente immensa da non potersi permettere nemmeno una bibita. Lui la chiedeva, la madre lo distraeva: “È tardi, dobbiamo andare a casa” - racconta Casemiro, in realtà una semplice scusa per proteggere il piccolo campione brasiliano da dei soldi che mancavano sempre. In Russia, contro la Svizzera, è partito titolare nella squadra di Tite. Dopo gli innumerevoli trionfi in maglia Real.

Ikeme, il 24° uomo della Nigeria

No, lui in Russia non ci sarà. Ma per Ikeme il Ct Rohr e la squadra hanno pensato ad un omaggio speciale, una sorta di convocazione ad honorem. Vero, perché lui al Mondiale ci sarebbe andato, certamente, non fosse per il sopraggiungere della leucemia. Scoperta durante le visite mediche per il Wolverhampton nell’estate del 2017, il portiere nigeriano ha iniziato allora la sua battaglia. "Sarà il nostro 24 ° giocatore fino al momento in cui ci sarà la possibilità di convocarlo” - aveva detto Rohr. Lui, emozionato, ha risposto sui social: “Sono devastato per aver perso l’opportunità di giocare il Mondiale, ma vorrei ringraziare tutti per le vostre preghiere e i vostri messaggi, non posso spiegare cosa significhino per me, e voglio anche augurare buona fortuna a tutti i miei compagni in Russia”.