The Tractor Boys are back in "Town": il ritorno dell'Ipswich in Premier

Nell’ultracentenaria storia dell’Ipswich Town, il 1997 non è di certo uno di quegli anni raffigurati nei quadri impolverati del Greyhound pub. Non che sia per forza necessario, soprattutto nei mesi estivi, approfondire sui muri le foto in bianco e nero dei ragazzi in blu che portarono gloria calcistica a un’area rinomata più per i campi agricoli che per quelli da calcio. D’altronde, il backgarden del pub più frequentato dai tifosi del Town è abbastanza grande per permettere a tutti di farsi una birra sotto il sole del Suffolk. E chissà magari qualcuno di quelli con il bicchiere in mano c’era, quel pomeriggio del 27 ottobre 1997, al St. Andrew’s di Birmingham. Quel giorno rimarrà impresso per sempre nell’identità del club. Nella Second City d’Inghilterra, agli occhi di gente di campagna una vera metropoli, si gioca Birmingham City-Ipswich Town. I rapporti tesi tra città e campagna sono un retaggio del mondo che affonda le radici in epoche in cui nessuno si era ancora mai sognato di giocare a football, ma convertiti su un campo di calcio possono assumere sfumature piuttosto curiose. Come accadde nel primo tempo di St. Andrew’s, scandito a livello sonoro dai tifosi di casa da un verso più che da un coro: "oh-arrr, oooh-arrr". Una riproduzione originale di quei suoni che peraltro rendono la vita in campagna una passeggiata di salute terrena rispetto al grigio-nero delle fabbriche di Small Heath, provincia di Birmingham, diventata cinematograficamente celebre per l’attività della gang più famosa del paese, i Peaky Blinders. Erano anni, se non decenni, che i tifosi dell’Ipswich venivano insultati per le loro origini contadine. Ecco perché quando al 34’ l’irlandese nato a Bury, sobborgo di Manchester, Matt Holland segna il gol dello 0-1 dal settore ospiti di St. Andrew’s si alza un coro spontaneo, già sentito sotto altre forme in altri stadi del paese, dal profondo senso autoironico tipico dello humour inglese: "1-0 to the Tractor Boys", 1-0 per i ragazzi col trattore. La partita finirà 1-1, le due squadre a fine stagione resteranno in quella che all’epoca si chiamava ancora Division One, oggi Championship, mancando l’obiettivo promozione. Per l’Ipswich, i Glory days di Sir Bobby Robson sono già un lontano ricordo. Ma quel pomeriggio nasce uno dei soprannomi più famosi del paese. In un’intervista esclusiva rilasciata alla BBC, il direttore della rivista da stadio dell’Ipswich, i cosiddetti fanzine o match programme se preferite, Phil Ham, ammise che il nickname creò una spaccatura tra giocatori, staff e tifosi. Per molti, non sarebbe durato a lungo. Si sbagliavano. I Tractor Boys esistono ancora e sono tornati. A casa loro, in Premier League. "Glory Days" Tornando ai quadretti del Greyhound, non di certo un unicum in Inghilterra visto che ogni local pub nei pressi di uno stadio che si rispetti accompagna il viaggio alcolico dei tifosi con dolci ricordi del passato, è la figura di Sir Bobby Robson, negli anni scandita dal cambio di colore dei capelli a dare un senso logico-temporale a quegli anni gloriosi. Se nel 1969 l’uomo conosce la Luna con la missione Apollo 11, l’Ipswich, per un puro scherzo del destino e con meno scrupolosa preparazione rispetto agli americani, scopre Bobby Robson, un ragazzo di 36 anni con un esonero al Fulham alle spalle nella sua prima esperienza da allenatore. Robson era capitato a Portman Road per fare scouting per il Chelsea, e doveva tornare a Londra nel giro di poche ore se non avesse incontrato casualmente Murray Sanster, illuminato direttore sportivo del Town, che senza pensarci due volte gli disse: “Se vuoi la panchina dell’Ipswich, è tua”. Il resto è storia, direbbe qualcuno passeggiando davanti alla statua che lo raffigura sorridente, leggermente inclinato verso destra con l’indice puntato verso la gloria. Per chi non la conoscesse a fondo, è sufficiente ricordare la leggendaria vittoria in Coppa UEFA del 1981, un cammino culminato con il successo in finale contro gli olandesi dell’AZ Alkmaar, ma impreziosito da eliminazioni illustri come quella dei polacchi del Widzew Lodz di Zibi Boniek , del Saint-Etienne di Michel Platini e del Colonia di Bernd Schuster. Robson aveva costruito una squadra avanguardista. Con tratti tipicamente inglesi, quello sempre, ma con forti influenze olandesi. Forse un’inevitabile contaminazione di quella leggendaria doppia sfida con il Barcellona del 1978 in Coppa Uefa, tuttora il ricordo dolce-amaro più celebre della storia del club. 3-0 per l’Ipswich a Portman Road. 3-0 per il Barça al Camp Nou con doppietta di Cruijff. I rigori non saranno amici degli inglesi come Bobby Robson sperimenterà sulla sua pelle ancor più dolorosamente nella semifinale di Italia 90 contro la Germania dell’Ovest al Delle Alpi di Torino. Continuando a scorrere le foto da un angolo all’altro, si trovano reperti della storica FA Cup del 1978, il secondo posto del 1977 dietro a uno dei più formidabili Liverpool della storia e, perché no, l’eliminazione inflitta al Real Madrid nel 1974. Un altro punto di contatto tra Sir Bobby Robson e Sir Alex Ferguson. Entrambi hanno eliminato il Real Madrid da una competizione europea , entrambi hanno due statue all’esterno di due stadi di due club diversi. Sir Bobby Robson, Portman Road e St. James’ Park. Sir Alex Ferguson, Pittodrie e Old Trafford. Ma per qualcuno il trionfo più grande resta la Texaco Cup del 1973, un’antica competizione che coinvolgeva club inglesi, scozzesi e irlandesi non impegnati nelle coppe europee. Il motivo è semplice, la squadra battuta in finale è ancora oggi l’acerrima rivale dell’Ipswich: il Norwich City. The Kierann McKenna Blue Army L’11 maggio 2002 i tifosi dell’Ipswich Town attraversano orizzontalmente l’Inghilterra da est a nord-ovest per raggiungere Liverpool sapendo che quella sarebbe stata l’ultima partita in Premier League vista la retrocessione ormai aritmetica. Ignoravano però che la partita successiva in massima divisione sarebbe stata sì sempre contro il Liverpool per un altro scherzo del destino ma soprattutto…22 anni dopo! Un’interminabile attesa per chi nella storia vanta non solo un campionato e una Coppa UEFA ma anche la conseguente donazione di due straordinari allenatori alla nazionale inglese. 22 anni di seggiolini vessati dal vento e annacquati dalla pioggia del Suffolk. Di settori ospiti riempiti da tifoserie di club di seconda e terza divisione, che ringraziavano chi ai tempi aveva progettato lo stadio a 10 minuti dalla stazione centrale di Ipswich. Un ventennio di colori sbiaditi ma riaccesi, all’improvviso, da un altro ragazzo di 35 anni, e dunque uno in meno rispetto a quelli che aveva Robson nel 1969, che nel dicembre del 2021 accetta l’incarico di allenatore dell’Ipswich. Il suo nome è Kieran McKenna e in quel momento è l’allenatore più giovane di tutta la Football League. Della sua carriera di calciatore neanche una traccia. A 22 anni un infortunio lo costringe al ritiro e gli nega la possibilità, tra le altre, di guidare la nazionale nordirlandese di cui era stato capitano dall’under 16 all’under 21. McKenna è sveglio. Si laurea in Sport and Exercise Science alla Loughborough University, si merita con le conoscenze e lo studio il grado di First Team Coach al Manchester United sotto la gestione di Ole Gunnar Solskjaer. Ma soprattutto, da manager dell’Ipswich, ottiene due promozioni consecutive riaccendendo la passione di una città che respira calcio 365 giorni all’anno. Il 2023 sancisce il ritorno in Championship con le ultime 19 partite da imbattuto in League One. Il 2024 riconsegna vita alle lancette ormai acciaccate da anni di attesa. Il conto è riazzerato. Merito di un calcio fluido, aggressivo. Con un aspetto centrale: il doppio pivot davanti alla difesa. Che può essere a 3 o 4 a seconda dei momenti della partita. McKenna ha la testa che viaggia veloce. E il Chelsea se n’era accorto provando a portarlo a Stamford Bridge. Ma McKenna aveva altre idee. Rinnovare per altri 4 anni per restare dov’è. Perché il suo lavoro non era solo riportare l’Ipswich in Premier League. Il suo obiettivo è farlo rimanere e confezionare altri ricordi indelebili, degni di una parete del Greyhound Pub. Che a quel punto potrà anche fare un’eccezione e far risuonare un po’ di pop commerciale dimenticando per qualche minuto il post-punk, seminale dalle aree industriali del nord-ovest fino a quelle agricole del Suffolk. Magari solo per 4 minuti e 18 secondi. Il tempo di ascolto di Photograph di Ed Sheeran, tifoso sfegatato del club e presenza fissa dello spogliatoio dopo ogni grande vittoria dei celebri Tractor Boys.

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