Anthony Gordon, la vera storia di un cuore Reds

Liverpool, forse assieme a Sheffield ma in misura estremamente più accentuata, è l’unica città inglese in cui abbia un peso rilevante la preferenza dei calciatori emergenti per l’una o per l’altra squadra della città. È una delle poche caratteristiche che la distinguono realmente da Manchester, centro urbano con cui c’è una rivalità che però nasconde parecchi aspetti in comune. Per anni, ad esempio, si è parlato della vera fede di Jamie Carragher e di Robbie Fowler, colonne del Liverpool, e nel caso del difensore c’è stata a lungo una teoria secondo la quale la sua preferenza per le maniche lunghe, anche in periodi dell’anno in cui non ce ne sarebbe stato bisogno, era dovuta alla presenza di un tatuaggio con il simbolo dell’Everton: non era vero, Carragher semplicemente riteneva di stare meglio così, mentre che tifasse per l’Everton da ragazzino era noto – “non sembra, ma Liverpool è un piccolo centro, tutti sanno tutto” ha detto egli stesso - e non era mai stato fonte di scandalo. Poco alla volta stessa circostanza era emersa a proposito di Fowler, che divenne ‘God’, Dio, per i tifosi Reds pur avendo avuto un passato da tifoso dei rivali, tifoso sempre presente in casa e spesso anche in trasferta, oltretutto negli anni Ottanta in cui l’Everton era pressappoco al livello del Liverpool. Ogni ragazzo che dal settore giovanile passa alla prima squadra viene sottoposto al medesimo scrutinio, anche se è vero che di recente non ci sono stati casi scabrosi e si è come attenuato un sentimento una volta molto più forte. Ci sono, però, circostanze che possono gettare ancora benzina sulle fiamme, come quelle legate al recente passato di Anthony Gordon, 23 anni compiuti lo scorso 24 febbraio, attaccante esterno, protagonista sempre più brillante anche in nazionale. Gioca nel Newcastle United, certo, ma è nato a Liverpool e a Liverpool è cresciuto. Meglio, a Kirkdale, quartiere adiacente a Goodison Park, lo stadio dell’Everton, distante solo pochi minuti a piedi da casa sua. Il che però non aveva influito sulle preferenze giovanili di Anthony, rivolte al Liverpool, di cui era anche andato a seguire finali di coppa a Wembley. E proprio con i Reds, per coerenza, aveva provato ad iniziare la carriera da calciatore, interrotta però a 11 anni con la mancata riconferma nella progressione nel settore giovanile. La soluzione Everton era stata un ripiego, di lusso, accettato anche dai parenti, più interessanti al progresso del loro giovane che di fare i pignoli, anche perché, a dirla tutta, la qualità della vita a Kirkdale è piuttosto bassa, proliferano violenza minorile e bande e qualsiasi maniera lecita di sollevare la testa oltre la melma è solo gradita. Il giovane Gordon era un calciatore promettente ma ancora poco definito sul piano fisico, ed era anzi stato quello dello scarso sviluppo uno dei motivi per cui al Liverpool non avevano più creduto in lui: troppo esile, e soprattutto troppo esile per essere un attaccante coraggioso nelle iniziative e negli atteggiamenti. All’Everton, dove riuscì a mascherare le proprie preferenze nel tifo, anche perché nessuno gli fece mai domande scomode, trovò istruttori che pur dopo dubbi iniziali, tanto che la sua candidatura era stata inizialmente rifiutata proprio per l’apparente fragilità, diedero più peso alle sue doti tecniche e alla spavalderia, al limite della sfrontatezza, e il percorso di unione tra fisico e talento fu più delicato: particolarmente importante l’incontro con David Unsworth, l’ex difensore di lungo corso, tra i più sottovalutati del panorama inglese , tornato all’Everton nel 2013 con vari ruoli, fino a quello di allenatore della Under 23. Anche se, e ne ha parlato il giornalista Simon Hughes in un brillante articolo di due anni fa, Unsworth prima di lasciare nella primavera del 2022 aveva forse raggiunto un potere personale troppo ampio e si era convinto che i risultati delle formazioni under dovessero riflettere lo sviluppo dei singoli giocatori, che è invece legato a variabili del tutto differenti. Hughes citava Trent Alexander-Arnold, che con la maglia Under 18 del Liverpool perse 5-0 un derby nel 2013-14, e Caoimhin Kelleher, protagonista negativo di una sconfitta analoga diciotto mesi dopo, come esempi di giocatori emersi molto più degli avversari che in quelle due partite li avevano quasi umiliati. Gordon è cresciuto dunque in un ambiente che cercava di avere una difficile stabilità a livello giovanile mentre sul piano dirigenziale e di prima squadra attraversava un periodo di disagio tuttora in corso: dal momento del suo arrivo al club, Gordon vide poi alternarsi sette manager a tempo indeterminato più lo stesso Unsworth ad interim, due volte, e Duncan Ferguson, e lo scossone ogni volta filtrava fino agli strati più bassi della struttura. Il suo debutto avvenne in Europa League, contro l’Apollon Limassol, a 2’ dalla fine della partita del 7 dicembre 2017, con Sam Allardyce allenatore, ma passarono poi oltre due anni prima dell’ingresso in una gara di Premier League, 18 gennaio 2020, come subentrante per il brasiliano Bernard nell’1-1 contro il West Ham. Scoppiata la pandemia, Gordon ebbe poi la possibilità di debuttare dal primo minuto il 21 giugno, proprio nel derby contro il Liverpool a Goodison Park, finito 0-0 con Anthony più frustrato per i pochi palloni toccati che felice per un esordio nello stadio vicino a casa. A dargli fiducia fu Carlo Ancelotti, che però non poteva garantirgli spazi a lungo termine e sei mesi dopo lo lasciò andare in prestito al Preston North End, in Championship, dove però Gordon ebbe solo 11 presenze in cinque mesi, anche a causa di un cambio di modulo. E dire che, come ha scritto Jacob Whitehead in un bellissimo ritratto, a volerlo a titolo temporaneo c’erano stati tanti club anche stranieri, come il Wolfsburg nonché il Bournemouth di Eddie Howe, che ora lo allena al Newcastle, Howe che però a quel tempo non avrebbe potuto garantirgli molto spazio. Furono mesi decisivi per Gordon, in retrospettiva: durante il lockdown, che in Inghilterra fu molto meno restrittivo del nostro, era andato a vivere per conto proprio, in una casa precedentemente presa in affitto da… Momo Salah, assieme ad un ex collega della giovanile del Liverpool, Bobby Duncan , e a un personal trainer che gli aveva cambiato la vita, preparandolo per i rigori del calcio professionistico, dato che lo stesso Unsworth aveva osservato la sua difficoltà a mantenere alto il ritmo per tutto l’arco della partita. Fu davvero il periodo della svolta: rimessosi in riga anche con la pratica del pugilato, ritrovata la fiducia nella tenuta atletica e nella possibilità di applicare anche nei minuti di recupero le sue doti, senza il passo pesante e il fiato corto, una volta entrato in modo stabile nel giro della prima squadra Gordon non si è davvero più fermato, togliendo d’imbarazzo anche parenti e amici che, dopo quel debutto a Goodison Park, avevano fatto ad Ancelotti pressioni tali, di persona e via social media, da costringere lo stesso Anthony a dir loro di calmarsi, “visto che alcuni miei compagni di squadra si stanno allenando meglio di me e meritano di giocare al mio posto”. Un esempio di serietà e professionalità in un ragazzo davvero particolare, che fin da quando era adolescente tiene sul comodino un quaderno sul quale annota progetti e sogni, che quando prende una passione - l’ultima sono le freccette - è capace di acquistare l’attrezzatura più sofisticata salvo stancarsi dopo poche settimane e trovare un nuovo interesse, che è capace di vedere 3-4 volte di fila tutti gli episodi di una serie televisiva, che ora ha aggiunto al suo festeggiamento per un gol le dita a formare la lettera A… non Anthony ma Antonello, il figlio avuto dalla fidanzata Annie qualche mese fa. Il problema di Gordon, dal 2021-22 cioè dalla sua prima stagione piena in prima squadra, è che il suo rendimento medio fu così alto, probabilmente il migliore di tutti, da renderlo fondamentale in un contesto in costante declino, in perenne lotta contro la retrocessione dopo la fiammata iniziale sotto Ancelotti, e che quindi presto il suo profilo cominciò a spaventare i tifosi. Doppiamente fieri, per la sua combattività al limite del fastidioso e per la sua apparente appartenenza al mondo Toffee, e dunque preoccupati che il disastro societario e tattico ne provocasse la partenza, un’altra perdita di identità a precedere quella, imminente, legata al distacco da Goodison Park dopo 133 anni. Gordon per loro rappresentava un prodotto giovanile contemporaneamente talentuoso e grintoso, a volte troppo: Demarai Gray, l’attaccante che per un po’ si è alternato con lui sulla fascia sinistra, ha ricordato una circostanza in cui il difensore Yerry Mina dovette alzare la voce contro il giovane collega, mentre duelli sul filo dell’intransigenza Gordon li ha attuati contro mezza Premier League, compreso il futuro compagno di squadra Kieran Trippier. Anche, va detto, per una tendenza ad accentuare i contatti che costò a Frank Lampard, all’epoca allenatore dell’Everton, una multa di 30.000 sterline per averlo difeso dopo un derby ad Anfield, 24 aprile 2022, in cui un Gordon già ammonito per simulazione era stato atterrato in area da Joel Matip senza che l’arbitro Attwell prendesse alcuna decisione. Lampard, subentrato a gennaio a Rafa Benitez, è stato l’allenatore che più di tutti ha lanciato Gordon, istruendolo anche personalmente sui risvolti più delicati della vita da professionista, proprio per impedire che irruenza ed eccesso di foga lo danneggiassero. In quel derby di aprile, Lampard aveva fatto in modo che la sua ala sinistra si trovasse in frequenti duelli individuali contro Alexander-Arnold, ritenuto non a torto vulnerabile, creando così numerose situazioni favorevoli, e in altre partite aveva impostato la gara per liberarne gli scatti palla al piede, considerando la sua velocità di base e la sua capacità di progressione in fase di possesso. Non era poi andata a finire bene, per Lampard, licenziato a fine gennaio 2023, proprio nei giorni in cui la storia di Gordon prendeva la piega più controversa. Mentre infatti stava arrivando sulla panchina dei Toffees Sean Dyche, Gordon saltò per tre giorni di fila l’allenamento: opinione generale, corroborata anche dal club, era che si trattasse di una forma di protesta per la riluttanza dell’Everton a cederlo al Newcastle United, ma solo dopo qualche tempo venne fuori che Gordon in realtà era a Londra con il proprietario Farhad Moshiri, che ne aveva chiesto la presenza proprio per affrontare meglio le trattative. Il passaggio al Newcastle effettivamente avvenne per l’equivalente di 45 milioni di euro, e seguirono mesi pesanti. Per l’Everton, che per necessità economica e scarsa programmazione aveva ceduto il suo giocatore più incisivo senza sostituirlo, e finì per salvarsi miracolosamente, ma anche per Gordon, che al Newcastle fece molta fatica ad abituarsi alle richieste tattiche di Howe e anche ad uno spogliatoio nel quale gli strascichi di certe battaglie erano rimasti. Secondo quanto raccontato dallo stesso giocatore in una bella intervista a Chris Waugh, al suo arrivo si vide salutare da Fabian Schar, il difensore centrale, con le parole “la protezione dei tuoi nuovi compagni di squadra te la dovrai guadagnare sul campo”. Né aiutò la causa l’episodio dell’8 aprile sul campo del Brentford, in settimane in cui i Magpies si giocavano un posto in Champions League: entrato al primo minuto della ripresa al posto di Jacob Murphy, Gordon venne sostituito al 95° da Matt Ritchie e reagì male, allontanando con uno spintone Howe che lo stava consolando. Una scena vista da tutti e subito diventata sintomatica di una presunta ingestibilità del ragazzo. Che per l’episodio rimase male tanto quanto Howe, preoccupandosi, al di là delle scuse, che il suo rapporto con l’allenatore si fosse rovinato. Anche perché, appunto, la reputazione è sempre stata quella dell’attaccabrighe, dello ’Scouse Scally’, dello scapestrato classico delle strade di Liverpool, sempre pronto ad attaccare briga con qualcuno, reputazione in parte favorita da certi comportamenti e persino dalla scelta di Gordon di farsi tinteggiare i capelli, naturalmente tra il castano e il rosso, di biondo, giusto per risaltare un po’ di più. Conquistata però la fiducia dei compagni e di Howe, scelto nell’estate 2023 di dedicare cinque frenetici giorni di preparazione personale a Dubai, prima del ritiro estivo, Gordon è diventato uno dei calciatori inglesi più importanti, uno dei pochi rappresentanti, assieme a Cole Palmer, di una genia in grado di giocare sia da ala tradizionale sia di attaccare l’avversario in uno contro uno e batterlo per tirare a rete, soluzione che ovviamente gli viene più facile dal lato sinistro, divenuto ormai casa, rispetto a quello opposto, in cui ha evoluito molto nella prima fase della sua carriera. Quando poi Howe ha cambiato le carte in tavola a partita in corso, inserendo un altro incursore come Harvey Barnes, Gordon è spesso finito in mezzo, altra circostanza a lui non aliena: a livello giovanile aveva giocato in un sistema a due punte, Unsworth lo vedeva come attaccante centrale di scatto e improvvisazione e Benitez come centravanti lo utilizzò, in emergenza, nelle prime due partite della stagione 2012-22, senza peraltro risultati straordinari. E come falso nueve Gordon aveva giocato nell’estate 2023 le sei trionfali partite dell’Europeo Under 21 vinto con la nazionale guidata da Lee Carsley, diventato ora suo allenatore ad interim con la nazionale maggiore. E questo potrebbe essere l’ennesimo salto di qualità: ad Euro 2024, a metà dei quali Gordon è caduto da una mountain bike ferendosi al volto, Gareth Southgate gli ha dato pochissimo spazio, anche nelle partite in cui c’era da recuperare e dunque allargare il campo, con lui a sinistra e magari Palmer a destra, avrebbe creato spazi centrali ad uno come Bellingham, ma già nelle prime gare del corso-Carsley si è vista l’energia versatile che uno come lui può portare sulla sinistra e non solo. E la sua importanza per il Newcastle, alle prese con una ripartenza dopo la mediocre annata 2023-24 in cui è stato eccellente, è sempre più accentuata, dopo i patemi dell’estate: perché, e qui si torna all’inizio, su di lui ci sono state le forti attenzioni del Liverpool, al punto che lo stesso Howe d un certo punto si è preoccupato che le costanti voci di trattativa potessero mandare fuori di testa il suo giocatore. È stato lì che è emerso per chi avesse sempre tifato, anche grazie ad una intervista di pochi mesi prima in cui aveva dichiarato che il suo idolo era stato Gerrard, è stato lì che è saltata ogni idea che un eventuale passaggio al Liverpool potesse costituire un ‘tradimento’, indiretto, all’Everton, visto che semmai tradimento, ma forzato, era stato quello di entrare nel settore giovanile dei Toffees. Dove ormai sono rassegnati, visto che persino Dyche, poche settimane dopo il suo arrivo, fu costretto ad ammettere di aver tifato per il Liverpool, da ragazzino, anche perché “sono cresciuto a Kettering, a 7 anni tifavo per la squadra locale ma intorno a me erano tutti del Liverpool, un amico aveva la loro bella divisa gialla da trasferta e allora anche io sono diventato tifoso”.

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