Sacked Ten Hag, un finale già scritto

Chi segue la Premier League sa che chi scrive queste righe non ha mai risparmiato critiche a Erik Ten Hag. Il lettore sarà dunque sorpreso nel leggere che il sottoscritto ritiene l’olandese un buon allenatore. In realtà le due situazioni non sono in contrasto Erik Ten Hag, da calciatore buon difensore con la maglia del Twente, ha dimostrato le sue enormi qualità in panchina. Ha cominciato come assistente in quel club, poi è andato al Go Ahead Eagles portandolo nella massima serie, quindi all’Utrecht, mai stato in Europa nella sua storia, ha conquistato la qualificazione all’Europa League. Il capolavoro all’Ajax, che in un periodo di totale dominio del Psv Eindhoven non vinceva trofei da cinque anni: con lui sono arrivati tre titoli insieme a due coppe d’Olanda. Non solo: l’Ajax era tornato a dominare in Europa eliminando Real Madrid e Juventus e mancando la finale di Champions per un gol subito all’ultimo secondo nella semifinale con il Tottenham. Risultati straordinari, che avevano convinto il Manchester United ad affidarsi a lui per la più scomoda delle panchine, quella dove tutti sono stati schiacciati dall’impossibile eredità di Alex Ferguson. Mossa all’epoca correttissima e la prima stagione confermava la bontà della scelta: terzo posto in campionato, la vittoria in coppa di Lega, una finale di Fa Cup persa nel derby con il City. Da lì in avanti il buio, o meglio, una serie di scelte così deleterie da sembrare suggerite dal barone Leopold Von Masoch. Come quella del portiere, via De Gea e dentro, per una cifra spropositata, Onana: alla Fiorentina e all’Inter fanno ancora festa. Sulla fascia mette fuori rosa Sancho, la scorsa stagione capace di trascinare il Borussia Dortmund in finale di Champions, per acquistare Antony a 82 milioni di sterline: sarebbero state troppe 82. Anthony arriva dall’Ajax, il centro di ogni operazione di mercato di Ten Hag: il club di Amsterdam in particolare e l’Olanda in generale sono diventati la base di ogni iniziativa. Aver indossato la maglia biancorossa pare fosse diventato requisito fondamentale per arrivare ad Old Trafford. Oltre a Onana e Antony, hanno giocato lì Martinez, De Ligt e Mazraoui. Gli ultimi due sono stati prelevati dal Bayern Monaco, che probabilmente avrà organizzato distribuzioni gratuite di birra all’Oktoberfest per festeggiare. Non solo Ajax, si diceva, ma Olanda. Dal Feyenoord è stato acquistato Malacia, che già di suo non era un fenomeno. Adesso lo ricerca anche Scotland Yard visto che da un anno e mezzo è fermo per infortunio. A Rotterdam aveva giocato pure Amrabat, che Ten Hag ha avuto il coraggio di piazzare nel ruolo dove un tempo evoluiva Roy Keane: non si può dire che non se la sia andata a cercare. A settembre è arrivato il capolavoro definitivo con la cessione di Scott McTominay, il classico giocatore che ha tutto per diventare il simbolo di un club. Ragazzo del vivaio, idolo dei tifosi, trascinatore in campo e nello spogliatoio, leader anche con la maglia della Scozia. Lo aveva già confinato in panchina, a dispetto del rendimento: con il Brentford lo spedisce in campo con lo United sotto di un gol a tre minuti dalla fine. Sembra una punizione, ma lo scozzese entra e fa doppietta nel recupero. Segna dieci gol in stagione, tantissimi per uno che di mestiere fa il centrocampista di contenimento e non tira né punizioni né rigori, e tra i suoi acuti c’è una rete decisiva con Il Liverpool in Fa Cup. A Ten Hag non basta: lo manda a Napoli per prendere Ugarte a 60 milioni di sterline, più del doppio di quelle incassate per la cessione dello scozzese. Risultato: l’uomo con la cornamusa in Italia è in testa alla classifica, lo United è quattordicesimo mentre Ugarte, veloce come certi giocatori iscritti al torneo dei bar, è già ospite fisso della panchina. Cosa sia successo ad Old Trafford per portare Ten Hag a simile fallimento è un mistero. Possibile che sia stato posseduto dalla mania che ogni tanto prende gli olandesi, popolo che ha saputo fermare il mare con le dighe e gestire il vento con i mulini, e forse per questo alla distribuzione dell’umiltà non ha fatto la coda. Si è convinto che nel Teatro dei Sogni fosse possibile esportare il modello della sua terra solo con chi fosse nato o calcisticamente cresciuto a quelle latitudini, ma i fatti gli hanno dato torto. L’avventura finisce con l’esonero, un finale già scritto che sottolinea le enormi responsabilità del board dello United. Avevano già deciso il licenziamento alla fine della stagione contattando Tuchel, ma di fronte al rifiuto del tedesco avevano non solo confermato, ma addirittura allungato il contratto a Ten Hag, illusi dal successo in Fa Cup nella finale con il City. Potevano scegliere tra una decisione responsabile e il tirare a campare. Hanno scelto di tirare a campare per fare la figura degli irresponsabili.

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