La vittoria del Benevento è quotata alla cifra record di "35" dalle agenzie di scommesse. Ai tempi del Totocalcio per un "2" così clamoroso la schedina vincente poteva valere oltre un miliardo (di lire), come nel film con Calà e Banfi, quando il Catania (squadra cara a De Zerbi) sbancò il Comunale di Torino con una doppietta di Cantarutti. Ma nel 2009 successe davvero...
Non era mai successo che in Serie A una vittoria fuoricasa venisse quotata tanto, a 35! Da record - di conseguenza - anche la cifra abbinata al segno "1", dato a 1,05: in sostanza, con una puntata di 10 euro sulla Juventus non ci scapperebbe nemmeno un caffè... al Bar dello Sport. Perché la mission impossible che attende all'Allianz Stadium questo Benevento a zero punti dopo 11 giornate ci riporta un po' agli anni del Totocalcio, quando gli italiani sognavano di "svoltare" con un 13 miliardario (parliamo di lire, ovviamente), come in quel vecchio film con Lino Banfi e Jerry Calà, Al Bar dello Sport appunto, regia di Francesco Massaro. "Ma che sei scemo? Secondo te metto il 2 alla Juventus perdente in chésa? Fammi fare la schedina in santa péce Parùla... Però m'hai messo la pulce nell'orecchio ostrechetta... Tu inzomma mi consigli questa variante anomala: che se facciamo 13... con la carriola ci danno i soldi! Ti voglio dare retta: guarda che metto 2?Però, sguattero malefico, ricordati che se per colpa tua perdo il 13 io ti stritolo le pélle... E già, 2, le pélle sono 2!".
Respirano le vongole, respirano!
Due, il numero "magico" di quella commedia del 1983, ambientata a Torino, con il povero "disgraziéto" di Canosa che affidava alla cenerentola Catania l'unica speranza di riemergere dai bassifondi "marini" di un banco del pesce, dove affogava - per 15mila lire - come "elettrotecnico delle aragoste", al servizio di un viscido pescivendolo con la sciarpa bianconera...
Parùla, l'Avvochéto e il "Moviolone"
Lino, soprannominato dagli amici l'Avvochéto - si vantava di condividere il sarto con Gianni Agnelli - si era dunque lasciato convincere dal sordomuto Calà, factotum della "baracca" e assiduo frequentatore di bische clandestine (ribattezzato "Parola" dall'ultima pronunciata in una infelice mano di poker), abbagliato com'era dalla voglia di riscatto, una nuova "esistenza" lontana dalla sorella e dal cognato, un leghista ante litteram ("L'è tuta colpa di Garibaldi"), che lo ospitavano da anni e non vedevano l'ora di togliersi dalle scatole (per non dire dalle balle, sempre quelle 2...). Debitore di un conto salato al gestore della ricevitoria, quello del "moviolone", milanese trapiantato sotto la Mole ("Uè, uè, forza teròni, si chiude"); e a "strozzo" da un camorrista che aveva già preso in pegno la sua Fiat Uno (di proprietà del cognato, in realtà). "Inzomma", per dirla papéle papéle, Lino stava... inguaiéto. Ci voleva un miracolo, quello che servirebbe al Benevento per battere questa Juve. E se ci riuscì quel Catania...
C'è chi può e chi non può: io può
Il film arrivò al cinema nell'estate del 1983, quando il Catania del "presidentissimo" Angelo Massimino, allenato da Gianni Di Marzio e trascinato dal bomber bergamasco Aldo Cantarutti era stato appena promosso in A, da trionfatore degli spareggi, come gli "stregoni" giallorossi di Vigorito ora guidati da Roberto De Zerbi (che fu, tra l'altro, con Mascara e Spinesi uno dei protagonisti della scalata dei siciliani nel 2006, ritornati nella massima serie a 23 anni da quella volta). È facile, allora, immaginare che la scelta sia ricaduta sulla squadra etnea in "previsione" di una stagione che si preannunciava a dir poco complicata - in virtù soprattutto di un mercato non proprio stellare, ricorderemo Pedrinho e Luvanor come alcuni tra i bidoni più "cult" degli anni '80 - e i rossazzurri non vollero deluderci... collezionando ogni genere di record negativo per un girone a 16: dai punti (12) alle partite vinte (una, col Pisa) e perse (19). Con l'unica consolazione di aver "sbancato" il botteghino del vecchio cinema "Comunale" di Torino...
Tutto il calcio minuto per minuto
Arriviamo così a quella "fatidica" domenica pomeriggio. Lino siede al tavolo armato di radio e améro, distratto qua e là dal dispettoso nipote occhialuto, degno erede di papà ("Certo che tu, Marcolino, hai preso tutto da tuo padre, che è uno stro... uno stro... un nostro parente, non è mica mio cognato?). Dal "riepilogo" dello speaker di Tutto il Calcio minuto per minuto pare mettersi bene: "Avellino-Torino 0-0, il Milan vince a Genova 2-0, Napoli-Pisa 1-0, Verona-Ascoli 0-1, Roma-Sampdoria 2-1 e la Lazio vince 1-0 al Meazza con l'Inter". All'Avvochéto manca la Juve ("porca putt... per dar retta a quel digrazieto di Parùla") e Fiorentina-Udinese, con i fiulani avanti 2-1 a pochi minuti dal termine.
Dove c'è gusto non c'è perdenza
"Madò, Madò, rigore per la Fiorentina! Madonna della Ripalta di Cerignola, fai segnare il gol ai viola...". Antognoni ribatte in rete la respinta del portiere, Lino ha in mano un 12: "Per dar retta a quel disgraziéto di Parùla... ma non fa niende, dove c'è gusto non c'è perdenza, io sto godendo". Finché non si accorgerà che il Catania, nel casino generale, aveva ribaltato la Juve del Trap e Platini con due gol di Aldo Cantarutti. E sarà il delirio. Davide ha battuto Golia. Un miliardo e 300 milioni!
Caccia alle streghe
Alla vigilia della sfida con il Benevento Massimiliano Allegri ha voluto mettere in guardia i suoi proprio dai rischi che si possano nascondere dietro partite come queste: "Due anni fa col Frosinone è capitato a noi. Pronti-via, al 90' eravamo tutti negli spogliatoi mentre loro battevano il calcio d'angolo segnandoci il gol del pareggio. Ma quella storica è Roma-Lecce, ultima partita contro una squadra già retrocessa: hanno perso lo scudetto in casa (il titolo andò alla Juve ndr). Non sembra, ma il rischio è alto, servirà una gara seria, perché la Juventus festeggia i 120 anni di storia. Chi si distrae è un immaturo". In questi 120 anni di storia è capitato raramente alla Juve "di vedere le streghe", ancora meno dall'inaugurazione dello Stadium, dove vanta dei numeri mostruosi. Ma c'è un precedente, un paio d'anni prima all'Olimpico (di Torino) che lascia un briciolo di speranza ai campani. Quando il nastro del film si riavvolse, che neanche una profezia di Nostradamus.
Clamoroso all'Olimpico
È il 20 dicembre del 2009, 17.a giornata del campionato, ancora una domenica pomeriggio. La Juve di Ciro Ferrara, con Cannavaro, Del Piero, Trezeguet e Marchisio in campo (unico "sopravvissuto" di quella squadra insieme a Buffon, fuori per infortunio) viaggia in terza posizione, a -6 dall'Inter di Mourinho. Da una settimana Sinisa Mihajlovic aveva preso il posto di Gianluca Atzori sulla panchina del Catania, fermo a 9 punti, ultimo, proprio come il Benevento. I rossazzurri passano in vantaggio con un rigore trasformato dal "Malaka" Jorge Martinez (che poi finirà alla Juve...). Pari di Salihamidzic e, nel finale, come nel film, l'argentino Mariano Izco regalerà agli etnei una vittoria che mancava in casa dei bianconeri dal 1963 (l'unica, fino ad allora, se escludiamo quella cinematografica).
Lasciatemi cantare
Da quel momento i rossazzurri saranno protagonisti di una rimonta pazzesca, capaci di farne 3 persino all'Inter che di lì a poco conquisterà il Triplete. Anche il nostro emigrante di Canosa pensava di aver perso tutto dopo la folle notte di Parola al Casinò ("Io non ci torno a Torino a fare zizizì con le aragoste, non ci torno!"), ma se Davide aveva la sua fionda, Lino aveva ancora in mano l'ultima "fiche" e un numero da giocare: la pallina di una roulette è pur sempre rotonda, se è vero che quella notte a Sanremo il "2" uscirà 52 volte... E anche Parola riprese miracolosamente a cantare: "Buongiorno Italia gli spaghetti al dente, e un partigiano come presidente, con un vestito gessato sul blù e la moviola la domenica in tivù..."