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I migliori lanci di Miralem Pjanic

Serie A

Mattia Pianezzi

Quest'anno il rendimento del centrocampista bosniaco è salito ulteriormente, e col suo destro sta regalando una perla dietro l'altra. Abbiamo scelto i migliori dieci lanci realizzati in questa stagione finora

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Pjanic sembrava aver raggiunto la propria maturità calcistica già nel primo anno di Garcia a Roma, quando a ventitré anni metteva insieme 32 presenze, 6 gol e 6 assist. Ma il modo in cui Pjanic influenza il gioco della propria squadra scorre su un piano non del tutto visibile, attraverso un corpo che si fa fatica ad associare a quello di un calciatore professionista. Anche per questo, forse, gli è sempre stata imputata una grandezza a metà, che lo faceva nascondere quando la pressione aumentava; come se non potesse più migliorare, come se i limiti del suo sviluppo come calciatore fossero da tempo raggiunti.

La realtà è che Pjanic continua a migliorare di anno in anno. Nella sua prima stagione alla Juventus si è adattato bene (ma non senza sparire, come a Cardiff) al lavoro richiesto da Allegri: ha arretrato e accentrato la sua posizione e ha messo a disposizione il suo piede e la sua testa matematica degli equilibri della squadra.

In Pjanic Allegri ha trovato la perfetta incarnazione della sua idea di calcio come equilibrio tra estro individuale ed equilibrio collettivo. Secondo Allegri Pjanic è sempre in campo perché è «un calciante» (questo è quanto si sbottona Allegri). A maggio il bosniaco si è detto più «applicato e maturo» e a settembre più «maturo e sicuro». Soprattutto in questa stagione, questa maturità si traduce spesso, oltre in un lavoro oscuro di posizionamento difensivo fin troppo sottovalutato quando si parla di lui, in un set di passaggi come al solito raffinatissimo. Ecco i migliori dieci della stagione in corso, significativi anche per capire da dove arriva e dove sta andando Miralem Pjanic.

Chi indossava la maglia bianconera giocando mediano e faceva lanci perfetti alla cieca per l’inserimento degli attaccanti? Pjanic continua quella tradizione e questo è uno dei 6 assist che ha già confezionato quest’anno Pjanic. In proiezione potrebbe raggiungere il suo record personale di 12, ottenuto due stagioni fa. Un numero, bisogna sottolinearlo, eccezionale, se calcoliamo che è il secondo record assoluto di assist in una stagione di Serie A.

Ogni tanto Pjanic si ricorda del suo passato da mezzala e si stacca dalla sua posizione per infilarsi fra i corridoi avversari. Pjanic è un grande giocatore associativo, tra i migliori a cucire connessioni palla a terra con i compagni; con questa combinazione con Higuain manda in bambola la difesa del Genoa.

Quando non è impegnato a fare il regista, o quando il suo istinto tattico glielo suggerisce, mette la corsa al servizio della testa: intravede un’azione vincente e prova a metterla in pratica. Innesca il passaggio ad un Higuain distante dalla porta avversaria e disordina la struttura avversaria con un inserimento profondo inatteso.

Ecco una delle occasioni in cui sembra che il gioco offensivo di Allegri miri a creare dei pieni e dei vuoti, e che il tecnico dia a Pjanic soffietto e punteruolo. Questo è l’assist per il gol di Higuain contro il Chievo. Nel gol del due a zero, se la telecamera fosse stata un pelino più vicina, avrebbe dovuto scostarsi rapidamente dalla linea di passaggio logica, dritta, a dove Higuain, dimenticato dai confusi difensori del Chievo, viene lanciato da Pjanic in diagonale e può segnare tirando fortissimo togliendo la polvere dall’incrocio dei pali.

In occasione di una delle sue partite perfette (due assist e gol, e chi sei, Neymar?) mi piace invece sottolineare questo disimpegno difensivo difficile, che mi ricorda insieme due calciatori del recentissimo passato bianconero: Marchisio per la tranquillità sotto pressione, il ragionamento cervellotico e la tendenza a non sbagliare, e Pirlo per l’abilità nel trovare linee di passaggio che semplicemente non sembrano esserci.

Metti insieme queste due parti e ottieni Pjanic, nel bene o nel male, perché a volte il bosniaco si prende dei rischi dove non sarebbe proprio del tutto necessario. Poi sì, certo, in quella partita ha fatto tante cose importanti e meno appariscenti. Tipo, recupera un pallone in attacco, lo porge a Dybala e quello segna; fa un cross su calcio d’angolo al bacio per la testa di Alex Sandro che buca la porta e segna da fuori area dopo un’azione orchestrale iniziata da lui stesso con un lancio a sinistra. Questo scavetto in area di rigore mostra però un altro lato, oscuro e sublime, di Miralem Pjanic.

Mi piace pensare ad un Pjanic altruista, che non pensa solo per sé ma anche per gli altri. Una delle questioni meno ponderate in tutta l’architettura dei passaggi è la forza da metterci, che non deve essere necessariamente “giusta”: se vuoi forzare un tipo di controllo puoi dare un pallone più forte. Pjanic lo sa.

In quest’occasione ha di fronte Calhanoglu e Kessié abbastanza stretti e Biglia fisso su Dybala; farla passare è già un rompicapo, e ovviamente devi passarla a chi parla la tua stessa lingua di calcio. La sfera arriva forte, giusta, al dieci argentino della Juventus, che lascia sfilare il passaggio e lo addormenta col destro, controllando la palla e girandosi con un solo movimento. Poi la dà a Higuain che fa un gol di quelli da Higuain.

La Juventus prova a chiudere i conti in casa del Napoli e Pjanic è stato ampiamente uno dei migliori in campo durante la partita. Il suo ruolo è fondamentale nei momenti in cui la Juventus fa densità su una fascia, con esterno e terzino che si accavallano e centrocampista che si inserisce. Lui preferisce stare fuori, dare sempre la linea di passaggio arretrata e ridistribuire il pallone nella terra promessa dove gli spazi sono più larghi e gli inserimenti più facili: dall’altra parte. Matuidi lo sa bene, e si fa trovare pronto sull’inserimento – meno pronto sulla conclusione. È bello far caso alla calma totale che Pjanic ha nell’aggiustarsi il pallone con la suola e cambiare gioco: la perfetta rappresentazione di un uomo che piega il calcio al proprio tempo. È bello far caso anche che Pjanic non alza mai la testa, perché è tra i pochi giocatori che si erano già preoccupati di avere la mappatura completa del campo ancor prima che gli arrivi la palla.

Non è neanche la mezz’ora di Juventus - Inter e i bianconeri cercano di controllare i tempi della partita; la sfera gira indietro su Benatia che scarica su De Sciglio, e l’attacco dell’Inter di Spalletti sale in pressing. Icardi sul centrale, Perisic sul terzino, che trova Pjanic accorrente in suo aiuto, inseguito a breve distanza da Brozovic e avvicinato minacciosamente da Borja Valero. Quando il pallone raggiunge il bosniaco Brozovic è a un paio di metri, Valero gli copre la linea di passaggio centrale, resterebbe il tempo e lo spazio per il passaggio a Cuadrado, anche lui però guardato a cortissima distanza da Santon. Le linee sono intasate, quindi il regista bianconero si inventa un pallonetto di prima che scavalca la linea del pressing interista. Se l’uscita palla della Juventus è così buona, lo si deve anche e soprattutto alla capacità di Miralem Pjanic di trovare sempre il modo migliore di disinnescare le linee di pressing avversario.

Peccato che Khedira si faccia infatuare dall’aratro che si porta appresso e perda tempo sul recupero di Santon.

Quando Pjanic è in campo, spesso si gioca al ritmo di Pjanic. Nella sua trasformazione a giocatore di controllo, più che di inventiva, Pjanic deve conoscere alla perfezione il tempo che serve alla propria squadra in un determinato momento. Alzare il ritmo quando c’è bisogno quindi, come in questo caso, quando decide di fiondare un pallone su Asamoah che accorre sulla destra. Uno di quei passaggi anche solo belli da vedere, che da fuori trasmettono la stessa sensazione di pace e controllo di un giardino giapponese.

Poco più avanti userà lo stesso ritmo in seguito ad un recupero difensivo in scivolata, palla indietro al difensore, ripassata al centrocampista che lancia Mandzukic sulla fascia con l’interno destro in un paio di secondi.

Pjanic ha un piede particolare, le sue rifiniture non sembrano mai nascere dal nulla ma sembrano sempre seguire la velocità della testa che li pensa. In quest’azione Pjanic attacca senza palla il corridoio di centro-destra chiamando ossessivamente il pallone. Il compagno in realtà la dà a Higuain, che fa da sponda per Pjanic. A quel punto il bosniaco ha ricevuto il pallone almeno con due tempi in ritardo rispetto a quando avrebbe voluto, e la riceve troppo sui piedi.

Eppure Pjanic non si fa tutti questi problemi e con un interno piede dolcissimo manda in porta Mandzukic.

Esiste un gioco da tavolo di crittoanalisi inventato dall’esperto di telecomunicazioni israeliano Mordecai Meirowitz, in cui due giocatori si sfidano. Uno inventa un codice numerico e l’altro, il “decodificatore”, deve indovinarlo in un numero finito di mosse (spesso nove) con un sistema di tentativi basato sui feedback “numero giusto ma al posto sbagliato” e “numero giusto al posto giusto”.

Miralem Pjanic contro la sua ex squadra, poco prima di Natale, ha regalato momenti di calcio di puro controllo, tanto in fase difensiva quanto offensiva, da decodificatore esperto, e agli intercetti ha fatto corrispondere dei passaggi o dei lanci come al solito precisissimi. È stata forse la sua migliore partita stagionale, in una stagione comunque ricca di prestazioni preziose.

In quest’azione siamo in uno dei momenti di maggior pressione della Roma, quando il pareggio sembra proprio dietro l’angolo, Pjanic circumnaviga il peggior cliente dei giallorossi, Nainggolan, e lancia Marchisio sulla fascia opposta, a 40 metri, morbido il giusto per far rifiatare e salire i suoi ma rapido per non permettere la lettura e l’anticipo, dando non solo un gran pallone, ma facendosi anche ambasciatore di uno dei mantra del suo allenatore: halma.