Serie A, le migliori giocate della 14^ giornata

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Daniele Manusia

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Il bellissimo gol di Lautaro, un velo di Ribery e le altre grandi giocate dall'ultimo turno di campionato dell'anno, che si è chiuso con la perla di Insigne e il pesantissimo gol di Theo Hernandez

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L’ultima giornata prima di un breve e forse necessario stop per le feste ci ha portato una montagna di gol. Iniziata, forse non del tutto casualmente, da una doppietta di Messias e chiusa dal colpo di testa di Theo Hernandez nella partita tra Milan e Lazio, una delle più avvincenti della stagione. In mezzo c’era stata la vittoria per 0-3 della Fiorentina allo Juventus Stadium, con un Ribery spaziale, l’Inter alla settima vittoria consecutiva grazie anche a un gol spettacolare di Lautaro Martinez. Insomma anche in questa giornata grandi gesti tecnici hanno permesso grandi vittorie. Queste sono le migliori giocate e Buon Natale.

 

Il Velo di Ribery

Da quando è arrivato a Firenze, Franck Ribery è stato a posto fisicamente solo per brevi intervalli. Questi però hanno spesso coinciso con partite importanti, dove Ribery ha messo in piedi prestazioni magistrali. Contro avversari di alto livello pare esaltarsi, riattivando tutta la memoria automatica di giocate che lo hanno reso uno dei migliori esterni offensivi della storia recente del calcio. La partita contro la Juve è stata ricca di piccole e grandi giocate. Piccoli dribbling e protezioni palla che hanno fatto avanzare il gioco, oppure intuizioni negli ultimi metri come questa che ha portato la Fiorentina a un pelo dal gol del 2-0. Associamo il talento di Ribery alla sua capacità di spostare la palla in spazi stretti, con una dolcezza e una frequenza che sembrano immutate anche quasi a 40 anni. Qui però fa una giocata minimale da numero dieci classico, senza toccare la palla concede a Caceres il tempo di vantaggio per tirare contro la difesa della Juve. Poi Caceres non si fida del suo tiro va in mezzo, la palla arriva a Castrovilli, e sul suo tiro c’è la seconda grande giocata di quest’azione.

 

Il tiro di Castrovilli non è fortissimo, ma è rasoterra, angolato e di prima: il tipo di conclusione più difficile da parare per un portiere: Szczesny va a terra con una reattività senza senso e la mette in calcio d’angolo.

 

Il tacco di Zaccagni

Alla fine dello scorso mese Mattia Zaccagni è stato votato, dai suoi pari calciatori professionisti, come miglior calciatore della Serie A di novembre. Prima ancora aveva ricevuto la sua prima chiamata in Nazionale. Insomma, che Zaccagni abbia ormai messo i piedi su un livello di gioco da prima della classe, da élite, è una cosa di cui si sono accorti in molti. Ed è curioso pensare a quando, due anni fa, giocava come mezzala: la sua crescita è coincisa con un avvicinamento alla porta che ne ha liberato le potenzialità. Oggi Zaccagni è un trequartista che dà ritmo, un playmaker offensivo come in Serie A ce ne sono di qualità altissima; il suo è un ruolo, anzi, che solo giocatori fenomenali possono interpretare: Ilicic, Luis Alberto, Ribery, Gomez, persino Ibrahimovic rientra in questa categoria. 

 

In una squadra intensa e aggressiva, quella di Juric, Zaccagni è l’eccezione, l’unica (o quasi) concessione alla fantasia, fondamentale però per dare un senso alla verticalità di chi gli sta intorno. Al tempo stesso è integrato alla perfezione nel sistema, non gioca a un ritmo diverso degli altri, i suoi rallentamenti e le sue pause servono per coordinare il resto della squadra. Nell’occasione in cui ha mandato al tiro Dimarco con un tacco sublime, prendendo in controtempo Skriniar che lo marcava e Hakimi che doveva assorbire l’inserimento alle sue spalle (e forse non si aspettava una giocata di questo livello) si vede bene come “l’invenzione” di Zaccagni non sia campata in aria ma segua l’intuizione del compagno, che vede il buco  ci si tuffa sapendo che in qualche modo Zaccagni avrebbe potuto servirlo. Non c’è niente più bello di un gesto tecnico elegante, difficile, sorprendente, che in più sposa un movimento d’insieme, una coreografia riuscita ed efficace. Peccato solo che l’azione non si sia trasformata in un gol.

 

Il gol di Lautaro Martinez 

Il lavoro che Lautaro Martinez fa per far funzionare l’attacco dell’Inter è spesso invisibile e sfiancante allo stesso tempo, considerando soprattutto l’importanza che nel gioco di Antonio Conte riveste la coppia offensiva. Nel gol del vantaggio al Verona, però, abbiamo potuto finalmente riapprezzare le qualità da attaccante vero del numero 10 argentino, spesso oscurate dalla valanga di gol di Romelu Lukaku. Lautaro, in una frazione di secondo, prende il tempo a Lovato con la sua reattività da predatore e poi deve coordinarsi come un ballerino per trasformare il difficile cross di Hakimi al centro dell’area. L’attaccante argentino ha spesso idee controintuitive quando c’è da finalizzare un’occasione da gol, ma qui siamo nel campo della necessità. Con la palla a mezza altezza che arrivava dalla trequarti, infatti, questa specie di passo di can-can era l’unico modo per mandarla verso il palo più lontano ingannando Silvestri, che si butta più per far vedere di aver fatto qualcosa che per reale speranza di arrivare su quel tiro. 

 

L’assist di Orsolini

Certe volte il calcio è semplice, o almeno lo è se hai la sensibilità di un calciatore di Serie A, pur senza essere Zidane. Orsolini non passerà alla storia come un giocatore dal talento raffinato, in grado di parlare al pallone come fosse un negromante con gli animali, ma la precisione con cui mette Tomiyasu davanti alla porta è come un caldo abbraccio nei giorni di Natale. Orsolini riceve dal compagno sull’esterno, abbassa la testa e a quel punto sarebbe facile credere lo faccia per puntare l’avversario. L’esterno del Bologna invece aspetta qualche attimo - per permettere a Tomiyasu di correre nello spazio - e poi lo serve con un colpo d’esterno sinistro. La palla gira come quelle da biliardo sul panno verde, torna quasi indietro per mettersi tra l’ultimo difensore e il portiere. 



Il dribbling di Belotti

Se c’è un calciatore che in questa stagione si sta prendendo tutto il peso di una squadra sulle spalle, quello è Belotti. L’attaccante del Torino sta migliorando in tutte le statistiche offensive e - seppure la sua squadra è ultima - se non fosse per lui le cose andrebbero peggio. Belotti non è mai stato un attaccante particolarmente tecnico o ispirato, è uno di quegli attaccanti che dominano il gioco con il fisico, tuttavia nelle ultime partite sta tirando fuori giocate notevoli, come se le maggiori responsabilità stiano migliorando il suo gioco. Qui riceve palla appena dopo metà campo con la difesa del Napoli schierata (verrebbe da chiedersi perché riceve lì) e sembra che la cosa migliore che possa farla è puntarla come farebbe Messi. Forse Zielinski non se lo aspetta, forse è bravo il gallo, ma il modo in cui se ne libera col tacco è quasi ipnotico, come scartare un regalo particolarmente atteso a Natale.