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La più preziosa eredità di Sinisa Mihajlovic

un anno dopo

Veronica Baldaccini

Un anno dopo la morte di Sinisa Mihajlovic, il suo Bologna vive un sogno che lui stesso ha ispirato e auspicato. E parte dell’eredità di Sinisa, schegge di un uomo di cristallo: duro e fragile, brillante e trasparente

IL TRIBUTO DI SKY SPORT

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Guardiamoci attorno, ci sono ancora schegge di Sinisa Mihajlovic, luminose e pungenti, com’era lui. Frammenti della sua vita che ci sono entrati sottopelle, che ci hanno fatto intuire il dolore degli ultimi anni, ma anche le gioie di quelli prima, l’intensità di una vita intera, di una vita vera

Era un uomo di cristallo

Duro e fragile, brillante, soprattutto trasparente, come un calice che trabocca energia. Questo ci appariva Mihajlovic, persino quando avrebbe avuto il diritto di non averne neppure un briciolo di quella inspiegabile vitalità. Quando il cristallo si frantuma non lo fa in modo arbitrario, segue delle linee visibili anche prima di infrangersi, strappi e fenditure tenute insieme dalla forza della materia. Così è stato per Mihajlovic: ogni scheggia, anche la più piccola che un anno fa e di nuovo oggi riga le pagine, raschia le immagini, graffia le voci di chi lo ha conosciuto nel profondo, ci racconta un po’ del Sinisa tutto d’un pezzo tenuto insieme dalla potenza dell’amore, sin da quando era un bambino che giocava nella guerra.

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Il calciatore e l’allenatore

Il calciatore era ruvido e leale, acuto, resiliente. Semplicemente forte. L’allenatore era tosto e sarcastico, il primo avversario della compiacenza, sempre di spalle all’ipocrisia. Uno di quelli a cui talvolta si ha timore nel fare una domanda, ma che può inaspettatamente disarmare con un sorriso sincero. Sincero, ecco, a volte troppo per il laboratorio di chimiche che è il calcio, in cui si misura tutto, comprese le parole. Quel bilancino Mihajlovic non lo ha mai avuto né voluto. Non c’era calcolo, non c’era strategia, la tattica era sempre una questione di campo. Professionista esagerato, non aveva bisogno di statistiche per studiare i suoi giocatori, gli bastava il suo occhio e al massimo il compasso del suo cuore: puntava e girava, chi stava dentro la sua linea forse non era un campione ma di sicuro una persona vera. 

L’eredità di Sinisa

Un anno fa ci auguravamo che quei pezzi di cristallo, taglienti e trasparenti come schegge impazzite, potessero pungere con dolcezza tanti giovani allenatori per restituirci un po’ di Mihajlovic, qua e là, in tanti campi, in qualunque categoria. Narcisi quando c’è da indossare una giacca tartan, non quando c’è da far giocare la squadra. Che dicano spesso quello che pensano, che pensino sempre quello che dicono, ma che non abbiano mai paura di ciò che dicono perché chissà gli altri cosa pensano. Che preferiscano le citazioni agli slogan. Che non seducano i tifosi ma li conquistino davvero. E che trabocchino carisma, come da una coppa di cristallo. La sua ne era colma, tracimava. Abbiamo sempre bisogno di quella personalità che cattura, di quella forza che scuote, di quell’aura che ispira e trascina, la più preziosa delle eredità di Mihajlovic che Thiago Motta non ha tradito, anzi, esaltato. A Bologna ha lasciato tanto, compreso quello sguardo verso l’alto che oggi guida la squadra verso risultati che lui forse ha ispirato, probabilmente evocato, certamente auspicato. La voglia di migliorarsi, l’allergia ad adagiarsi, erano roba sua, di quel ragazzo con i piedi sempre ben piantati nell’erbetta e gli occhi puntati verso il cielo, come quel proverbio serbo che adesso ci sembra parlare di lui: “Sii umile perché sei fatto di terra, sii nobile perché sei fatto di stelle”. Umile e nobile, Nella terra e tra le stelle oggi sì, brillano schegge di Sinisa.