In Serie A i talenti italiani non giocano: ma lo meritano davvero?

Il calcio italiano guarda quasi con invidia i successi azzurri alle Olimpiadi di Parigi. Tanti sport si sono presi la scena mentre il calcio mastica ancora amaro dopo l’ennesimo flop. Abbiamo saltato gli ultimi due Mondiali, siamo usciti senza lottare negli ottavi contro la Svizzera all’Europeo. A livello di Nazionale, è il momento più buio nella storia del calcio italiano. Altro che Corea… Lo scenario, nell’immediato futuro, è a tinte fosche se pensiamo che in alcuni ruoli , tranne qualche eccezione non ci sono italiani titolari in Serie A. Sul banco degli imputati salgono gli allenatori, accusati di privilegiare gli stranieri rispetto ai nostri talenti. Ma siamo sicuri che sia colpa loro? Siamo convinti che in panchina si stiano immalinconendo giocatori dalle grandi potenzialità che allenatori miopi non riescono a individuare? Temo che il problema sia posto nel modo sbagliato. Dai settori giovanili, purtroppo, arrivano pochi talenti italiani. La scorsa stagione, ad esempio, Allegri non ha avuto timore ad affidarsi a molti ragazzi dell’under 23 o della Primavera, ma sono tutti stranieri: Yildiz, Soulè, Barrenechea, Iling-Junior, Nonge. Confidiamo in Pafundi dopo le parole di Mancini: “Prima lui, poi tutti gli altri. Questa è la mia idea quando faccio la lista” disse all’epoca l’ex ct . L’Udinese a gennaio ha mandato Pafundi in prestito al Losanna per 12 mesi. Nel campionato svizzero 17 partite, un solo gol ma anche molte giocate di qualità. L’Udinese ha concesso agli svizzeri il diritto di riscatto senza mantenere un contro riscatto. Di fatto, scaricato. E per il bene del calcio italiano speriamo che a Udine abbiano preso un abbaglio. Pafundi era stato ottimo protagonista al mondiale under 23 un anno fa, con l’Italia battuta solo in finale dall’Uruguay. Di quella squadra in Serie A per il momento sono arrivati soltanto Prati, che ha fatto discretamente a Cagliari, e Baldanzi chiuso alla Roma, penalizzato forse da una struttura muscolare che gli impedisce di esprimere il suo potenziale. Gli altri, al momento, non sembrano pronti per la Serie A. E il grande protagonista di quel mondiale, Casadei, è finito ai margini della rosa extralarge del Chelsea. Il paragone con le altre potenze calcistiche è impietoso. In Spagna si affacciano alla ribalta talenti precocissimi: il problema è che in Italia ragazzi come Yamal, Coubarsi e Gavi non li abbiamo. In Francia Zaire Emery, appena maggiorenne, è titolare da due anni nel Psg, Doue è un talento straordinario. La Germania ha due 2003 che, con tutto il rispetto, non sono minimamente paragonabili ai nostri. Bellingham potrebbe vincere il Pallone d’Oro ed è anche lui un 2003. Mainoo ha fatto un figurone all’Europeo ed è un 2005. Siamo sicuri che noi abbiamo, nascosti in qualche panchina, talenti che possono avvicinarsi a questi livelli? Temo di no. Dobbiamo alzare la qualità nei settori giovanili, puntare più sulla tecnica e solo in un secondo momento sulla tattica. E i nostri ragazzi devono avere ambizione e non sedersi al primo contratto importante. Sinner e Ceccon hanno tracciato la via. Da ragazzini già dichiaravano di voler arrivare in cima al mondo. E, lavorando duramente, ci sono riusciti. Nel calcio italiano non è solo un problema di talento che, al momento, di sicuro non abbonda. E’ anche un problema di mentalità. Per emergere di vuole ambizione. Troppo spesso viene sostituita dalla presunzione.