Inter, ritrovare umiltà e cattiveria per non perdere la strada

Quando l’Inter in un campionato non ha battuto Juve e Milan non è mai arrivato lo scudetto. Senza vittorie nel derby cittadino e in quello d’Italia alla fine il titolo non arriva. Lo dicono le statistiche e lo dice la storia. Ma se i record sono fatti per essere battuti anche le ‘iettature’ possono essere superate e sconfessate dai fatti. Tutto infatti può essere ancora sovvertito perché la distanza dalla vetta della squadra di Inzaghi è ridotta e può essere colmata e si devono ancora assegnare 39 punti da qui alla fine di maggio. Insomma, una eternità. A patto di ritrovare umiltà e cattiveria. Perché l’Inter di questo periodo è proprio di questo quello di cui fa maggiore difetto. Mkhitaryan è uomo di geometrie, di ordine ma anche di pensiero. E se uno della sua esperienza sottolinea il fatto che ci sia stato un eccesso di ego e probabilmente presunzione in certe gare, sottolinea anche il fatto che non basta più essere l’Inter per vincere le partite. Bisogna tornare a fare il doppio se non il triplo. Il primo tempo con la Juve sono stati 45 minuti di spessore pieni di occasioni e di rimpianti. La seconda parte della partita invece altamente deludente, con qualche grave errore individuale e l’ennesimo calo nel finale che sta diventando un’altra costante negativa di questa stagione. Come gli scontri diretti. Un campionato fa l’Inter li vinceva in maniera quasi chirurgica. Quest’anno ci sono dei saliscendi continui di risultati e prestazioni. Inserendo nei confronti di vertice anche quelli con Fiorentina e Roma, nelle 10 partite della stagione con le squadre top della nostra Serie A sono arrivate 4 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte con 20 gol fatti e 13 subiti. Tra l’altro due trasferte di fila in campionato la squadra non le perdeva da due anni e proprio lontano dal Meazza l’Inter contro Napoli e Atalanta si giocherà una buona fetta di scudetto. I presupposti per alzare le antenne ci sono tutti proprio in un momento in cui certe prestazioni individuali non sono esattamente da incorniciare. Nel centrocampo delle meraviglie da recitare a memoria solo Barella ultimamente è all’altezza del suo talento, Mkhitaryan alterna buone prestazioni a prestazioni opache e da quando ha avuto il problema al polpaccio Calhanoglu non è più lui. Poca qualità, poca pulizia nella giocata che rendono il miglior regista del campionato una brutta copia di sé stesso. Ha bisogno di tempo, Inzaghi dovrà gestirlo bene e l’auspicio è di rivederlo in piena condizione negli altri passaggi chiave della stagione. Ne ha bisogno lui come ne ha bisogno la squadra, che non può fare a meno della coralità di certe prestazioni che si esaltano nella giocata del singolo. E se a destra la squadra va e Dumfries è stato il migliore in campo anche a Torino, sull’altra fascia sia Bastoni che Dimarco hanno bisogno di invertire il trend e tornare a contribuire in maniera decisiva con i loro assist e gol. Dimarco poi non dando spesso punti di riferimento riesce comunque a garantire equilibrio con il suo moto perpetuo. A questo va aggiunto che ai 22 gol segnati solo in campionato da Thuram e Lautaro se ne sommano solo tre segnati da Taremi, Arnautovic e Correa. Un sol gol a testa in 6 mesi di stagione. Praticamente un contributo inesistente in termini di efficacia, per una squadra che ha mandato in gol 17 giocatori diversi e con De Vrij che da difensore centrale ha timbrato il cartellino già due volte. Ora sarà necessario resettare rapidamente e ripartire perché è ancora tutto alla portata a patto di ritrovare un’anima nerazzurra, fatta di umiltà, lavoro e cattiveria.

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Andrea Paventi