Il Leone e il Toro: la favola scudetto dell'Inter nel segno di Acerbi e Lautaro

Sembra una favola di Esopo. ‘Il leone e il toro’. Esiste veramente, racconta di un leone che trama invano contro un toro e allestisce un banchetto per attirarlo in trappola e averne la meglio. Il toro se ne accorge e se ne va prima che sia tardi. Morale: il racconto dimostra che le astuzie dei malvagi non ingannano quelli intelligenti tra gli uomini. Ok, ora saltiamo sul calcio e, approfittando dei soprannomi ormai celebri, possiamo raccontare del ‘Leone’ Acerbi e del ‘Toro’ Lautaro. Per fortuna dell’Inter giocano insieme e soprattutto banchettano insieme su un campo da calcio. Così è stato a Bergamo. Senza dimenticare Carlos Augusto con il suo gol decisivo, possiamo serenamente affermare che i due migliori in campo sono stati loro. Uno guida la difesa, l’altro l’attacco. E se venivamo da una stagione in cui brillava la difesa in Europa e l’attacco in campionato, ora lo stratega Inzaghi ha riequilibrato nel modo più semplice possibile: brillano entrambi, in entrambe le competizioni. Il Leone Con il 2-0 sull’Atalanta, la difesa dell’Inter diventa la seconda migliore della Serie A con 27 reti subite, dietro solo al Napoli con 23, e davanti a Juve e Atalanta con 28. Fatto che certifica l’inversione di tendenza dopo una prima parte di campionato in cui l’Inter subiva troppo. Il mistero aumentava calcolando che Sommer e compagni erano la migliore retroguardia della Champions con solo 2 gol subiti . Ora i pianeti si sono allineati e a San Siro sognano il Triplete. Tutta questa consapevolezza nasce da una condizione fisica in costante crescita e dalla fine degli infortuni nel reparto arretrato, soprattutto quello di Acerbi. Il Leone si era fermato il 23 novembre ed è rientrato il 10 febbraio. È un caso che nel 4-4 con la Juve o nello 0-3 di Firenze lui non ci fosse? Da quando è tornato stabilmente, l’Inter ha giocato 8 partite: 6 vittorie, 1 pari e 1 sconfitta . Così Acerbi ha spazzato via i dubbi che ne riguardavano l’efficienza fisica. A 37 anni è ancora capace di francobollarsi all’attaccante avversario e cancellarlo dalla partita. È questa una prerogativa dei grandi difensori del passato e anche di Acerbi stesso, che è rimasto uno degli ultimi della specie dei marcatori puri. Contro l’Atalanta, ha fatto sparire Mateo Retegui, il capocannoniere della Serie A. Ma in stagione ha annullato Haaland, Lukaku e Kean. È la sua specialità tra senso della posizione, anticipo, marcatura e trucchetti del mestiere. Le stesse abilità che gli hanno permesso di vincere l’anno scorso lo scudetto della seconda stella con anche un gol nel derby decisivo. Una stagione fantastica e forse irripetibile per un giocatore probabilmente sottostimato in carriera. Non ci fosse stato il brutto episodio con Juan Jesus, la scorsa sarebbe stata un’annata incredibile. Tanto più che quest’anno ha pagato il conto con diversi infortuni. Eppure quando sembrava sull’orlo del declino, il Leone è tornato e contro l’Atalanta, in una partita che potrebbe rivelarsi determinante, ha sfoderato una prestazione da gigante. Il Toro Non ci sono più aggettivi che possono aggiungere qualcosa. Lautaro Martinez è il cuore dell’Inter. Ripensate all’azione del 2-0. Va in contropiede, spende tutte le energie, alla fine cade, ma invece che restare a terra, si rialza all’istante chiama palla, riceve e spara sul palo lontano. Potenza, tecnica, grinta. E poi esultanza sotto la curva. Il capitano è sempre più leader. È il primo che soffre quando le cose non vanno. È il primo che si mette in discussione ma soprattutto è il primo che vuole andare a combattere in campo per la sua Inter. Senso di appartenenza e qualità. I suoi numeri. Con quello alla Dea, sono 11 le reti in campionato, più 6 in Champions e 1 in Supercoppa. Totale, 18. Complessivamente nell’Inter ne ha realizzate 147 ed è sesto nella classifica all time. Insegue Cevenini III a 158, poi Mazzola 160, Boninsegna 171, Altobelli 209 e Meazza 284. Insomma Lautaro Martinez è nella storia nerazzurra e per entrare nella leggenda desidera centrare il bersaglio grosso: il Triplete. “Lavoriamo per quello” ripete sempre ben sapendo che una consacrazione europea lo aiuterebbe anche a migliorare l’ultimo piazzamento al Pallone d’Oro, dopo quel settimo posto che ha lasciato un po’ di amarezza, vista la stagione passata con vittoria e titolo di capocannoniere sia in Serie A, sia in Copa America con l’Argentina. Per salire, serve un trofeo europeo. Oltre a tutti gli altri. Morale Acerbi e Lautaro possono sbagliare e cadere ma non lo faranno mai senza combattere fino all’ultimo secondo. Nell’Inter capolista loro due sono l’anima di difesa e attacco. E quando il gioco si fa duro, il Leone e il Toro cominciano a combattere. Fianco a fianco.

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