Dal nero al bianco, Paolo Bianco: il Frosinone rinasce con il suo nuovo allenatore

Il gioco di parole viene facile: il futuro del Frosinone sembrava nero, parecchio nero, adesso è… Bianco. Forse, anche luminoso. Le sei lettere di un aggettivo che sono anche un cognome, quello dell’uomo giusto al momento giusto. Quando la classifica dei giallo-azzurri stava precipitando e la paura del doppio salto all’indietro, dalla A alla C, aveva già fiaccato tutti i pensieri. Alla 26esima, dopo il pareggio con la Reggiana, squadra penultima, a sei punti dalla salvezza. Dopo Vivarini, fallito troppo presto il tentativo di impiantare in Ciociaria il ‘modello Catanzaro’ anche a causa dei troppi infortuni capitati durante la sua gestione, e non decollato il lavoro interessante ma acerbo di Greco, il direttore sportivo Guido Angelozzi ha puntato dritto su Paolo Bianco. Si erano conosciuti a Sassuolo, era il periodo di Di Francesco allenatore e Bianco, allora 38enne, stava chiudendo la carriera da difensore. Angelozzi lo aveva poi subito indirizzato verso la Primavera neroverde e ancora verso un paio di esperienze in Sicilia, Siracusa e Atletico Leonzio, non andate benissimo per le difficoltà finanziarie dei due club. Il ritorno al Sassuolo come vice di De Zerbi, con lui anche allo Shaktar, pochi mesi, intensi, la guerra, di nuovo a casa. La Juventus, nello staff di Allegri, diventato suo totem ma anche suo primo tifoso. “Finita la partita, accendo il telefono e il primo messaggio che trovo è quello di Max. Uno per me e uno per Angelozzi. Persona eccezionale, intelligenza fuori dal comune”, racconta. Dopo Torino il Modena, una panchina tutta sua, buona partenza ma esonero ad aprile. Un’estate ad aspettare, un autunno e un inverno tosti con la morte dei genitori a distanza di pochi mesi, il telefono che suona, il numero di Angelozzi. “Vieni al Frosinone”. Ha debuttato a Salerno: 1-1, difendendo il punto nel finale in nove contro undici. Poi quattro vittorie, una dopo l’altra, contro Mantova, Carrarese, Brescia e l’ultima a Genova contro la Sampdoria, facendola sprofondare ma, soprattutto, trasformando il suo nero in un bianco pieno di colori. Tredici punti e prospettive completamente ribaltate, anche se la zona ‘rossa’ rimane sotto appena tre punti e fidarsi che il peggio sia davvero alle spalle, in B, non puoi mai permettertelo. Ha risistemato stabilmente la squadra con il 4-3-3, sistema verso il quale già Greco aveva virato nella parte finale della sua permanenza dopo aver prevalentemente lavorato con il 3-5-2, ha potuto recuperare gli ultimi infortunati, ha portato ordine tattico e lo ha accompagnato con serenità e personalità. Ecco, questo glielo riconoscono un po' tutti: sa essere empatico senza smettere di imporre la giusta disciplina, sa essere distensivo, sa distribuire un paio di battute anche poco prima che inizi la partita, quando il livello di tensione sale inevitabilmente. E ha trovato a Frosinone le frequenze ideali per sintonizzarsi con chi sta intorno e sopra di lui, con il presidente Stirpe e con il vecchio amico Angelozzi. Ha una squadra con l’esperienza di Fabio Lucioni, 38 anni a settembre, tornato a Frosinone letteralmente per dare una mano, dopo che aveva già di fatto deciso di smettere - gioca poco ma è diventato imprescindibile negli equilibri dello spogliatoio - e il talento giovane di Isak Vural, turco, classe 2006 e tutti a dire a scommettere che ha un bel futuro dinanzi. Un po' come quello che, almeno da qui fino a maggio, potrebbe schiudersi per il Frosinone. Perché, è vero, i pericoli non sono completamente passati ma il vento sembra davvero cambiato. “Allegri, nei suoi messaggi di fine partita, fa il tifo per i play off ma noi andiamo cauti”. Giusto, logico. Ma dal nero al Bianco è già un gran bel cambiamento.

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Daniele Barone