Mondo Gundo, viaggio di andata e ritorno del preferito di Guardiola

“Sono sposato, ma lo amo”. Questa frase di Pep Guardiola a proposito di Ilkay Gundogan, in una conferenza stampa di fine aprile 2023, riascoltata oggi ha un risvolto diverso. All’epoca sembrò un semplice tributo a un giocatore differente da tutti, un pezzo essenziale del suo puzzle calcistico. Probabilmente, in realtà, conoscendo anche le abitudini comunicative del catalano, era uno degli ultimi disperati tentativi di tenerlo con sé al Manchester City, con un contratto in scadenza a fine stagione e un desiderio pressante del tedesco di andare a giocare per un club che aveva sempre sognato come il Barcellona. Un anno dopo Gündogan va avanti tornando indietro, di fatto un paradosso, ma il ritorno al City non può che essere considerato un upgrade. Un ritorno che ha radici molto profonde e che qui su Sky Sport Insider vogliamo raccontarvi bene, per provare ad avvicinarvi il più possibile al mondo City e a queste ‘G’ che si calamitano: quella di Gundogan, quella di Guardiola, ma soprattutto quella di gratitudine. Non è un caso infatti se Ilkay Gundogan è il primo giocatore della storia che Guardiola riprende dopo aver ceduto, cosa mai successa nella carriera del miglior allenatore del mondo. Gundogan fu il primo acquisto dell’era Guardiola al Manchester City. Siamo nell’estate del 2016 e nella Manchester blu stanno mettendo i primi mattoni di una squadra che stravolgerà il calcio mondiale negli anni a seguire, distruggendo ogni record a livello nazionale e affermandosi - dopo tanta sofferenza - anche a livello internazionale. Ilkay Gundogan è reduce da un brutto infortunio, il suo ginocchio lo ha tradito facendogli saltare finale di stagione col Borussia Dortmund e Europeo con la Germania. Guardiola lo chiama, gli dice di stare tranquillo, lo prenderà comunque a prescindere dai tempi di recupero, è disposto ad aspettarlo. Beguiristain incontra zio e agente di Gundogan nella hall del Conservatorium Hotel di Amsterdam, dove circa un’ora prima si è seduto anche l’allenatore spagnolo per pianificare il futuro. Per appena 27 milioni, prezzo irrisorio per le qualità del giocatore, Gundo diventa il primo acquisto del City di Pep. Tutto bellissimo, non fosse che pochi mesi dopo, a dicembre, un nuovo infortunio mina la storia. Contro il Watford Gundogan si rompe il crociato: stagione finita. Ma è sul dolore che si costruisce la gioia. È nelle difficoltà che si costruiscono i rapporti. All’inizio della stagione successiva tra il tedesco e il City di Pep inizia una nuova storia, vincente: aumentano le presenze, aumentano i gol, aumentano le responsabilità in campo, aumenta il suo valore nella squadra. Gundogan diventa insostituibile, l’uomo che gioca nel ‘pocket’, nella tasca, che occupa meglio di ogni altro gli spazi. Tocca l’apice nella stagione 2020-2021 quando arriva a segnare 13 gol in Premier League, una cosa mostruosa, un centrocampista-centravanti, sicuramente la radice è comune: è il centro del City. Vincono 5 campionati, 4 coppe di lega, 2 Fa Cup, 2 Community Shield. Ma con Pep si sono fatti una promessa: devono vincere la prima Champions League della storia del club. E quella Champions League la deve alzare lui, lui che ha perso due finali fino a quel momento, una col Dortmund, una col City. Non ci sono seconde possibilità, è chiaro a tutti che a fine anno Gundo andrà via. Gioca con il contratto in scadenza nella notte di Istanbul, con tutto ciò che questo comporta a livello di attenzione mediatica nei giorni che precedono la partita. Sfila davanti alle telecamere, da capitano, senza mai perdere la calma, il controllo. Adesso, chi vi scrive ha avuto la fortuna di intervistare due volte Gundogan, prima e dopo quella finale. Al di là del sottolineare come sia nettamente la persona più gentile ed educata che abbia mai trovato dall’altra parte del microfono, è bello provare a portare una testimonianza diretta della sua gestione delle emozioni in quei giorni. Prima di quella finale - che, come detto fin qui, era vitale per lui e per il City - Gundogan era sereno. Scherzava ai microfoni di Sky Sport sul fatto che il pediatra di suo figlio fosse tifoso interista. Dopo aver alzato la coppa - con un sorriso che gli attraversava la faccia come fosse un’autostrada che disegnava il lungo viaggio fino a quel momento - era visibilmente appagato. Semplicemente un uomo felice, ma vestito di una felicità elegante, senza fiocchi. Pura. Poco più di anno dopo, Ilkay Gundogan torna al Manchester City. E noi torniamo a quella ‘G’ di gratitudine. Guardiola sta dando un messaggio chiaro ai suoi prima di quello che quasi certamente sarà il suo ultimo anno a Manchester: abbiamo iniziato questa cosa insieme e la finiamo insieme. Ha convinto Ederson a rifiutare l’Arabia. Ha convinto De Bruyne a restare e lo stesso ha fatto con Bernardo Silva. Ha rifiutato lui stesso l’arrivo di Luis Diaz, perché avrebbe tolto spazio ‘ai suoi’, a Grealish ad esempio, che va recuperato dopo una brutta stagione. Ha impostato la sua last dance sul senso di famiglia. Perché allena le persone, perché allena i rapporti e le menti prima dei calciatori. Abbiamo scritto la storia insieme? Insieme facciamo l’ultimo ballo. Io non ballo con altri. In quest’ottica si è ripreso il suo Gundo, con un anno in più e probabilmente qualche partita in meno, ma consapevole che potrà contare su di lui quando ce ne sarà bisogno. Perché nelle puntate più importanti di questa saga Gundogan ha sempre lasciato la sua firma. Dalla doppietta al Barcellona in Champions ribaltando il gol di Messi fino a quella contro l’Aston Villa, valsa una Premier, o a quella in finale di FA Cup contro lo United, valsa un trofeo che fece piangere Guardiola. La storia parla al futuro: nei momenti importanti Gundo ci sarà. Fa sorridere, ma che su questa giostra ci fosse ancora un giro da fare Gundogan lo ha capito nella città più famosa al mondo per i Luna Park. Lo ha capito il 30 luglio scorso, ad Orlando, quando sotto il diluvio di una semplice amichevole estiva in tournée tra Barcellona e City, iniziata con oltre un’ora di ritardo a causa della pioggia, si è scaldato con abbracci veri. Staff, fisioterapisti, ex compagni, infine Pep. Che ha mandato via tutti, lo ha stretto a sé per tre volte, gli ha ricordato con la pesantezza di un abbraccio dov’era casa sua. E casa sua è a Manchester, accanto a quella di Guardiola, nel vero senso della parola peraltro. Dovete sapere che Guardiola e Gundogan sono stati per anni vicini di casa. Gundo qualche tempo fa raccontò questo aneddoto: era in giro con un amico per Manchester una sera quando si rese conto che quel giorno era il compleanno di Pep. A quel punto comprò una bottiglia di ottimo champagne, si fece scrivere un biglietto in spagnolo dal suo amico e la fece timidamente consegnare da lui stesso alla porta accanto. Mezz’ora dopo sentì bussare alla porta. Guardò l’amico: “Hai ordinato la pizza?”. L’amico con la testa fece segno di no. Gundo aprì: era Pep. Prima di quella sera non aveva mai messo piede dentro casa sua. Aveva in mano la bottiglia ricevuta in regalo e tre bicchieri da champagne. “Ora questa la beviamo insieme”. Ci piace pensare che succederà ancora. Ci piace pensare che brinderanno un’altra volta, in quello stesso palazzo, perché Gundo è tornato a casa.

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