Giro d'Italia 2025, cosa aspettarsi dall'edizione che partirà dall'Albania

Una volta si disegnavano i Giri per Moser e Saronni, poi li si infarcivano di chilometri a cronometro per Indurain, quindi si è cercato di indurirli per Pantani. Adesso ci vuole equilibrio, con attenzione al territorio, al politicamente corretto, agli investitori. Per la quindicesima volta il Giro partirà dall’estero, dall’ex paese ultracomunista, definito la Corea del Nord dell’Europa dal suo primo ministro, Edi Rama, il vero mattatore della presentazione romana. Uno che dice di saper guidare solo la bicicletta, di non avere la patente, di essere cresciuto ascoltando alla radio i duelli tra Merckx e Gimondi e di aver scelto il basket su sentito consiglio dei dirigenti del partito, visto che è alto 2.01. Il patron Urbano Cairo diventa l’uomo da consigliare alla Groenlandia per negoziare con Trump, “nessuno bravo come lui a trattare” dice il numero uno albanese pensando a chi farà diventare rosa il paese ex rosso, con le prime tre tappe. Corridori presenti pochissimi, anzi nessuno eccetto Antonio Tiberi, quinto un anno fa, politici tanti con confessioni inattese, come quella di Antonio Tajani, ministro degli Esteri, che dice di aver tifato per il regolarista Balmanion, in maglia Carpano, bianconera come la sua squadra del cuore. Il sindaco di Roma snocciola dati, con Roma che sarà ultima tappa per la settima volta e vedrà il Giro per la cinquantesima. Col Giubileo si attraverserà pure Città del Vaticano, sede di partenza nel 1974. A proposito di dati: 3413 chilometri e rotti, 21 tappe, 3 giorni di riposo, nessuna isola toccata, 15 regioni su 20, oltre ad Albania e Vaticano si andrà in Slovenia, terra degli ultimi 2 vincitori, Roglic 2023, annunciato al via, e Pogacar, 2024, destinato ad altre imprese, poco più di 40 km a cronometro, 3 arrivi in salita, 4 tappe di alta montagna e ultima settimana molto dura. Dei 52.500 metri di dislivello circa 10.000 saranno alla fine, terz’ultima e penultima tappa, arrivi a Champoluc e Sestriere. La cima Coppi, la più alta del Giro, va al Colle delle Finestre che nel 2018 è stato usato da Chris Froome per ribaltare la corsa e prendersi la maglia rosa. Montagna Pantani il Mortirolo, terribile nel nome e nelle pendenze, scalato tuttavia dalla parte meno tosta, da quella bresciana e lontano dal traguardo di Bormio . Difficile districarsi tra i numeri, meglio le sensazioni: bisogna essere pronti già all’inizio, con una “gamba” buona, con un percorso disegnato per dare un senso, una scrematura immediata, in modo di evitare ammucchiate in classifica e, soprattutto, sull’asfalto con corridori a rischiare di tutto e di più con una maglia in bilico senza gerarchie, una sorta di antidoto alle cadute. A Nibali e Contador, i veri personaggi presenti, 2 Giri a testa, piacerebbe correre un Giro così, che può essere in bilico fino all’ultimo e con le salite, stando allo spagnolo, soprattutto nell’ultima settimana a decidere. C’è anche chi la maglia rosa l’ha vinta un anno fa e la deve difendere, Elisa Longo Borghini. Non è un omaggio al politicamente corretto, sempre più esasperante, ma a una grande atleta, regolare, continua, sempre presente, piazzata, medagliata. Il suo Giro sarà dal 6 al 13 luglio, da Bergamo all’autodromo di Imola, dove ha preso un bronzo mondiale, Giro tosto, impegnativo, quindi per… lei. Ci saranno anche Vittoria Guazzini per la crono e Chiara Consonni per le volate, oro a Parigi 2024 in pista assieme nell’americana o, se preferite, Madison. Qualunque disegno va bene, le nostre ragazze sono competitive dappertutto. Troppo scontato dire che per i colleghi maschi, con le eccezioni di Ganna e Milan, non annunciati e diretti altrove, qualunque disegno non servirebbe.

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Giro d'Italia 2025, cosa aspettarsi dall'edizione che partirà dall'Albania

Francesco Pierantozzi