Formula 1, Antonelli e Colapinto a caccia di un sogno

Toto Wolff e James Vowles, sono apparentemente distanti, ma in realtà sono molto più vicini di quanto non sembrino. Il primo è un manager austriaco di madre polacca e ascendenze rumene, cresciuto in una scuola francese, messo alla prova dalla vita troppo presto dalla separazione dei genitori causata da una grave malattia poi letale al padre, costretto a forgiarsi da sé e diventato uomo di successo, elegante, ricco, bello, invidiato. Il secondo è un ingegnere britannico bene educato, svezzato in istituti e college di alto livello, travolto dalla passione per i motori, protagonista della unica e irripetibile stagione vincente della Brawn GP in Formula 1 e più somigliante a un compagnone reduce da una gita del fine settimana in spiaggia che a un ‘fottutissimo analista e stratega di corse’, come diceva di lui qualcuno in quell’anno straordinario dell’one dollar team. I destini dei due si sono spesso rincorsi e incrociati. Wolff nel novembre del 2009 comprò una quota della Williams entrando nel cda del gruppo, grazie alla holding Marchsixteen Finance Services LLP, guidando la storica scuderia di Grove, fondata da Sir Frank, fino a quotarsi in borsa e ne uscì da Direttore Esecutivo per poi entrare con la stessa carica in Mercedes, acquisendone il 30% delle azioni. Tra le scrivanie della sede di Brackley, in quel 2013, si aggirava già da poco più di tre stagioni proprio Vowles, reduce dal trionfo in Brawn del 2009, pronto a diventare una delle figure chiave dell’era d’oro di Hamilton e Rosberg, che dal 2014 al 2021 portò nelle bacheche della squadra di cui era presidente l’altro austriaco Niki Lauda ben otto titoli costruttori consecutivi e sette titoli piloti. Una egemonia nell’era turbo ibrida indiscutibile. Nel 2022, tuttavia, il britannico inquieto Vowles annuncia a Wolff di voler andare a ricoprire il ruolo di Team Principal proprio dell’affiliata Williams decaduta, accasandosi poco dopo Capodanno sulla poltrona che era di Jost Capito, lasciando così la Mercedes. I due tornano oggi protagonisti a distanza alla vigilia del week end di Monza, per una singolare coincidenza. Toto Wolff brucia le tappe e - sgambettando forse Vowles, che ha lasciato andare a malincuore - anticipa le sue mosse chiamando a girare sulla Mercedes Formula 1 di George Russel il bolognese Kimi Andrea Antonelli nelle prove libere del venerdì sul tracciato brianzolo. Il britannico della Williams - al quale pare fosse stato assicurato Antonelli per le ultime gare sulla monoposto affiliata - risponde immediatamente giubilando lo statunitense Logan Sargeant e chiamando al suo posto l’argentino Franco Alejandro Colapinto, prima scelta del nuovo corso della ‘cantera di Grove’ e attualmente sesto e davanti all’italiano nel campionato di Formula 2 in corso. Una scelta che in Italia non solo oscura un po’ il ritorno di un italiano in F1 , ma soprattutto che sbarra la strada al ‘vice-Sargeant’ designato, quel Mick Schumacher che sulla schiena porta le insegne proprio del team Mercedes di Wolff. Ciò che è fatto è reso… E non si dica che Wolff e Vowles non sono fatti della stessa pasta… Adesso però la palla passa ai due ragazzi, precipitati di colpo nella grande ‘macelleria’ della Formula 1, che non perdona ed è pronta a innalzare agli onori della cronaca o subissare di critiche chiunque soltanto la sfiori. Ne sa qualcosa il povero Ollie Bearman, che in Arabia Saudita si è trovato di colpo dalla pole in Formula 2 al volante di una SF-24, in sostituzione del ferrarista Carlos Sainz Jr., appiedato da un’improvvisa appendicite e chiamato a un esordio imprevisto con la livrea rossa numero 38. Undicesimo in qualifica, a punti e settimo in gara, ‘Driver of the day’ in corsa e osannato dalla stampa Mondiale: a diciotto anni è diventato in poche ore il più giovane pilota della storia di Maranello in F1, riuscendo anche ad andare a bersaglio. Finendo poi sistematicamente nel tritacarne delle stroncature per i successivi inspiegabili fallimenti una volta ritornato in F2. Ma allora? “Era un fuoco di paglia, non gli fa bene andare su e giù per i paddock, sembra un cocktail più che un pilota” e via dicendo… La Formula 1 è spietata. Antonelli e Colapinto lo sanno. A Colapinto Vowles ha chiesto per i prossimi nove Gran Premi cinque milioni di dollari di copertura finanziaria; uguale richiesta espressa per Lawson, franata su una risata di Helmut Marko. A differenza di Marko, la Bullet Sport Management di Jamie Campbell-Walter e Maria Catarineu ha al contrario detto okay e la trattativa si è concretizzata. Senza mai comporre il numero di cellulare di Mick Schumacher . Antonelli va con le sue belle speranze, invece, incontro ai sorrisi di Wolff che continua a esaltarne doti e qualità. Gli stati d’animo dei due piloti tuttavia saranno molto simili, perché passare da una categoria propedeutica alla passerella sognata per tutta una vita non è semplice. E non è una cosa per tutti. E’, anzi, una eventualità che premia pochissimi eletti. Ed è un po’ come diventare maggiorenni. Fughiamo ogni dubbio. E per una volta togliamo di mezzo intrallazzi, soldi e pure faccendieri e misteri buffi. Al netto di tutto, di sicuro salire di categoria e debuttare in Formula 1 è innanzitutto un premio al talento e alla determinazione. E’ evidente che in un mondo giusto i bravi, i capaci, i testardi prima o poi ce la fanno, ma dobbiamo essere realisti e ammettere che questo in assoluto un mondo giusto non è. Perciò quando arrivano ragazzi bravi e con stoffa cristallina è lecito ed è sacrosanto esultare ed esaltarne le doti. Antonelli e Colapinto fanno parte di quella folla di diciottenni moderni molto più maturi della loro età, nativi digitali, figli del loro tempo, estroversi con gli amici, un po’ meno con i ‘boomers’ che li circondano, studiano e amano i motori, pensano ai motori e non pensano ad altro che a un oggi che deve diventare in fretta domani di certezze. Hanno voglia di imparare e non ripetere gli errori. Non avere la patente di guida non è un handicap, non avere diciotto anni lo è diventato perché adesso da minorenni non è più concesso bruciare le tappe per arrivare così in alto. Si possono avere diciotto anni, non la patente, ma serve la superlicenza e una testa da ‘pilota’. E dietro le spalle un management solido o una ‘Academy’ che crede in te. Correre nelle categorie minori presenta costi enormi, proibitivi, che spesso non consentono proprio ai migliori di proseguire fino in fondo. Gianni Morandi cantava ‘uno su mille ce la fa’, oddio, forse non è così bassa la percentuale, ma per arrivare alla scrematura il percorso è arduo e tortuoso. In molti mollano prima, o sono costretti ad arrendersi. Quelli che ce la fanno, però, hanno poi davanti un’altra montagna da scalare. Alcuni fanno sembrare tutto molto semplice , ma la realtà è altra. I particolari, i dettagli da curare sono tantissimi e la ‘forma mentis’ alla quale i piloti devono adattarsi è completamente diversa, perché diverso è anche l’intero programma di tutto un week-end. Antonelli e Colapinto, per tornare a loro, avranno da compiere a Monza un vero e proprio reset di quanto hanno fin qui conosciuto e assimilato. A cominciare dagli atteggiamenti con la stampa e con il pubblico. Ogni loro gesto e ogni parola verranno vivisezionati. E i loro interlocutori non saranno più soltanto gli ingegneri di macchina e il team manager o il team owner. No. In Formula 1 c’è un addetto per ogni cosa, anche per il caffè. E ogni briefing equivale a passare ai raggi X la monoposto, le strategie, i dati, le telemetrie, le alternative. Il che significa anche includere in questo confronto continuo i gommisti e tutti i riferimenti che appartengono all’area gomme, ai meccanici, ai tecnici che lavorano su sospensioni, altezze, dischi, freni. E poi ci sono le Power Unit e si deve tener conto del controllo di gestione della parte ibrida e quindi dell’energia utilizzata. Come usarla, quando, come. Il volante è una consolle di gestione elettronica da centinaia di migliaia di euro che non serve solo a cambiare marce e sterzare. Comandi e selettori pretendono memoria, velocità e concentrazione per effettuare di continuo regolazioni che solo dall’abitacolo possono essere poste in atto. Basta un nulla per buttare tutto per aria. Per mancare il punto di frenata, incasinare una comunicazione, mandare in tilt il display, il pit limiter, il differenziale, il DRS, la pompa supplementare, la frizione in partenza, le mappe del motore, le varie modalità dell’ICE. La complessità delle macchine, lo stress, la pressione che si respira sono prove continue alle quali un pilota è sottoposto sin dal primo istante in cui varca il tornello del paddock. Debuttare in F1 è un desiderio che si realizza, indubitabilmente, ma l’intensità, l’emozione, l’impegno sono decuplicati. E Antonelli e Colapinto si ritroveranno davanti a una vera e propria vetta da aggredire e arrampicare. Che nulla ha che vedere con le ore passate alla simulazione, con i giri solitari virtuali. Immaginiamo una notte tesa, le libere per prendere i riferimenti della pista con il nuovo asfalto, lo studio della macchina e la ricerca del feeling e della fiducia al volante, gli stint per accumulare chilometri e piccole certezze prima di andare a regime, scansionare il degrado, testare i propri limiti con obiettivi diversi e scadenze diverse, tempi diversi. Entrambi per sorprendersi e sorprendere, entrambi per restare. Kimi e Franco, Antonelli e Colapinto. Finalmente in pista, a caccia di un sogno chiamato Formula Uno.