Newey-Ferrari, i perché di un matrimonio che non s'ha da fare

Il matrimonio non s’ha da fare. Neanche questa volta e forse, ormai, mai più. Adrian Newey ha scelto l’Aston Martin per continuare a dare forma al suo immenso genio creativo. L’uscita dalla Red Bull aveva fatto propendere – e sperare i tifosi – per il suo approdo a Maranello dopo un corteggiamento lungo più di vent’anni. S’era fatta avanti la McLaren per un ritorno, aveva accarezzato l’idea anche la Mercedes che al tempo era parecchio in difficoltà tanto da portare Toto Wolff a dire che “neanche un genio come lui potrebbe risolvere i nostri problemi attuali”. La Ferrari sembrava, dunque, la destinazione naturale. Quasi la chiusura di un cerchio, come una tappa obbligata e probabilmente l’ultima per consacrare ancora di più – qualora ce ne fosse bisogno – una carriera visionaria. La parola con Ferrari c’era, ma lo stesso team italiano ha sempre espresso di non voler partecipare a nessuna asta multimilionaria. L’uscita dell’ex direttore tecnico Enrico Cardile, destinazione ancora Aston Martin, sembrava aver fugato ogni dubbio ma non è stato così. Lawrence Stroll ha messo sul piatto una cifra di circa 100 milioni per tre anni, somma che ha convinto Newey a sposare il progetto e cercare l’ennesima invenzione per regalare una macchina competitiva ai massimi livelli a Fernando Alonso, fresco di rinnovo biennale. Non hanno pesato solo i soldi, ma anche le motivazioni personali. Adrian Newey in carriera è stato sempre restio a lasciare l’Inghilterra. L’Aston Martin ha recentemente rinnovato la sua sede di Silverstone con un progetto avveniristico, puntando su strutture che possono permettere il salto di qualità definitivo alla squadra. L’ex Red Bull ha sempre basato le sue scelte di carriera anche sulla vicinanza alla famiglia. Nel suo illuminato libro “Come ho progettato il mio sogno” Newey ha raccontato della possibilità più che concreta di andare in Ferrari a fine anni Novanta, finito il suo rapporto con la Williams. Un’offerta che gli ha tolto il sonno ma ha preferito declinare per rimanere nella più vicina Woking per la McLaren. Con esito quasi scontato in una carriera di trionfi. La prima Freccia d’Argento su cui ha veramente messo le mani è stata quella iridata del 1998 di Mika Hakkinen che, con David Coulthard, ha portato anche il titolo costruttori. Mondiale piloti replicato l’anno dopo e sfiorato nel 2000, mentre quello a squadre è volato a Maranello. Alla fine del secolo scorso ha vinto sei volte la classifica costruttori in dieci anni. Perché anche a Grove ha costruito Williams vincenti che hanno regalato il titolo ad Alain Prost, Damon Hill e Jacques Villeneuve. In mezzo, però, anche la tragedia di Ayrton Senna sulla FW16 da lui progettata. E, fatalmente, l’annuncio della separazione con Red Bull è arrivato il 1° maggio, giorno del trentesimo anniversario della morte del brasiliano. Una macchina troppo stretta in cui Magic faticava ad entrare e quel cedimento fatale di Imola che lo ha rincorso e tutt’ora lo rincorre: “Certo che mi sento responsabile per Ayrton. Era un progetto che non avrebbe mai dovuto vedere la luce”, ha scritto Newey nelle pagine del suo libro. Macchine spesso controverse, quasi al limite del regolamento. Una zona grigia che lo esalta, che lo spinge a trovare nuove soluzioni creative. Forse la parte preferita del suo lavoro, definita nel racconto della sua biografia, come il cambio regolamentare che ogni volta rappresenta una nuova opportunità. Come quello che arriva nel 2026, un’altra chance per dar vita ancora ai suoi raffinati disegni. Come fu nel 2010, anno in cui iniziò la prima epopea Red Bull con Sebastian Vettel poi ripetuta con Max Verstappen dal 2021 a oggi. Dopo Montecarlo, Newey si è definitivamente defilato dal box Red Bull e in estate è stata svelata la prima Hypercar targata Red Bull e firmata proprio dall’ex direttore tecnico. Dovrà, ovviamente, osservare un periodo di gardening e potrà essere effettivo sul progetto dalla metà del 2025, dunque in ottica 2026. E questo Aston Martin lo sa bene perché la qualità migliore di Newey, come detto, è esaltarsi nel momento del cambio regolamentare. Partendo cioè da una normativa vergine e andare ad immaginarsi come tirare fuori il massimo potenziale, andando a sfruttare soprattutto le aree meno chiare. Essendo il 2026 un nuovo punto zero del concetto aerodinamico, il genio inglese può esaltarsi come fatto in passato. Il vero punto di forza di Adrian Newey è la conoscenza capillare della macchina nel suo insieme, oltre ad essere un grande aerodinamico. Ed è per questo che una monoposto vincente non può arrivare solo da un reparto, dal motore o dalla meccanica ma dalla capacità di far comunicare queste componenti tra loro. Un’auto ha un’aerodinamica che sovrasta la meccanica, o viceversa, non potrà essere prestazionale. Perciò Newey ha sempre privilegiato un equilibrio che portasse al massimo della performance. Nel corso della carriera ha anche evoluto il suo approccio al lavoro. Non è più solo un disegnatore, ma dà un concetto e fa una bozza generale di ciò che vorrebbe e poi lascia spazio alle persone che ha cresciuto intorno a lui di proporre, trascrivere e sviluppare le sue idee. Quando arrivano dei buoni spunti, racconta chi lo conosce bene, è capace di fare una cernita accurata perché in grado di riconoscere idee brillanti che servono subito ma anche altre altrettanto intelligenti che però in quel momento non servono e metterle nel cassetto per il futuro. Tra i suoi uomini ci sono Dan Fallows, direttore tecnico che ritrova in Aston Martin, e Pierre Waché, omologo della Red Bull. Ed è proprio qui che la squadra di Stroll spera di fare il salto di qualità, riaffiancando l’allievo al suo mentore. Come contraltare, la Red Bull, principale benchmark per tutti negli ultimi anni, ha perso una parte di quella sua perfezione perché lo stesso Waché, una volta rimasto orfano di Newey, ha dimostrato di faticare. Con un Verstappen che fa volare la Red Bull, una McLaren a tratti dominante in questa parte di stagione, una Ferrari che nel 2025 si schiererà con Leclerc e Hamilton in griglia e la nuova Mercedes che ci si appresta a vedere, anche Aston Martin vuole iscriversi di diritto nella lista delle contendenti del futuro. Soprattutto per il 2026, quando si entrerà nel terreno di Newey.

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