Newey all'Aston Martin, not only for money: i perché della scelta del progettista

Dall’Italia, dopo la presentazione di Adrian Newey, forse mai un tecnico è stato presentato così in pompa magna, nella storia della Formula 1, si alza il coro: “l’ha fatto solo per soldi”. Detto che i soldi sono importanti per tutti e chi più ne ha più ne vuole, perché magari ha anche un tenore di vita che lo richiede, non sta certo a noi giudicare il discorso economico, perché il business è business. Newey è partito da soldato semplice ricoprendo vari ruoli all’interno delle squadre per arrivare a essere un generale. La Ferrari gli offriva di continuare a essere tale, ma con la prestigiosa divisa Ferrari e con un esercito pronto a seguirlo. Il prestigio e il romanticismo dell’impresa non sono però riusciti a convincere il generale a fronte dell’opportunità di diventare imperatore. Eh sì, perché la geniale offerta di Stroll, che non dimentichiamo ha salvato Aston Martin dal fallimento, per uno che nella sua vita ha sempre avuto dubbi a lasciare la sua amata made patria era irrinunciabile. Detto che Ferrari, così come Mclaren e chi ha mostrato interesse per Newey, ad esempio anche Williams e Mercedes, hanno fatto benissimo a non partecipare all’asta. Per Ferrari, non sarebbe stata sostenibile, Ferrari non cede quote e avrebbe creato grande malumore nelle truppe sapere che il generale prende quanto tutte loro messe insieme, soprattutto se poi le cose non avessero preso la piega giusta, il che non è automatico. Newey ha fatto bingo diventando adesso anche proprietario, almeno in parte, di Aston Martin. Un passaggio che mancava al generale e che nessun altro gli poteva dare. Con questa mossa tutte le altre chiacchiere stanno a 0. Inizia una nuova dimensione per ‘the genius’, quella del patron, in quota certo, ma pur sempre padrone. Non ci sarà quindi il sempre inseguito matrimonio con Ferrari, ma se fino a ora erano stati flirt o prove di fidanzamento, questa volta brucia di più perché di fatto la Ferrari aspettava all’altare e Newey non si è presentato perché in Aston ha visto una scelta e una vita migliore. Forse si poteva evitare la frase, studiata a tavolino, “Ferrari e Aston rappresentano nel motorsport e nell’automotive il massimo del prestigio”, uno perché c’è chi avrebbe molto da ridire e poi perché bastava dire che diventare proprietario, in quota, di un marchio così importante come Aston era il sogno che inseguiva fin da bambino. È apparsa come una giustificazione al fatto che non si sia presentato all’altare con Ferrari. Alla fine, penso che Ferrari abbia poco da rimpiangere, perché è evidente che non ci sia mai stato un amore vero e incondizionato e, se uno in tanti anni non si è mai convinto a fare il passo, credo che si vada ben oltre al discorso economico. Meglio proseguire con chi mostra amore e attaccamento alla causa. Adesso dire che Aston possa dominare nel 2026 sarebbe fare un passo più lungo della gamba. Intanto bisognerà sistemare le figure attuali e farle lavorare tutte insieme d’amore e d’affetto, ma arriverà Honda e soprattutto Aramco potrà avere un ruolo chiave per far sì che con il cambio delle regole, i verdi possano aprire un ciclo. Per il bene dello sport speriamo che il tutto resti simile a oggi con un bell’equilibrio. La certezza è che i top team diventano cinque, in attesa di vedere come si presenterà Audi e Alpine, che resta pur sempre un costruttore. Se aggiungiamo che Vicarb ha ambizioni da grande, perché adesso lo vuole tutta la famiglia Red Bull, Williams pensa in grande prendendo Sainz, Haas rischia di restare l’unica cenerentola. Ma per tutto questo c’è tempo.

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