Metti una sera a cena tre abruzzesi che hanno corso in F1

Metti una sera a cena tre abruzzesi che hanno corso in F1. Gli chiedi: “Parlate a ruota libera della vostra F1…”: fa quasi ridere. E così partono quasi come se fossero sulla griglia tutti e tre in pole position. Tre generazioni differenti per Gabriele Tarquini, Jarno Trulli e Vitantonio Liuzzi, per età e anche per monoposto portate in pista. Gabriele, giulianese doc, anno 1962, in Formula Uno è stato uno dei talenti più lucidi espressi dal nostro motorismo . Certo allora i soldi cambiavano molto il ruolo che avresti potuto avere in pista, soprattutto se il team non era particolarmente facoltoso. Gabriele veniva dal kart, dove aveva vinto tutto e dalla formula 3000. Enzo Osella lo portò immediatamente nella sua squadra e lo fece esordire in F1 al GP di San Marino nel 1987. Enzo Coloni stravedeva per lui a tal punto che avendo appunto bisogno di soldi e di tenere stretto un pilota con la valigia, in un GP di Imola, decise di chiedergli un favore. La leggenda narra che la differenza di prestazione tra i due componenti del team fosse particolarmente evidente. Ma uno portava i soldi e quindi, come spesso accadeva, non poteva non salire in macchina. Allora si facevano due qualifiche separate, con un pilota del team per ogni qualifica. Nella prima Gabriele mise la sua monoposto in ottima posizione sulla griglia e poi scese in pista anche nella seconda. E sempre la leggenda narra che lo fece in occhiali scuri, o almeno così si pensa. Sembra che neppure i meccanici si accorsero del cambio pilota fatto sta che la monoposto numero due risalì la classifica. Ci si accorse, quello sì, che dal bagno all’interno del box, in rapida successione uscirono due piloti al termine delle qualifiche 2. Chissà se la leggenda fu mera realtà!? Meno travagliata l’esistenza in F1 di Jarno Trulli , sempre molto veloce e in grado di impensierire gli avversari. La monoposto era della seconda generazione, ovvero non più quella di Tarquini, ma un qualcosa di meccanico e aerodinamico e elettronico molto più evoluto. Pensate che al Fuji un anno, sempre Gabriele Tarquini che commentava le gare con noi a Telepiù, scese nella hall dell’Hotel e vide in bella mostra una delle monoposto che aveva portato in pista: “ma io guidavo quella macchina” fu la prima esclamazione. Jarno al contrario era già seduto su una Minardi al suo primo GP di F1 nel 1997. Una monoposto della seconda generazione come la chiamano in gergo. Assistita elettronicamente e più semplice da portare al limite, anche se sempre un’incognita da gestire in gara. Dimostrò da subito di avere delle grandi qualità e fu così che ebbe addirittura il lasciapassare della Minardi per guidare una Prost, chiamato a sostituire Olivier Panis dopo un grave incidente. Poi ci fu il passaggio in Jordan e poi fu scritturato alla corte di Briatore in Renault. Qui a un certo punto il clima all’interno del box non era dei migliori. L’arrivo di Fernando Alonso, anche lui proveniente dalla Minardi, finì per creare una concorrenza piuttosto accesa. Flavio Briatore, proprio poco prima del GP di Montecarlo, ai nostri microfoni ebbe parole poco lusinghiere nei confronti dell’italiano. E Jarno ci mise subito una pezza andando a conquistare la sua prima vittoria in F1, proprio a Montecarlo e mettendosi in classifica alle spalle il suo compagno di squadra. “La faccia di Flavio, me la ricordo ancora adesso”, disse ai suoi due compaesani Jarno. Posso confermare, dovette rimangiarsi il tutto ed esultare per il grande successo ottenuto dal pescarese…che rivincita! Su di una F1 moderna o quasi al contrario c’è salito Vitantonio Liuzzi , pescarese d’adozione ma sempre Abruzzese. Era considerato il vero astro nascente italiano, dopo aver vinto tutto nei go-kart ed essendo tra i piloti più giovani in pista. Cappellino da rapper e molto moderno nel parlare e gesticolare. Nel 2004 la Red Bull decise di affiancarlo ai piloti ufficiali, come terzo pilota e successivamente, l’anno dopo, di schierarlo in pista nel GP di San Marino dove centrò un ottimo ottavo posto portando a casa il suo primo punto alla sua prima gara. “Ero troppo moderno nei miei atteggiamenti per quella Formula Uno e dovetti necessariamente ridimensionarmi - ha sentenziato- così la Red Bull quando acquistò la Minardi mi trasferì alla Tororosso”. Ma l’occasione della vita la ebbe proprio a Monza, quando il suo compagno di squadra Giancarlo Fisichella andò in Ferrari e liberò il posto per Vito in Force India, assieme ad Adrian Sutil. Quella monoposto viaggiava alla grande con motore Ferrari. Era reduce da una pole position e da un secondo posto in quel di Spa-Francorchamps. A Monza in griglia era settimo e tutto lasciava presagire ad un risultato super, dati anche i progressi della monoposto e l’affidabilità raggiunta. “Le famose sliding doors - ci racconta - sono le porte che ti fanno entrare nell’Olimpo o ti cacciano agli inferi. Io non posso dire di essere stato all’inferno, perché ho avuto una vita agonistica incredibile, ma se non si fosse rotto il cambio, in quel Gran Premio, la mia vita in F1 sarebbe drasticamente cambiata”. Insomma, tre racconti inediti della lunga serie, durante una cena per tre personaggi che hanno soggiornato in F1 con alterni risultati, ma sempre super competitivi. Pensate, Gabriele Tarquini ha vinto il mondiale WTCR a 54 anni nel 2018. Gli abruzzesi non mollano mai, neppure nella conta degli arrosticini. A casa di Jarno Trulli, grazie a suo padre Enzo, come quella sera, ho visto montagne di bacchettine spolpate per bene. In F1 come a tavola tre grandi personaggi.

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