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MotoGP, GP Argentina. La Honda parte bene: ecco perché

MotoGp
Marquez nel GP del Qatar (foto: Getty Images)

Dopo anni di dominio pressoché assoluto, nelle ultime stagioni i risultati ottenuti in MotoGP dal team Honda HRC sono stati attribuiti più al talento indiscutibile di Marquez che al livello tecnico della moto. In effetti, in più occasioni, lo sviluppo e la messa a punto della RC213V sono sembrati non eccelsi, tanto che la moto giapponese non è quasi mai stata considerata la motogp di riferimento. In questo avvio di stagione però qualcosa sembra essere cambiato (confermato anche nel venerdi di Termas). Approfondiamo il tema con il supporto dell’ing. Giulio Bernardelle

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In passato abbiamo sentito Marquez più volte lamentarsi per la poca accelerazione, a suo dire inferiore a quella dei principali rivali, mettendo in luce che anche la supremazia in campo motoristico, da sempre riconosciuta alle Honda da Gran Premio, non era più tale. Ci si è più volte chiesti quanto avrebbe vinto la Honda senza il suo campione spagnolo alla guida ed anche i risultati di Pedrosa che, seppur con la consueta poca costanza, sono sempre arrivati, non sono riusciti a fugare i dubbi sulla bontà del progetto della V4 marchiata con l’ala dorata.

Qualcosa è cambiato

Nel 2017, però, dopo un avvio di stagione ancora un po’ difficile, lo sviluppo della RC213V ha mostrato di essere tornato ad una impostazione corretta tanto che la moto è migliorata per tutta la stagione. A novembre, a Valencia, Marquez appena riconfermatosi campione e Pedrosa hanno entrambi avuto a disposizione un prototipo completo della moto 2018, mentre i rivali si sono limitati a provare dei componenti evoluti sulle moto conosciute. Lo scorso gennaio i risultati cronometrici ottenuti durante il test a Sepang, pista ostica alla 4 cilindri Honda, sono stati davvero buoni ed in effetti in Qatar nel primo GP della stagione appena iniziata Marquez ha lottato con Dovizioso per la vittoria fino all’ultima curva in uno dei circuiti più congeniali alla Ducati ed al fortissimo italiano.

Questa stagione, quindi, è iniziata molto bene per il team HRC e nella trasferta americana dove si gareggerà su due circuiti “amici”, la RC213V 2018 non potrà che confermare di essere tornata al vertice della MotoGP.
Vediamo come è evoluta la moto da gran premio giapponese analizzandola nei tre aspetti tecnici principali.

Motore, evoluzione non rivoluzione

A partire dalla stagione 2015 il V4 giapponese ha subito una radicale evoluzione dei suoi organi interni, mentre il layout del propulsore con l’angolo della V tra le due bancate cilindri di 90° ed il posizionamento molto rialzato dell’albero motore all’interno del telaio sono rimasti pressoché invariati.

Questo processo di evoluzione è stato dettato principalmente dalla necessità di adeguarsi alle modifiche regolamentari (elettronica unica, pneumatici Michelin) oltreché da esigenze legate alla guidabilità della moto. Il V4 Honda, tra i motori top, è quello che è evoluto nel modo più radicale e questo anche se il regolamento vieta di apportare modifiche di carattere meccanico durante la stagione e limita il numero di motori che possono essere utilizzati dai top team.

Fino al 2016, Honda cercava potenza facendo girare il motore a regimi molto elevati tanto che la sua sonorità acuta era facilmente riconoscibile da bordo pista. Questa regolazione, probabilmente, poteva aver portato a dei vantaggi prestazionali all’epoca delle Bridgestone e con le possibilità dovute al software elettronico sviluppato in maniera autonoma. L’avvento delle Michelin che tendono a degradare in modo più marcato durante il GP e devono per questo essere stressate il meno possibile e le possibilità inferiori offerte dal software unico, hanno spinto la Honda a cambiare strada, cercando la prestazione con una migliore guidabilità. Per questo il motore da “screamer” è diventato un “big bang” con fasatura di scoppio irregolare e sono cambiati più volte anche gli scarichi alla ricerca di una curva di coppia più piena ai regimi di giri medio-bassi. In questa MotoGP la bontà di un motore è dovuta alla sua guidabilità e alla sua capacità di accelerazione più che alla potenza di picco ed in effetti in Qatar Marquez ha mostrato di poter tenere la scia della Ducati ufficiale senza grossi problemi.

Il motore Honda è stato l’ultimo tra i primi della classe ad adeguarsi alla “moda” dell’albero controrotante, soluzione adottata nel 2016 e promossa sia da Marquez che da Pedrosa alla ricerca di una più marcata tendenza al sovrasterzo in uscita di curva.

Elettronica, Honda come Ducati è al top

Può sembrare paradossale considerare l’elettronica un campo determinante su cui investire in termini di sviluppo in tempi in cui il regolamento tecnico impone sia un hardware che un software unico ed uguale per tutti.
A ben vedere, però, nelle gare degli ultimi due anni ha vinto molte volte chi ha saputo preservare al meglio la gomma posteriore dal rapido degrado ed in questo, con motori da 270 cavalli da gestire, il contributo dei sistemi di controllo dell’erogazione della coppia motrice sono fondamentali.

Assieme a quella Ducati, l’elettronica Honda ha raggiunto ora un livello di messa a punto assoluto, dimostrando di avere uno dei due migliori sistemi per la gestione del “traction control” durante il GP. Questo è dovuto ad un lavoro enorme fatto sulle mappature, ma anche sulla programmazione della “piattaforma inerziale”, l’unico elemento del pacchetto elettronico MotoGP nel quale le Case possono ancora implementare un software sviluppato in maniera autonoma.

Ciclistica: maneggevolezza da riferimento

La RC213V è cambiata poco sul piano delle geometrie del suo telaio che continua ad essere il più “svelto” e maneggevole della MotoGP. Sotto questo aspetto la moto è stata sviluppata seguendo, inizialmente, lo stile di guida spigoloso di Pedrosa del quale Marquez è un interprete ancora più efficace. La moto è studiata per poter compiere la manovra di curva nella maniera più rapida possibile ed è per questo che permette a Marquez in alcuni tratti di pista delle linee che gli altri non potrebbero nemmeno approcciare.

Dallo scorso anno è iniziato un approfondito lavoro di sviluppo delle rigidezze del telaio alla ricerca di adeguare la struttura del veicolo alle caratteristiche degli pneumatici Michelin, totalmente differenti dalle gomme Bridgestone utilizzate per tante stagioni. La modifica più evidente è stata il forcellone in carbonio che si è visto durante i test invernali; è ancora troppo simile nella forma a quello in lega leggera per poterlo considerare un componente pronto per essere deliberato, ma se le prime positive impressioni dei piloti verranno confermate, permetterà ad Honda di compiere un altro passo verso il ritorno al primato tecnologico tanto ambito dai vertici della casa giapponese.