In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Honda e Superbike, numeri e tutte le curiosità: l'avventura Ten Kate

SBK

Michele Merlino

SECONDA PARTE. In collaborazione con Michele Merlino, l’uomo dei numeri, entriamo negli archivi del mondiale delle derivate di serie. Dopo Ducati e Kawasaki ecco la Honda. Numeri, statistiche, curiosità sulla casa di Tokyo nel World Superbike

SBK, HONDA: PRIMA PARTE - LO SPECIALE SBK

Condividi:

L’abbandono totale del mondo Superbike per la Honda dura di fatto un solo anno. Di fatto, perché nel 2004 sfornano la quadricilindrica CBR 1000 RR e, visto che il regolamento ora ammette le 4 cilindri di 1000 cc., l’olandese Ronald Ten Kate, che già schiera le CBR 600 nel mondiale Supersport, decide di fare il salto di categoria “with a little help from my friends” si potrebbe cantare.

L'avventura del team Ten Kate

Ten Kate nella sua avventura infatti non è solo: la Honda fornisce supporto alle CBR, anche se il coinvolgimento è a metà strada tra l’ufficiale e l’ufficioso. Honda può schierare il suo team senza tornare (dopo un solo anno) sulle decisioni che le fecero abbandonare le derivate dalla serie, ed il team Ten Kate è una solida realtà con cui relazionarsi in modo professionale.

CBR

La CBR, dal canto suo, aiuta: Ten Kate nel 2004 schiera il campione del mondo Supersport Chris Vermeulen, ed è subito competitiva. Tre successi a spezzare una sequenza di 35 vittorie Ducati (record assoluto tuttora imbattuto). Non male per iniziare: c’è motivo per crederci. E infatti, Ten Kate e Honda ci credono: la CBR continua nella sua evoluzione. Nel frattempo patisce l’uragano Suzuki, che entra in forze nel 2005 e domina; l’uragano (di ritorno) di Bayliss, che si rifà degli insuccessi nel motomondiale dominando il mondiale 2006, ma la Honda è lì, manca poco. Dietro a Bayliss infatti, nel mondiale 2006 si piazza Toseland con la CBR, seppure a un centinaio di punti di distanza.

Stagione 2007

Nel 2007, il successo: Bayliss non è quello del 2006, patisce l’infortunio di Donington (amputazione del mignolo destro), Toseland si trova come rivali il neo-arrivato Biaggi e Noriyuki Haga, che ancora non ha la fama di eterno secondo, ma che in questa stagione comincia l’opera. Toseland non sbaglia praticamente nulla. Quel praticamente è la prima delle due gare di Magny Cours, il week-end di fine stagione, in cui James tampona Lanzi alla prima curva ed Haga vince. La buona notizia per Toseland, nella disgrazia del ritiro, è che Biaggi finisce dietro a lui e non è più in lizza per il titolo in gara 2. Ma questo non basta a tranquillizzare Toseland, che in gara 2, per usare una descrizione fantozziana, va nel balordone più completo, commettendo errori su errori. Miracolosamente raggiunge il sesto posto finale, che gli dà il titolo, negandolo ad Haga per due punti. E’ il canto del cigno per la Honda: nonostante si affidino a Carlos Checa nel 2008, non riescono a contrastare lo strapotere di Bayliss, e nemmeno le Yamaha R1 di Corser e Haga. La Superbike sta diventando terribilmente competitiva in questi anni: l’Aprilia porta a maturazione il progetto RSV4, la Ducati evolve incessantemente i suoi modelli, la Yamaha ingaggia il talento Spies e per la Honda Ten Kate, semplicemente, non c’è più spazio per lottare per il titolo.

L'importanza di Rea

Nel 2009 non arriva solo Spies nel mondiale Superbike, esordisce anche il secondo classificato nel mondiale Supersport, Jonathan Rea: nel suo anno da rookie vince due gare. Il nord-irlandese è una benedizione, ma anche una maledizione per la Honda: una benedizione perché vince, non tantissimo, ma vince, ogni anno quanto basta per mettere il nome Honda nella bacheca dei vincitori. Non è in grado di giocarsi i mondiali, ma per una struttura satellite come la Ten Kate, è comunque una situazione in cui tutti escono a pancia piena. Veniamo alla maledizione: il talento di Rea è talmente grande da mascherare i problemi della moto, ormai cronicamente datata e lenta rispetto alla concorrenza. Il risultato è che appena Johnny se ne va in Kawasaki, alla Honda si presenta un conto salatissimo. L’anno è il 2015 e basta un dato per riassumere l’importanza di Rea: i piloti Honda, Guintoli e Van der Mark ,collezionano 4 podi e nessuna vittoria; l’anno prima Johnny, da solo, aveva ottenuto 4 vittorie e 9 podi.

In caduta libera

Da quel momento è caduta libera: nonostante l’ingaggio di Nicky Hayden ed i tentativi di migliorare la CBR, la Honda sprofonda nell’anonimato (o peggio). Dal 2015 in poi, ottengono una sola vittoria, con Hayden nel 2016 in una bagnatissima Sepang. E il 2016 è l’ultimo anno in cui sono saliti sul podio. Non serve aggiungere altro.

Il presente

Il 2020, nelle intenzioni della Honda, dovrebbe essere l’anno della rinascita: la CBR è veramente cambiata (gli aggiornamenti degli anni precedenti erano molto evidenti nei comunicati stampa, molto meno in pista), il team, finalmente, è il glorioso HRC, e si sono affidati al fenomeno Bautista. Ci sono tutti gli ingredienti per un percorso di successo, anche perché difficilmente la Honda metterebbe il suo prestigioso nome “HRC” a rischio.