Honda e Superbike, una storia di ritorni

SBK

Michele Merlino

PRIMA PARTE. In collaborazione con Michele Merlino, l’uomo dei numeri, entriamo negli archivi del mondiale delle derivate di serie. Dopo Ducati e Kawasaki ecco la Honda. Numeri, statistiche, curiosità sulla casa di Tokio nel World Superbike

SBK, KAWASAKI: PRIMA PARTE - SECONDA PARTE -  LO SPECIALE SBK

Come è iniziato tutto?

Sono “facili” gli inizi di Honda nel mondiale Superbike: hanno una moto competitiva, la RC30, ed un pilota esperto di Superbike, Fred Merkel, un’accoppiata che si aggiudica i primi due titoli, il 1988 e 1989. Non sono domini assoluti: le varie Bimota (Tardozzi), Yamaha (Pirovano) e Ducati (Lucchinelli) nel 1988 sono degli avversari a volte più veloci di Merkel, che tuttavia ha il pregio della continuità, del sangue freddo nei momenti decisivi e di un pizzico di fortuna, soprattutto nel round finale di Manfeild, nel quale Tardozzi cade nel giro di formazione di gara 2, dando una grossa mano a Fred. Nel 1989 Merkel replica, questa volta seguito in classifica da Mertens, anche lui su Honda, ma già si fa strada la concorrente più agguerrita, la Ducati, il cui pilota di punta, Roche, è il primatista di vittorie nella stagione. Senza un impegno ufficiale da parte di Honda, inizia il declino della RC30: Ducati e Kawasaki hanno le migliori Superbike all’inizio degli anni ‘90, e la RC30 finisce nell’oblio.

Arriva il team Castrol - Honda

Honda decide di investire in Superbike nel 1994: creano un nuovo modello, la RC45, nota anche come RVF 750R, evoluzione marcata della mitica ma ormai obsoleta RC30 (VFR 750R) e schierano un team ufficiale, sponsorizzato dalla Castrol, la cui livrea tricolore è una delle più iconiche dell’intera storia del mondiale. Gli sforzi dell’investimento non tardano a dare i loro frutti: Aaron Slight e Doug Polen sono terzo e quarto nel mondiale, dietro ai duellanti Fogarty (Ducati) e Russell (Kawasaki). Nel 1995 Slight è terzo, in un anno dominato da Fogarty, che lascia pochissimo spazio agli avversari. Nel 1996 il suddetto Fogarty approda in Honda, ma non è un matrimonio felice: vince quattro gare, ma nel mondiale fa peggio di Slight e se ne torna in Ducati. Aaron, ormai bandiera del team Castrol Honda, è di nuovo secondo in campionato, ma il bilancio di vittorie è di 7-1 per Corser, giovanissimo campione per la Ducati. L’anno della consacrazione per la RC45 è il 1997: Fogarty lascia il posto libero a Kocinski, che vince a mani basse, con Fogarty secondo a masticare amaro. Ma Carl deve ingoiare il rospo solo per una stagione: rivince il titolo nel 1998, battendo di nuovo Slight, e nel 1999, sconfiggendo ancora la Honda, questa volta a finire secondo è Colin Edwards, mentre Slight è quarto. Una piccola parentesi per il neozelandese Slight: dal 1993 al 1998 finisce il mondiale per due volte al secondo posto e in tre occasioni è terzo. Se volevate la definizione di eterno piazzato, siete serviti.

Colin Edwards

La sfida del bicilindrico

La RC45 non basta per vincere il titolo: il regolamento della Superbike prevede che le moto a 4 cilindri abbiano una capacità massima di 750cc, mentre le bicilindriche possono arrivare a 1000. E’ un’equivalenza difficile da gestire per gli organizzatori e, per chi ha lo svantaggio della cubatura inferiore, da digerire. Che fare? Si mettono da parte le polemiche e le recriminazioni e si costruisce una bicilindrica 1000cc.? Più facile a dirsi che a farsi, dirà qualcuno, ma per la Honda sembra facile a dirsi e a farsi, visto che sforna la VTR1000 (RC51) e domina nel 2000 con Edwards. Nel 2001 perdono di poco contro Bayliss, ma rivincono nel 2002, sempre con Edwards.

Hanno battuto la Ducati sul terreno delle moto italiane, i due cilindri, in due anni su tre e con una moto nata dal nulla: un’impresa leggendaria.

L’assenza

L’anno è quello da più parti ritenuto il più cupo per il mondiale Superbike: il 2003. Il motomondiale è passato ai 4 tempi e per il mondo dei produttori c’è una sorta di “crisi di identità”. La domanda che in molti si pongono è: “che senso ha avere due campionati di moto a 4 tempi, soprattutto sei i costi del mondiale delle derivate dalla serie non sono per nulla trascurabili?”. Questa domanda non se la pongono solo i vertici Honda, ma quasi tutti i team giapponesi, che si ritirano in blocco dal mondiale Superbike. La Honda ha dimostrato di saper vincere con le 4 cilindri e con le bicilindriche, una buona occasione per uscire da campioni. Cancellano il team Castrol e abbandonano le VTR al loro destino: nel 2003 partecipano solo in mano a dei team privatissimi, fedeli al bicilindrico del sol levante.


Continua…
(Seconda parte della storia Honda online il 12 maggio 2020)