La MotoGP ha bisogno di più piloti? Un'idea potrebbe essere attingere dalla Moto2

Al Sachsenring si è verificata un’anomalia: per la prima volta da tantissimi anni a questa parte la gara è stata conclusa da soli 10 piloti. Considerando che a punti vanno addirittura in 15 , è stato brutto per lo spettacolo ma soprattutto strano per la classifica. Se guardiamo alla griglia di partenza, solo 18 piloti dei 22 previsti si sono presentati sullo schieramento; uno di loro, Lorenzo Savadori, è tra l’altro un collaudatore, chiamato per sostituire l’infortunato Jorge Martin, fuori da inizio stagione per un bruttissimo incidente in Qatar, quando finì sotto le ruote della Ducati di Di Giannantonio. Come se non bastasse l’assenza del campione del mondo, al Sachsenring mancavano anche Chantra , Morbidelli e tutto il team Tech3, con Enea Bastianini colpito da un attacco di appendicite e Maverick Vinales fermato da una lussazione alla spalla procurata durante le prove ufficiali. Certo, è impossibile prevedere tutte questi fattori, gli acciacchi come le cadute, però visto il numero dei piloti arrivati al traguardo durante lo scorso Gp si possono fare due considerazioni. La prima riguarda il circuito della Germania. Il Sachsenring è sì una pista suggestiva, che ogni anno richiama moltissimo pubblico, ma è anche un tracciato corto – sotto i quattro chilometri, il più breve di tutto il campionato – e molto articolato, con una velocità media altissima di quasi 170 km/h sul giro. Non sono altrettanto notevoli le misure di sicurezza, con le vie di fuga che sono poche e anche molto brevi, tanto che nel weekend spesso si sono dovute interrompere le prove e le qualifiche in MotoGp e in Moto2 per risistemare le barriere che erano state danneggiate dalle cadute dei piloti. La seconda considerazione, più generale, riguarda i piloti. Spesso in questa stagione – ma anche nelle scorse – abbiamo assistito a moto ‘ferme’ perché i piloti non potevano scendere in pista a causa di infortuni che si erano procurati in un precedente weekend di gara. Si è palesata una difficoltà molto grossa nei team di MotoGP a reperire dei piloti da poter chiamare in sostituzione dei titolari. In passato la soluzione era chiamare piloti dai campionati Superbike, atleti di livello abituati e capaci a guidare dei mezzi così potenti e pesanti. Oggi la Superbike invece ha ‘chiuso i battenti’: per motivi contrattuali e/o di sponsor non presta più i suoi piloti alla MotoGP. Anche giustamente. Mentre i campionati nazionali, un tempo di grande prestigio e capaci di forgiare professionisti di qualità che potessero affrontare il salto in caso di necessità, oggi hanno troppo distacco con la MotoGP in termini di prestazioni, regolamento, elettronica e tenuta gomme. Una soluzione potrebbe essere che le scuderie della MotoGP comincino a guardarsi indietro verso la Moto2, creando dei team satellite che possano svolgere anche la funzione di ‘vivaio’ per i giovani talenti che un giorno, oltre a poter fare il salto di qualità nella classe regina, possano fungere da ‘riserve’ di quelli che sono i piloti ufficiali in caso di infortuni o assenze di qualsiasi tipo nel corso della stagione. Imparando a guidare durante i test insieme ai collaudatori prenderebbero confidenza con la moto della loro scuderia, permettendo di avere una griglia sempre ricca e competitiva a prescindere da ogni inconveniente. Come fece, per esempio, la Ferrari nel 2024, quando sostituì Carlos Sainz con il giovane Ollie Bearman durante il Gran Premio di Jeddah, con ottimi risultati. Questa pratica, sfruttata solo parzialmente dalla KTM, sarebbe anche un regalo per gli appassionati, che non si meritano di vedere solo una decina di piloti al traguardo, come successo al Sachsenring.

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La MotoGP ha bisogno di più piloti? Un'idea potrebbe essere attingere dalla Moto2

Mauro Sanchini