Lillard e McCollum combinano per 63 punti, ma neanche il rientro di Jusuf Nurkic cambia le cose: Golden State rimonta 16 punti in 4 minuti e vince 119-113 nonostante le assenze di Steve Kerr e Kevin Durant
Forti di un vantaggio nella serie di 2-0 e senza poter contare su uno Steve Kerr fermato da una misteriosa “illness” — oltre che su Kevin Durant, Shaun Livingston e Matt Barnes come già successo in gara-2 —, i Golden State Warriors avrebbero avuto tutte le ragioni per cedere sul campo dei Portland Trail Blazers. E considerando che erano sotto di 16 punti nel terzo quarto dopo aver chiuso il primo tempo sul -13, la maledizione delle gare-3 (perse tutte le ultime cinque disputate dalle finali di conference del 2015 in poi) sembrava potesse confermarsi ancora una volta. E invece un classico parziale da 19-1 a metà terzo quarto ha completamente ribaltato la sfida con Portland, finendo poi per vincere con il punteggio di 119-113 e prendere il definitivo controllo sulla serie portandosi sul 3-0. Una prova di forza impressionante, grazie a uno Steph Curry da 34 punti e 8 assist (miglior marcatore della gara e autore degli ultimi 9 punti dei suoi), 24 di Klay Thompson (11 punti fondamentali nel parziale che ha cambiato la gara), un Draymond Green semplicemente ovunque (9 punti, 8 rimbalzi, 7 assist, soprattutto 6 stoppate e 2 recuperi), 11 dell’utile rookie Patrick McCaw in quintetto al posto di Durant e l’ottimo contributo della panchina con Andre Iguodala (16 punti e 7 rimbalzi) e JaVale McGee (14 con +24 di plus-minus in 15 minuti, determinante col suo ingresso in campo nel terzo quarto e nel chiudere i lob sopra il ferro).
Il riassunto di due partite
L’andamento di gara-3 ha rispecchiato un po’ quello delle prime due partite: nel primo tempo i Blazers sono tornati a spingere sull’acceleratore come fatto in gara-1, segnando 67 punti (123.4 il rating offensivo) con 17 di C.J. McCollum e 22 di Damian Lillard (13/24 dal campo con 7 triple combinate). Nei primi 24 minuti i Blazers hanno tirato con un ottimo 53% dal campo, sfruttando anche la spinta emotiva del rientro in quintetto di Jusuf Nurkic (+9 di plus-minus in 8 minuti) e un totale dominio a rimbalzo (29 contro 14). Nel secondo tempo però i Golden State Warriors hanno alzato il livello difensivo esattamente come fatto in gara-2, tenendo gli avversari al 33% al tiro e al 26% dall’arco (5/19) forzando alla fine 16 palle perse, per un rating difensivo di 87.5 punti concessi su 100 possessi. In pratica gli Warriors hanno oscurato la vallata ai Blazers, contestando 28 tiri a Lillard e McCollum (contro i 18 non contestati) e sfidando al tiro dei non-tiratori come Al-Farouq Aminu e Evan Turner (2/7 dall’arco per i due, nonostante i 31 punti combinati). Una superiorità anche mentale, dimostrata dai 3 rimbalzi offensivi (sui 6 di tutta la gara) catturati nel finale di partita con il punteggio ancora in bilico, distruggendo una volta di più le speranze dei Blazers. Nelle tre partite finora disputate, sono stati sicuramente i secondi tempi a fare la differenza: gli Warriors hanno infatti creato un solco di 61 punti (185 a 124) nei 24 minuti per chiudere le gare. È la quinta volta negli ultimi tre anni che hanno rimontato uno svantaggio di 15 o più punti in una partita di playoff: tutto il resto della NBA ci è riuscita solo sei volte.
Serie chiusa, ma Kerr?
Alla fine per Portland sia McCollum (32) che Lillard (31) sono andati sopra quota trenta, mentre Jusuf Nurkic pur segnando solo due punti ha raccolto ben 11 rimbalzi, sembrando però sempre più ancorato al terreno con l’andare della partita. Dopo la partita ha ammesso che la sua gamba è peggiorata nel corso dei 16 minuti passati in campo, e a questo punto con la serie ormai compromessa — nessuno ha mai recuperato da uno svantaggio di 0-3 nella storia della NBA — non ha più senso per Portland rischiare la salute del proprio centro titolare. Stesso discorso anche per gli Warriors, che con un 3-0 di vantaggio possono permettersi di dare ulteriore riposo a Durant, Livingston e Barnes in vista della prossima serie contro Clippers o Jazz, che devono fare i conti anche loro con l’infermeria piena. Un difetto a cui solo gli Warriors sembrano essere immuni, vista la profondità e la qualità dei giocatori che possono schierare in campo, trovando contributi anche da comprimari come McGee, McCaw e Ian Clark. È ciò che li rende la squadra più forte della lega, nonché l’unica insieme a Cleveland a non aver ancora concesso una vittoria agli avversari in questi playoff — anche se Steph Curry ha stretto a sé il pallone della partita, dedicando la vittoria a Steve Kerr: “Il nostro allenatore sta attraversando un periodo difficile fisicamente. Stamattina ci ha detto che dovevamo vincere la partita per lui. Per come è andata la gara, dovevamo combattere e portarne a casa una per Gipp [citando la famosa scena con Ronald Reagan, ndr]”. Che la situazione sia più grave di quanto preventivato?