Senza Curry e Thompson, i Golden State Warriors cadono in casa 106-125 davanti a uno scatenato Lou Williams, protagonista con il suo massimo in carriera da 50 punti. Ai campioni in carica non bastano i 40 di Kevin Durant, che diventa il secondo più giovane di sempre a raggiungere quota 20.000 in carriera
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Per i Golden State Warriors la sfida contro gli L.A. Clippers non era nata sotto i migliori auspici già dal mattino: pur riabbracciando Kevin Durant dopo tre partite di assenza (e per questo motivo lasciando fuori Klay Thompson per un turno di meritato riposo), i campioni in carica prima della gara hanno dovuto fare i conti con l’inaspettato forfait di Stephen Curry, a cui si era girata la caviglia destra in chiusura di shootaround durante la sua classica routine di tiro mattutina. Niente di preoccupante, almeno a sentire coach Steve Kerr, ma comunque abbastanza per tenerlo fuori dalla partita contro i rivali di conference, come al solito alle prese con un’infermeria pienissima (Blake Griffin, Patrick Beverley, Danilo Gallinari, Austin Rivers e Milos Teodosic). Nonostante le tantissime assenze, la gara si è però rivelata più piena di storie e spunti di quanto ci si potesse attendere: Kevin Durant, ad esempio, ha chiuso con il suo massimo in maglia Warriors a quota 40 punti, di cui i 25 segnati nel primo tempo gli sono serviti per arrivarte precisamente a quota 20.000 in carriera (il secondo più veloce di sempre dopo LeBron James); ancora meglio ha fatto però Lou Williams, che ha firmato il suo massimo in carriera a quota 50 punti e ha dominato la sfida nel secondo tempo, portando i Clippers a una vittoria tanto insperata quanto importante per la loro stagione. “Sono venuti qui e ci hanno fatto il c**o: si meritano tutto quello che hanno fatto” il commento di Kerr dopo la partita rendendo merito agli avversari, capaci di resistere alle zampate di Durant (14/18 al tiro e 6/7 da tre) rimontando 9 punti di svantaggio a metà terzo quarto e spazzando via i campioni in carica da quel momento in poi, chiudendo gli ultimi 18 minuti con un clamoroso parziale di 53-25.
Tutti i record di Sweet Lou e la maledizione spezzata
Gran parte del merito va ovviamente a Lou Williams, che sta vivendo la miglior stagione della sua carriera: dei suoi 50 punti ben 27 sono arrivati nel decisivo terzo quarto, chiudendo una super prestazione da 16/27 al tiro (8/16 solamente da tre) e un perfetto 10/10 ai liberi a cui ha trovato il tempo di aggiungere anche 7 assist in 35 minuti di puro fuoco. Williams è diventato così il quinto giocatore in questa stagione a segnare 50 punti dopo LeBron James, James Harden, Bradley Beal e DeMar DeRozan, ma soprattutto è il primo giocatore dei Clippers a riuscirci da oltre 27 anni, visto che l’ultimo a riuscirci fu Charles Smith nel dicembre del 1990. Talmente tanto tempo fa che il secondo protagonista della gara non era nemmeno nato, e probabilmente nemmeno sapete chi sia: il rookie Tyrone Wallace, ultima scelta del Draft 2016 e alla sua terza gara in NBA, ha chiuso con 22 punti in uscita dalla panchina grazie a un ottimo 7/11 dal campo e 7/9 ai liberi, fornendo quel contributo a gara in corso che Lou Williams è chiamato a dare dal quintetto titolare per far fronte alla morìa di infortuni dei Clippers. Un contributo tanto inatteso quanto apprezzato da parte di coach Rivers, che grazie anche ai 14 punti di Montrezl Harrell, i 10+12 di DeAndre Jordan e i 12 di C.J. Williams (in soli 20 minuti complice un infortunio alla caviglia) è riuscito a interrompere una maledizione: la sua squadra infatti non vinceva contro gli Warriors da dodici partite consecutive e per trovare l’ultima vittoria alla Oracle Arena (playoff esclusi) bisogna risalire al lontano Natale 2011, la prima gara dell’era “Lob City” con il debutto di Chris Paul in maglia L.A..
La "milestone" di Durant e le parole di Steve Kerr
Per quanto riguarda Golden State, difficile spiegare il blackout arrivato da metà terzo quarto in poi: certo, dover fare a meno degli Splash Brothers sarebbe un problema per tutti, ma come detto da Kerr “avevamo comunque due All-Star in campo, sono bei problemi da avere. Questa sconfitta è comunque imbarazzante”. Il problema, allora, è da ricercare nella mancanza di talento offensivo: Draymond Green ha faticato senza i due compagni di backcourt incappando in una serata da 1/9 al tiro (0/6 da tre) per soli 7 punti e 4 assist, pur raggiungendo i 10 rimbalzi (tutti in difesa); Zaza Pachulia è stato l’unico oltre a Durant a toccare la doppia cifra a quota 12, mentre tutti i compagni del 35 hanno tirato 24/61 dal campo (39%) e 2/16 da tre punti. Il tutto contro una squadra che di fatto poteva contare solamente su un solo titolare in DeAndre Jordan e un sesto uomo in Lou Williams, mentre gli altri membri del roster sono a malapena giocatori da rotazione NBA in una squadra sana. Il risultato di questa gara, più che dire qualcosa sugli Warriors, dice molto su quanto sia importante avere due giocatori offensivi del calibro di Curry e Thompson, in grado di contorcere qualsiasi difesa grazie alle loro doti balistiche. La buona notizia per Kerr è che il problema di Curry non dovrebbe essere così grave, pur avendo colpito la caviglia che lo ha tenuto fuori per 11 gare a dicembre: “Solo una storta, un colpo di sfortuna che ci ha colti impreparati. Speriamo che si risolva già nei prossimi giorni” ha detto prima della gara. “Avrei potuto chiedere a Klay di scendere in campo, ma la nostra trainer ci ha detto che era stanco e dopo 41 partite filate si meritava un turno di pausa”. “Il nostro spirito e la nostra energia non erano quelle giuste, non eravamo connessi mentre loro sì” ha commentato lo stesso coach dopo la sconfitta. “I Clippers probabilmente si sono sentiti insultati dal fatto che abbiamo fatto riposare Klay, e ovviamente con l’assenza di Steph la partita cambia”. La speranza per gli Warriors è che sia solo un passaggio a vuoto.