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I prospetti del Draft 2018 alla prova del torneo NCAA

NBA

Lorenzo Neri

DeAndre Ayton di Arizona, possibile prima scelta al prossimo Draft (foto Getty)
deandreayton

Domani scatta la March Madness: andiamo a scoprire tutti i migliori talenti del prossimo Draft divisi per fasce di talento, in attesa che chiudano la loro esperienza al college per passare in NBA.

In un recente pezzo pubblicato su The Stepien - nuovo sito di riferimento per seguire e discutere di Draft NBA - è stata fatta un’analisi su quanti dei giocatori scelti nel Draft nel periodo tra il 1995 e il 2010 sono riusciti ad avere un carriera NBA da stella, titolare o giocatore di rotazione, e quanti invece hanno miseramente fallito. In media 41 giocatori su 60 non riescono ad avere una carriera NBA, e solo 8 su 60 possono essere considerati titolari o più.

Ora, stiamo parlando di una media, quindi i numeri possono variare di anno in anno, ma è chiaro che ogni anno la percezione che abbiamo del Draft rischia di essere sempre maggiore alla realtà - e per questo motivo c’è bisogno di iniziare a pensare al processo di scelta in maniera più ampia e più articolata rispetto a un semplice Mock Draft.

Per questo abbiamo deciso di suddividere i giocatori in fasce (da qui in poi tier), che non rispecchieranno necessariamente l’ordine di scelta di ciascun giocatore, ma che cercano invece di unirli a livello di talento/prospettiva secondo una valutazione personale. Qui trovate il documento completo con tutti i tier, i loro componenti e un’analisi statistica divisa per ruolo, di seguito invece trovate il ragionamento fatto per le prime cinque fasce.

TIER 1 - Lo stampo da All-Star

La prima fascia di cui ci occupiamo è composta da soli due giocatori, quelli che hanno fatto vedere di poter garantire immediatamente un contributo di rilievo e ottime prospettive di crescita individuale - ovverosia quelli con la maggior probabilità di avere una solida carriera in NBA con un ruolo di responsabilità nelle squadre in cui giocheranno. Il primo di questi non può che essere Luka Doncic (G - Real Madrid), di cui è stato scritto e detto praticamente tutto. Il fenomeno sloveno classe 1999, oltre a una varietà di capacità di playmaking impensabile per un ragazzo della sua età, ha dimostrato di avere il piglio per mettersi nelle migliori condizioni per permettere alla propria squadra di dare il meglio. Come ha ampiamente dimostrato agli ultimi Europei, dove è stato il complemento perfetto alle prestazioni mostruose di Goran Dragic nella sontuosa cavalcata slovena. Gli unici dubbi che riguardano il suo futuro sono una base atletica sotto media rispetto ad altri prospetti di alto livello e i pochi margini di miglioramento, ma detto di un ragazzo di 2 metri abbondanti che a neanche 18 anni gestiva una delle migliori squadre di club di Eurolega sembra davvero di cercare il pelo nell’uovo.

A chi non mancano sicuramente i mezzi atletici e fisici per fare bene in NBA è DeAndre Ayton (C - Arizona), 216 centimetri e un corpo scolpito nel granito ma allo stesso tempo dotato di un’agilità e un’esplosività atletica con pochi pari. Il suo impatto con la NCAA è stato del tipo “Shaquille-O’Neal-con-il-tiro-da-3” a causa della capacità di bullizzare gli avversari dal punto di vista fisico a cui abbina una mano morbida (36% da 3 con un tentativo a partita) che fa ben sperare in proiezione futura, come ci dice anche il 74% ai liberi. Un centro con queste caratteristiche dovrebbe essere una prima scelta assoluta automatica, ma a differenza di Doncic il bahamense sembra ancora molto indietro dal punto di vista mentale, con un approccio alla gara sospetto e altri aspetti che sembrano non interessargli - tipo in difesa, dove avrebbe tutti gli strumenti per essere un’arma totale, a protezione del ferro e non solo. Se la dirigenza della franchigia che ottiene la pallina più ambita crede che potrà essere in grado di fare questo step, allora non ci sono molte domande su chi sarà il primo nome pronunciato da Adam Silver.

TIER 2 - Potenziale su cui investire

Nella seconda fascia invece troviamo giocatori dall’alto potenziale e dagli ampi margini di crescita che però ancora rilevano qualche dubbio su un aspetto del loro gioco e/o ci si interroga sulla traslabilità del loro stile al piano di sopra. È un tier affollato in cui ho incluso ben cinque giocatori, il che dimostra l’alto tasso di talento di questa classe.

L’energia di Marvin Bagley (FC - Duke) porta alla mente Shawn Kemp, capace di sprigionare tutta la forza atletica a disposizione in vari aspetti del gioco come a rimbalzo - dove viaggia agilmente in doppia cifra di media - e nelle situazioni offensive dinamiche, da rollante e tagliante per ricevere e finire nei pressi del ferro. Bagley è un giocatore che in pre-season veniva dato come uno dei candidati alla prima scelta assoluta, ma oltre all’atletismo prorompente non si è visto molto, anche perchè stiamo parlando di un prospetto che di certo ha grande potenziale, ma è ancora fondamentalmente grezzo. Il gioco palla a terra del ragazzo è di livello base: prova a fare molte cose, ma nessuna gli riesce ancora in maniera precisa. Chi lo sceglierà dovrà mettere in conto che lo sviluppo non sarà un processo rapido.

Il punto esclamativo di Bagley è stata la prestazione da 30 punti e 14 rimbalzi contro la difesa impenetrabile della prima della classe, Virginia.

Jaren Jackson Jr. (C - Michigan State) è uno dei più giovani di questo Draft, ma in campo ha dimostrato di essere molto più maturo di quanto dica la sua carta d’età, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto difensivo. Nella propria metà campo “JJJ” riesce a essere un ottimo protettore del ferro grazie a una grande consapevolezza di quello che succede in campo, con istinti e intelligenza che gli permettono sempre di essere nel posto giusto al momento giusto. In più ha la mobilità e le lunghe leve per essere un incubo in fase di cambio e recupero difensivo, una capacità chiave nella pallacanestro NBA specialmente nei playoff. In attacco l’arsenale non è ampio allo stesso modo e non ha ancora nessun movimento per essere un pericolo costante per gli avversari, ma la doppia dimensione interna-esterna (40% da 3) è un ottimo punto di partenza.

Sulla fase difensiva punta molto anche Mohamed Bamba (C - Texas), se non altro per i suoi 215 centimetri di altezza a cui ne aggiunge 240 in apertura alare (misura che rischia di essere la più ampia di sempre al Draft) con cui riesce a oscurare le vallate degli avversari che cercano fortuna in area. Con il 12.9% di percentuale di stoppate e il 28% di percentuale di rimbalzi difensive si riesce a capire bene l’impatto del nativo di Harlem, un game-changer difensivo di livello se riesce ad ottimizzare i piedi per il salto in NBA, dove la struttura esile e un baricentro alto rischiano di metterlo a dura prova contro il tonnellaggio dei lunghi del piano di sopra.

Molto più incentrati sull’aspetto offensivo sono Trae Young (PG - Oklahoma) e Michael Porter Jr. (F - Missouri). Di Young abbiamo già ampiamente parlato, di come la sua capacità di creare per attacco per sé e per gli altri (più di 47 punti a partita portano la sua firma, tra canestri e assist, sugli 84.5 totali dei Sooners) sia un valore che è prezioso quanto rischioso, se rapportato alla sua stazza non eccelsa. Qualora trovasse la squadra che sa come nasconderlo in difesa, troverebbe l’ambiente giusto dove fare bene.

Di Porter invece non se n’è parlato molto perché nel momento in cui scriviamo ha giocato solo 25 minuti totali a causa di un infortunio alla schiena che l’ha tenuto ai box fino allo scorso 8 marzo. Porter è il prototipo ideale dell’ala moderna: lungo, agile nei movimenti, fluido al tiro e adatto a lavorare sul suo gioco difensivo grazie a buoni istinti, tempismo e furbizia. È un prospetto che potrebbe valere la prima fascia, ma con ancora molte incognite - e la prima di tutte non può che essere la tenuta fisica dopo l’infortunio occorso.

TIER 3 -  Il talento nelle piccole cose

Il terzo tier si può intendere come un’estensione del secondo, con la differenza che in questo spot troviamo giocatori che possono essere determinanti a livello situazionale in partita, che possono crearsi una carriera di buon livello su un determinato stile - senza precludersi la possibilità di allargare il proprio gioco.

Wendell Carter (C - Duke) è sicuramente il prospetto più interessante di questa fascia, quello che strizza l’occhio a quella superiore. Centro dotato di ottime mani sia per concludere a canestro da varie distanze che per passare il pallone, possiede un profilo che si adatta bene alle necessità di una pallacanestro contemporanea, che accoglie con sempre più piacere piacere un lungo d’area capace di lavorare in punta e ai gomiti in attacco. Non è un mostro di atletismo e misure, ma sembra essere solido come il marmo.

Insieme a lui la coppia dei Bridges, vale a dire Miles (F - Michigan State) e Mykal (F - Villanova), che oltre al cognome condividono anche altezza (201 centimetri) e ruolo, ma con compiti differenti. Mykal sembra il 3&D ideale da inserire in un contesto vincente, il giocatore per chiudere un quintetto che ha bisogno solo di un soldato che garantisca triple sugli scarichi e copertura difensiva. La versatilità di Miles invece è adatta per adattarsi a qualsiasi quintetto si possa testare: non c’è una che fa particolarmente bene e questo gli preclude idealmente la carriera da stella, ma è completo, ha atletismo di livello assoluto, passa bene il pallone ed è un tiratore in crescita.

Mikal Bridges nei suoi primi due anni a Villanova è stato un ottimo elemento dalla panca, in questa stagione è esploso anche dal punto di vista realizzativo, diventando una sicurezza per coach Wright e i suoi Wildcats.

TIER 4 - Parola d’ordine: futuribilità

Il concetto di BPA (Best Player Available), ovvero scegliere il miglior prospetto possibile, è un aspetto che negli ultimi anni tende ad essere semplificato un po’ troppo quando si parla di strategia di Draft. Come si valuta un BPA in una pallacanestro in cui il contesto in cui ti trovi conta così tanto? Le interpretazioni in questo caso sono molteplici, passando dal prendere quello che si ritiene abbia le maggiori potenzialità in senso assoluto a quelle in cui si sceglie di seguire anche il passato recente della franchigia e delle scelte degli anni precedenti. Una cosa è certa: il potenziale non è aspetto sottovalutabile, considerando che il progetto per un giocatore deve avere durata di almeno quattro anni, non è mai facile prevedere come può evolvere un giocatore in questo lasso di tempo. La quarta fascia che prendiamo in esame riguarda proprio questo tipo di giocatori: prospetti che difficilmente potranno dare un contributo nel breve periodo, ma che ci si aspetta possano collaborare nella crescita della franchigia a lungo termine.

Collin Sexton (PG - Alabama) era individuato a inizio stagione come il prospetto più interessante tra le point guard, prima che il ciclone Trae Young travolgesse anche lui e le sue proiezioni iniziali. Giocatore di carattere e forza fisica per arrivare fino al ferro, Sexton è un trascinatore naturale che a piccoli passi sta cercando di mettere a posto il gioco per lo sbarco in NBA, partendo da un tiro a dir poco ondivago.

A impensierirlo però ci si è messo anche Shai Gilgeous-Alexander (PG - Kentucky) che oltre all’altezza notevole per il ruolo (siamo a quota 2 metri) porta in dote una dimensione difensiva intrigante e piedi che gli permettono di concludere nel miglior modo possibile in area pur senza essere un adone. Anche qui, però, troviamo grossi dubbi al tiro.

Sempre alla corte di coach Calipari, Kevin Knox (F - Kentucky) sta trovando in questo finale di stagione una certa continuità di rendimento, rendendolo interessante nel ruolo di ala multi-funzionale grazie a una stazza (205 centimetri) che gli permette di avere una doppia dimensione interna ed esterna sia in difesa che in attacco - dove, nonostante non abbia grandi qualità di creatore di gioco, può diventare un ottimo complemento con il tiro piedi per terra e la possibilità di sfruttare mismatch.

Passando alla categoria dei lunghi, Daniel Gafford (C - Arkansas) può evolvere nel lungo dinamico capace di portare difesa e atletismo sui pick and roll senza prendersi le responsabilità principali in attacco e in difesa. Stessa cosa per Mitchell Robinson (C - Nessuna squadra) che avrebbe un telaio decisamente superiore a Gafford, ma ha passato l’anno senza giocare a causa di un’eleggibilità NCAA sospetta e qualche problema caratteriale che non gli ha permesso di iniziare la stagione a Western Kentucky.

Di Mitchell Robinson abbiamo solo alcuni tape dall’high school, e per quanto siano sorprendenti, purtroppo ci dicono poco di quello che invece vorremmo sapere, considerando il gap di livello che c’è tra il basket liceale a quello collegiale.

Il fratello minore di Michael Porter Jr, Jontay Porter (FC - Missouri) è il più giovane prospetto di questo Draft e anche uno dei più promettenti per il futuro, perché in un corpo ben sviluppato (211 cm per 110 kg) è riuscito a cucirsi addosso un gioco particolare che gli permette di lavorare sul perimetro con insospettabile facilità, attaccando i closeout su entrambi i lati e con ottime percentuali al tiro (38% su 3.3 tentativi da tre a partita). È un prospetto molto interessante, forse quello che ha scalato più posizioni da novembre.

Dei veri e propri salti nel buio potrebbero essere invece Lonny Walker (SG - Miami), Troy Brown (SG - Oregon) e Hamidou Diallo (Kentucky), che dopo una stagione al college hanno dato la netta impressione di dover ancora capire molto di come muoversi su un campo da basket, nonostante il talento sia innegabile. C’è da dire che il gioco NCAA non aiuta molto questo tipo di giocatori, che solitamente invece trovano ottime risposte una volta passati tra i professionisti.

TIER 5 - Gli specialisti

Esploriamo velocemente anche questo gruppo di prospetti, quelli che al momento non sembrano proiettabili per un ruolo da titolari in NBA ma con caratteristiche specifiche che possono renderli interessanti per essere inseriti in una rotazione.

Robert Williams (C - Texas A&M) è il lungo sottodimensionato con apertura alare che può garantire difesa, rimbalzi e dinamismo come riserva del lungo titolare. Khyri Thomas (SG - Creighton) paga una taglia fisica non ideale, ma è tiratore mortifero sugli scarichi e in difesa può marcare molte tipologie di esterni, tra cui anche le point guard. Stessa cosa possono garantire anche De’Anthony Melton (SG - USC) e Bruce Brown (SG - Miami), con meno tiro ma maggiore atletismo e fisicità. Killian Tillie (PF - Gonzaga) ha il difetto di essere mono-ruolo e difficilmente adattabile da centro, ma un 208 centimetri in grado di spaziare il campo, passare bene il pallone e difendere di squadra ha sempre grande valore. Brandon McCoy (C - UNLV) è un giocatore interno con ampi margini di miglioramento grazie a piedi rapidi e presenza continua a rimbalzo, ma deve provare ad ampliare il suo raggio di azione per poter essere più di un semplice realizzatore da situazione di post basso.